45 anni fa moriva Jimi Hendrix: Sua Maestà il Rock

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A 45 anni dalla sua scomparsa Vi riproponiamo l’articolo di qualche settimana fa su Jimi Hendrix: Sua Maestà il Rock.

Scrivere un articolo su Jimi Hendrix, sebbene abbia rappresentato <<la chitarra del rock>>, non è cosa semplice. 

Dapprima perché è stato per me necessario documentarmi maggiormente, non conoscendo a fondo il personaggio.

In secondo luogo perché la discografia di Jimi Hendrix rappresenta uno dei puzzle più complicati della storia del rock, con centinaia di album disordinati e sovrapposti, a fronte dei soli 4 dischi più una compilation ufficiale editi durante la sua vita.

Ciò che è certo è che il musicista di Seattle ha completamente e irreversibilmente mutato l’approccio alla chitarra elettrica, per molto tempo lo strumento principe e incontrastato del rock (almeno fino all’avvento del sintetizzatore) e comunque, quello che più di tutti, fin dagli inizi, ha dato a questo genere quel marchio adrenalinico e un po’ selvaggio.

Con Hendrix la distorsione, spinta ai massimi limiti, è potenza e delicatezza allo stesso tempo, le linee melodiche e armoniche della chitarra elettrica si intrecciano e si fondono con naturalezza e perfezione come mai in precedenza.

Hendrix è un ciclone che attraversa la scena del rock e allo stesso tempo un eccellente chitarrista ritmico e un grande solista.

Nato nel 1942, la sua vita si concluse tragicamente il 18 settembre 1970: Hendrix fu trovato riverso sul letto di una stanza di un Hotel di Londra, stroncato da una dose eccessiva di barbiturici.

Da allora è stato un susseguirsi di omaggi alla sua memoria, ma anche di insinuazioni sulla sua morte, considerata “misteriosa” come un po’ tutte quelle delle rockstar. Intorno al patrimonio di Hendrix si è scatenato un vespaio di battaglie legali e di operazioni speculatrici.

Come in vita, anche dopo la morte il grande chitarrista nero è stato manipolato da impresari senza scrupoli.

Il suo patrimonio, dapprima curato da un produttore che lo aveva conosciuto negli ultimi anni di carriera (Alan Douglas), solo negli anni ’90 è tornato al padre Al ed i suoi collaboratori, che hanno restaurato completamente il catalogo dell’artista.

Ma al di là del valore dei suoi dischi, il musicista americano segnò la storia del rock inventando un nuovo stile di suonare la chitarra.

Al punto che ben presto Hendrix conquistò anche l’Europa col blues elettrico.

Nel 1967, nel Regno Unito, gli vengono affiancati due musicisti: il bassista Noel Redding ed il batterista Mitch Mitchell.

Nasce la Jimi Hendrix Experience, una delle band più importanti della storia del rock.

Ed è proprio nel 1967, l’anno del Festival di Monterey, che un Hendrix semisconosciuto brucia e distrugge per la prima volta la sua chitarra, lasciando tutti allibiti, in primis gli altri chitarristi presenti al raduno.

La sua Fender, simbolo fallico, idolo sacrificale, immolata sull’altare del palco al termine dei suoi concerti, con tanto di roghi e distruzioni selvagge, diventa la più potente icona del rock.

E’ l’anno di “Are you experienced?”, uno dei dischi più influenti di tutta la storia del rock, dove Hendrix e la sua Jimi Hendrix Experience sconvolsero il mondo musicale.

Tra i brani più noti “Foxy lady”, “Manic depression”, “May this be love” e la visionaria “Third stone from the sun”, manifesto della psichedelica hendrixiana.

Nello stesso anno esce anche “Axis bold as love”.

Si tratta di una raccolta di brani non così eccitante e sorprendente come l’esordio, ma pur sempre di alto livello.

“Axis” è il disco della droga e della fantasia mistica.

Si va ben oltre il normale concetto di canzone; il rock si mescola alla musica sperimentale ed il culmine di questa ricerca è “If six was nine”, straordinario brano in cui la chitarra di Jimi sembra
cinguettare come un uccello.

Poi ci sono brani più morbidi come “Spanish castle magic” e “Little wing”.

Nel 1968 comincia il declino fisico, morale e artistico di Hendrix.

L’Experience inizia a sfaldarsi e lo stesso chitarrista sembra più dedito agli atteggiamenti provocatori che alla musica.

In Svezia devasta una camera d’albergo e finisce in manette; l’anno dopo viene arrestato altre due volte.

Ma il palco è ancora il suo regno e ad agosto trionfa a Woodstock con una versione dissacrante e sfregiata dell’inno americano (“Star Spangled Banner”), mimando con la chitarra i bombardamenti del Vietnam.

Tuttavia la sua smania di libertà tracima in eccessi continui.

Dopo aver formato il primo complesso rock di soli neri, la Band of Gypsies, con Buddy Miles alla batteria e Billy Cox al basso, si esibisce nell’agosto 1970 all’Isola di Wight.

Un mese dopo, lo ritrovano morto a Londra, vittima di un’overdose di barbiturici.

Gli afro-americani, che avevano già perso per morte violenta sia Martin Luther King, che il leader del loro orgoglio Malcom X, perdono anche colui che aveva restituito la paternità nera al rock’n’roll.

La morte di Hendrix, seguita 16 giorni dopo da quella di Janis Joplin e nove mesi dopo da quella di Jim Morrison, chiude un’era: quella dei raduni oceanici, della contestazione in musica, della psichedelia senza confini, del rock dell’utopia estrema.

Gli anni 70 sono già alle porte, ma l’eco della chitarra distorta di Hendrix continuerà a risuonare in tutta la musica che da lì in poi ascolteremo.

di Riccardo Fiori 

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