La procura di Palermo dispone l’arresto per Dell’Utri: pericolo di fuga

marcello-dellutriMarcello Dell’Utri  è stato condannato in appello, per i suoi presunti rapporti con Cosa nostra, dalla Procura generale di Palermo presieduta da Raimondo Lo Forti.

Si tratta del quarto giudizio nel processo che lo vede imputato per concorso in associazione mafiosa. Il pg Luigi Patronaggio ,che ha disposto l’arresto giustificandolo con il pericolo di fuga, ha sentenziato “ E’ stata riconosciuta la responsabilità penale di Marcello Dell’Utri per il periodo che arriva fino al 1992. E’ una sentenza che fa giustizia di un lavoro molto impegnativo svolto in questi anni”.

Durante la requisitoria Patronaggio aveva declamato “ il rapporto tra Dell’Utri e Cosa Nostra non si è mai interrotto, ma è stata la continuazione dell’adempimento di quello scellerato patto concluso nel 1974 e rinnovato nel 1998 da Riina”.

La tesi era stata contestata dalla difesa che aveva chiesto la prescrizione per le accuse fino al 1997 e l’assoluzione per i fatti successivi, ma a nulla sono serviti i tentativi dei legali.

La condanna per l’ex senatore Pdl e manager di Publitalia, è di sette anni per concorso in associazione mafiosa, ma se la Cassazione non dovesse pronunciarsi entro il 2014, il reato potrebbe cadere in prescrizione.

L’ex senatore ha tuttavia ostentato sicurezza, sia subito dopo la lettura del verdetto “ Naturalmente speravo in un’assoluzione ma sapevo anche che poteva essere una condanna”, sia dopo la notte trascorsa in hotel ”E’ incredibile, ma ho dormito benissimo…”, ha detto all’agenzia Adnkronos prima di lasciare il capoluogo siciliano.

Per Dell’Utri tuttavia i tempi bui non sono finiti: a breve sarà processato per la trattativa Stato-Mafia. Anche in questo caso l’uomo sembra aver trovato una calma che lo porta ad affermare “Prendiamo la vita come viene”.

Ricostruiamo i fatti:

nel 1994 sono iniziate le indagini nei confronti di Dell’Utri .

l’11 dicembre 2004 arriva la prima condanna a nove anni. La Cassazione chiede di rivedere le accuse che riguardano gli anni tra il 1977 e il 1992 e ordina un secondo appello. Viene confermata e passa in giudicato l’assoluzione per il periodo successivo al 1992.

Nel 2010 la corte d’appello chiede la condanna dell’ex senatore, ma l’accusa viene parzialmente rigettata nel 2012 dalla Cassazione. L’appello riduce la condanna da nove a sette anni, ritenendo che le prove d’accusa contro Dell’Utri siano valide, solo fino al 1992, escludendo che dopo quel periodo abbia avuto rapporti con la mafia.

Durante l’appello viene sentito il pentito Gaspare Spatuzza, che racconta ai giudici le confidenze fatte dal boss Giuseppe Graviano nel 1994, quando gli disse di sentirsi padrone dell’Italia grazie proprio ai rapporti con Dell’Utri e Berlusconi.

Secondo l’accusa Dell’Utri avrebbe rappresentato, per un trentennio, l’anello di congiunzione tra i boss di Cosa Nostra e Silvio Berlusconi, il quale avrebbe pagato milioni su milioni per garantire l’incolumità sua e della sua famiglia, minacciata dalla mafia. In questo periodo Dell’Utri avrebbe intrattenuto rapporti con personaggi della “vecchia e la nuova mafia”, quali: Bontade, Tersi, Cinà, Mangano, Riina, Bagarella, Brusca, Provenzano e i Graviano.

L’avvocato dell’ex senatore, Giuseppe Di Peri ha affermato “ Bisogna rileggere il dispositivo, ma di fatto hanno riconfermato la sentenza di appello. Faremo ricorso in Cassazione, naturalmente. Noi non tendiamo alla prescrizione, ma se dovesse essere acclarata, non ci opporremo”.

Intanto dal fronte politico, l’imbarazzo è tale e tanto, che sono arrivate pochissime dichiarazioni.

Il Pdl è rimasto in silenzio, ma anche il Pd non ha espresso opinioni: del resto la conferma giudiziaria contro il fondatore di Forza Italia e braccio destro di Silvio Berlusconi può avere un peso rilevante nella partita per la formazione di un nuovo governo.

 Ieri Berlusconi ha proposto a Bersani di mettere Angelino Alfano come vice di un ipotetico esecutivo. Il segretario del Pd ha inizialmente risposto: “Siamo seri”.

Su Repubblica però leggiamo che , in sostegno alla nascita di un governo Bersani si sta muovendo al Senato – dove i numeri come noto sono risicati per il Pd – il gruppo Grandi autonomie e libertà, ispirato da Gianfranco Micciché e Raffele Lombardo.

Tradotto in parole povere, si tratta rispettivamente, del fedelissimo di Marcello Dell’Utri in Forza Italia siciliana e l’ex presidente della Regione, anche lui sotto processo a Catania per concorso esterno. Il gruppo, che ieri ha avuto contatti con un emissario Pd di peso come Vannino Chiti, conta ora su una decina di componenti – compresi alcuni “in prestito” dalla Lega nord di Maroni – e potrebbe rafforzarsi con nuovi innesti di provenienza Pdl, al solo scopo di garantire una maggioranza numerica ed evitare il ritorno alle urne.

La pesante condanna di Dell’Utri tuttavia non sarebbe certo un punto a favore di questa soluzione, che però resta una delle poche opzioni praticabili per Bersani.

di Redazione

foto: matteograsso.blogspot.it

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata

Per inserire il commento devi rispondere a questa domanda: *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.