Art.11 della Costituzione: anche il Governo Letta lo aggira

art11costCome tutti o quasi abbiamo ben capito, il 25 Aprile del 1945, il nostro Paese è stato liberato dagli americani, che tuttavia l’hanno incatenato a loro modo, garantendo un sostegno militare e non, che di fatto ha trasformato l’Italia in una colonia Usa (si contano ben 133 basi Nato).

Veniamo alla controversa questione:

A Bruxelles, ogni sei mesi si riunisce Il Consiglio europeo, formato dai capi di Stato e di governo degli Stai membri Ue dal presidente della Commissione europea, Herman Van Roumpuy. Quest’anno il consiglio si è pronunciato oltre che sui vari temi di natura economica, anche su questioni militari, peccato che il tema degli armamenti tuttavia violi apertamente l’art 11 della Costituzione italiana “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.

In barba a tale articolo, l’attuale governo Letta, attraverso una direttiva ministeriale lunga 24 pagine, ha garantito piena continuità al diktat espresso dal governo Monti-Merkell-Obama (nda), così la nuova «Direttiva Ministeriale in merito alla politica militare per l’anno 2013», passata inosservata ai media e agli analisti più seri, ha espresso contenuti che non lasciano spazio a interpretazioni, palesando la probabile preparazione di un conflitto bellico contro un nemico esterno (Siria, Iran, Palestina) e uno interno (il popolo italiano).

Il richiamo all’obbedienza alla Nato è assai evidente, ma fra le altre cose, si può scorgere un’impercettibile omissis relativo a una norma presunta: “Delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale e norme sulla medesima materia”.

Ecco cosa si legge

«VISTO il Codice dell’ordinamento militare… VISTO il TESTO unico delle disposizione regolamentari in materia di ordinamento militare… VISTO il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, recante disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135; VISTA la Legge. Recante “Delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale e norme sulla medesima materia”; VISTE le Conclusioni del Consiglio europeo del 13 e 14 dicembre 2012; VISTA la “Chicago Summit Declaration” rilasciata dai Capi di Stato e di Governo dei Paesi dell’Alleanza Atlantica il 20 maggio 2012, EMANA per l’anno 2013 la direttiva ministeriale in merito alla politica militare, di cui all’annesso documento. Roma, lì 19 dicembre 2012 IL MINISTRO Giampaolo di Paola».

La cosa bizzarra è che è stato profanato l’articolo 78 “Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari” senza che il Parlamento si sia mai espresso a riguardo .

Ma ecco altre stranezze contenute nel documento:

«. In ragione della mutevolezza del quadro internazionale, l’Italia deve saper concorrere a iniziative multilaterali caratterizzate da un significativo impegno militare, per affrontare in tempi brevi e in maniera risolutiva, crisi che dovessero accendersi in aree o contesti di critica rilevanza per la sicurezza del Paese e della stabilità internazionale.

Punto 29 Nel contempo, alla luce delle istanze che giungono dal paese, le Forze Armate devono tenersi pronte ad assicurare quel supporto tecnico e organizzativo che risulta decisivo in caso di particolari emergenze nazionali, nei modi e nei tempi che verranno richiesti da parte delle autorità preposte alla gestione di tali eventi.

Punto 30 Non può essere, infine, ignorata la possibilità, per quanto remota, di un coinvolgimento del Paese e del sistema delle alleanze del quale siamo parte in un confronto militare su vasta scala e di tipo “ibrido”, ovvero che implichi sia operazioni militari convenzionali, sia operazioni nello spettro informativo, sia operazioni nel dominio cibernetico..

Punto 31. Elemento irrinunciabile della politica nazionale c’è anche il rispetto degli impegni assunti in sede europea, impegni finalizzati a garantire la stabilità di lungo periodo della  moneta comune e, con essa, dell’intero sistema economico comunitario. Tale stabilità deve essere considerata come essenziale per il perseguimento del fine ultimo costituito dalla sicurezza del sistema internazionale e delle relazioni politiche ed economiche che in questo si sviluppano…».

Per chi non lo sapesse, è utile ricordare che in virtù del Patto Atlantico, l’Italia ha accettato di schierarsi a fianco degli Stati Uniti e come non bastasse, anche il poco famoso Trattato di Lisbona del 2009 (firmato il 13 dicembre 2007 da Prodi & D’Alema) ha abilmente aggirato la Costituzione.

La conclusione più evidente è che stiamo assistendo a una lenta presa di posizione oligarchica di stampo repressivo, che rischia di minare e svuotare le democrazie occidentali.

Ad avallare questa teoria è un documento del Pentagono datato 1992 il (Prevent the Re-Emergence of a New Rival), in cui si evince la volontà Usa di impedire la nascita di una superpotenza in grado di sfidare gli Stati Uniti-

Ecco cosa scrive il generale Carlo Jean, presidente del Centro Alti Studi della Difesa, e commissario della Sogin, incaricata di procedere alla cosiddetta “messa in sicurezza” delle scorie nucleari italiane in ambito civile.

«Occorre smettere di considerare la pace come una specie di diritto acquisito, garantito dall’art. 11 della Costituzione, ma di fatto delegato ad altri. Occorre smettere di vantarsi, con grande stupore, sollazzo, sconcerto e disprezzo dei nostri interlocutori stranieri, di essere una nazione disarmata e considerare le Forze Armate come strumenti di guerra anziché come mezzi indispensabili per qualsiasi pace possibile, che è sempre una pace politica corrispondente ai propri interessi e valori e alla propria concezione di quello che dovrebbe essere il sistema internazionale…».

di Simona Mazza

1 risposta

  1. Andrea Capati

    Il «Patto Atlantico» è un trattato puramente difensivo. L’art. 11 della Cost. non viene scalfito: la politica militare viene improntata alla collaborazione internazionale per sventare pericoli ben più grandi della «concorrenza», pericoli ostativi alla sicurezza dei cittadini e delle democrazie occidentali.

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