Tu chiamali se vuoi evergreen

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Nella testa di ogni appassionato di cucina c’è sempre un piatto per stupire i propri ospiti. Quello che ha scovato su di un libro di cucina o ha visto in televisione ed ha provato in ogni momento libero.

Poi, all’atto pratico, quando si devono mettere realmente in tavola tante persone, magari di diverse generazioni, si viene assaliti dai dubbi e si ripiega su qualcosa che accontenti tutti, o almeno tutti gli onnivori (per i vegetariani e i vegani occorre fare un altro tipo di ragionamento) salvando la serenità della tavola, che è il primo ingrediente della convivialità.

Gli evergreen della cucina italiana

«Quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare» direbbe John “Bluto” Blutarsky, alias John Belushi e i «duri» della nostra cucina nazionale, quelli da mettere in campo contro i palati difficili, soddisfare anche gl’incontentabili, non scontentare i «senza qualcosa», sono i nostri evergreen.

Piatti che sono riusciti a superare il tempo, i confini locali e il cambiamento del gusto e che, secondo un vecchio adagio, piacciono sia ai grandi che ai piccini.

Vi metto sull’avviso: aglio e cipolla, un tempo pilastri della cucina italiana, sono diventati improvvisamente divisivi e sarebbero da evitare ma, se proprio non è possibile farne a meno, vanno nascosti tra gli altri sapori contenendone la quantità.

Gli antipasti

La scelta è limitata al cosiddetto «antipasto all’italiana»: il proverbiale tagliere di salumi e formaggi arricchito di qualche altro sfizio.

Per i salumi meglio evitare insaccati troppo grassi o troppo aromatizzati: la favolosa salsiccia pezzente della tradizione lucana ve la riservate per un’altra occasione mentre con una salsiccia secca toscana, umbra o ciociara o un cacciatorino, magari non proprio commerciali, andate sul velluto.

Da evitare, se possibile, il prosciutto cotto o l’arrosto di tacchino, che intristiscono, mentre il prosciutto crudo per piacere proprio a tutti dev’essere dolce: Parma o San Daniele per esser chiari.

Tra i formaggi, banditi, almeno in certe occasioni, quelli di stagionati di pecora, i formaggi di capra e gli erborinati: meglio ripiegare su di una caciotta vaccina o mista non troppo stagionata aggiungendo qualche scaglia di grana padano o di parmigiano reggiano e, se si vuole proprio osare, ricotta salata o infornata e primo sale vaccino.

Qualche mozzarellina di bufala ed il gioco è fatto, magari accompagnando il tagliere con alcune ciotoline di olive denocciolate, non troppo condite e non troppo piccanti, di funghi e melanzane sott’olio. Cavolfiori in agrodolce e papaccelle darebbero un po’ di vivacità, ma è meglio non rischiare.

I primi

Al primo posto metto la lasagna, talmente conosciuta dall’essere diventata il piatto preferito di Garfield: il gatto rosso, pigro e scaltro uscito dalla penna di Jim Davis e diventato protagonista della striscia a fumetti più famosa del mondo. La versione classica sarebbe la cosiddetta bolognese, ma se si scende verso sud il ragù si fa sempre meno ristretto e non si disdegna l’aggiunta, per la gratinatura, di un formaggio a pasta filata: fior di latte o provola.

Potete sostituire la farcitura al ragù con l’immancabile binomio pomodoro & basilico, in cui il parmigiano reggiano può essere sostituito dalla ricotta romana o vaccina: con quella di bufala, assai più sapida, ve la rischiate.

In alternativa potete ripiegare con una pasta al forno (rigatoni o tortiglioni) con un semplice sugo di pomodoro, parmigiano reggiano e fior di latte: con la giusta gratinatura vi toglierà d’impaccio.

I secondi

Tra i secondi piatti si contendono il primo posto sul podio il rollè di vitella e le scaloppine. A Roma e zone gastronomicamente collegate le scaloppine diventano saltimbocca con l’aggiunta di gambuccio di prosciutto crudo, possibilmente dolce, e l’immancabile foglia di salvia, tenuti assieme da uno stecchino.

Un gradino sotto troviamo l’arista di maiale al forno o in tegame e l’arrosto di manzo che quasi sempre, anche per ragioni pratiche, privilegia il girello. Da evitare l’abbacchio, mentre è troppo scontato il pollo arrosto a meno che non siano fuselli panati o cosci disossati ripieni.

Se il numero dei convitati consente di prepararle al momento (fredde o riscaldate perdono moltissimo) si può ripiegare sulle fettine panate, meno impegnative delle cotolette alla milanese: personalmente devo ancora incontrare un onnivoro a cui non piacciano.

Quasi improponibile il coniglio, anche se quello in porchetta alla marchigiana è un capolavoro, perché per un numero crescente di persone, che l’hanno o l’hanno avuto come animale di compagnia, equivale a mangiare cane o gatto.

I contorni

Per contorno immancabili le patate arrosto, ma senza aglio, e l’insalata verde con la quale fare sfoggio della vostra conoscenza dell’extravergine d’oliva di qualità.

Se proprio non si vuole rinunciare alle verdure cotte sono sconsigliabili quelle amare: bieta e spinaci allora, rigorosamente bollite e poco condite, e qualche spicchio di carciofo saltato in padella, ma senza mentuccia e solo col prezzemolo e con pochissimo aglio.

Il dessert

Con il Tiramisù, rigorosamente di pasticceria, ed una crostata di frutta e crema pasticcera avete completato il vostro menù evergreen.

Lo so, vi scappa una lacrimuccia a pensare a tutti i piatti della tradizione ed a quelli della cucina internazionale che siete stati costretti a scartare, ma per una volta il vostro orgoglio di gourmet lo potete mettere da parte e l’applauso della tavolata sarà comunque assicurato.

Foto di Ralph M da Pixabay

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