Prima grande produzione uscita nelle sale dopo il lockdown, l’ultimo film di Christopher Nolan (Dunkirk, Interstellar, Inception, la trilogia di Batman, Memento) si inserisce nel genere delle spy story di azione pur mantenendo nel plot quella complessità cerebrale che è la cifra stilistica di tutta la cinematografia del regista inglese.
Il Protagonista – senza nome – (John David Washinghton, figlio di Denzel e già apprezzato in BlacKkKlansman di Spike Lee) è un agente della CIA che, con l’aiuto del fisico ed agente segreto Neil (Robert Pattinson) deve cercare di recuperare l’ultimo pezzo di nove artefatti, che, se combinati, attiveranno un algoritmo in grado di cambiare l’entropia della Terra causandone la distruzione. Nel futuro, infatti, è stata concepita una tecnologia in grado di invertire il flusso temporale degli oggetti e che permette di spostarsi indietro nel tempo. La ricerca di quest’ultimo prezioso oggetto è ostacolata da un magnate russo senza scrupoli, Andrei Sator (Kenneth Branagh), in grado di comunicare con il futuro.
Tenet prende il nome dalla parte centrale del quadrato magico del Sator, l’iscrizione latina composta dalle 5 parole SATOR, AREPO, TENET, OPERA, ROTAS. La scritta nella sua interezza è un lungo palindromo – una parola che rimane uguale anche letta al contrario – e “Tenet” (cioè, tradotto dal latino, ciò che trattiene, che guida) è proprio il cuore del palindromo.
Nolan sembra divertirsi a mettere sul piatto tanta carne al fuoco, ma diciamolo subito: con un budget di oltre 200 milioni di dollari – la produzione più costosa mai realizzata dal regista – è un blockbuster di intrattenimento dalla grande spettacolarità visiva e sonora, dove le intenzioni “filosofiche” e fanta-fisiche (inversione entropica del flusso del tempo, paradosso del nonno, teoria della casualità inversa di Feynman…) vengono spazzate via da sequenze più vicine agli ultimi Bond, e a Mission impossible (con citazioni di Matrix) che non a un vero e proprio film “d’autore”. Spy story, thriller, action, war movie: tutto è frullato e filtrato da un complesso montaggio capace di distrarre lo spettatore per due ore e mezza.
Le riprese in IMAX e 70mm garantiscono una nitidezza e dettaglio di immagine di grande efficacia e la colonna sonora dello svedese Ludwig Goranson (per una volta al posto dello storico Hans Zimmer) mescola con inaspettata originalità inquietanti archi, musica sinfonica ed elettronica.
Si sente la mancanza del fratello Jonathan Nolan alla sceneggiatura (come già in Dunkirk): manca ai personaggi quello spessore psicologico, quella credibilità e quel retroterra culturale di approfondimento che forse l’avrebbe reso un po’ meno blockbuster di quello che appare: tutti i protagonisti sembrano un po’ bidimensionali ed agiscono come su una scacchiera al servizio delle cervellotiche teorie orchestrate dal regista.
Nel complesso, non sarà il migliore lavoro di Nolan ma è comunque un film di Nolan a tutti gli effetti, con tutti i pregi e i difetti del caso, sicuramente il suo film più ambizioso (come ha dichiarato egli stesso). I fan saranno entusiasti per la grandiosa messa in scena, per i complessi intrecci ed incastri temporali da andare a rivedere più volte, per il tipico finale circolare e sospeso caratteristico dei suoi più acclamati lavori; mentre i detrattori lo troveranno capzioso e superficiale, freddo ed incapace di suscitare grande emozioni.
In conclusione, nonostante alcuni limiti, è un film da vedere, meglio al cinema o possibilmente con uno schermo molto grande, e da sentire, con un impianto audio all’altezza (è uno dei film più rumorosi mai ascoltati); cinema come pura evasione dunque, senza commettere lo sbaglio di voler trovare chissà quali significati profondi nascosti o di voler per forza approfondire paradossi temporali, proiettili e automobili “invertite”, quadrati magici palindromi, viaggi nel tempo, algoritmi dal futuro che modificano l’entropia: il segreto sta nel godersi ogni sequenza con lo stupore inconsapevole di chi cerca intrattenimento tout court. Con questo atteggiamento lo spettatore non potrà rimanere deluso. D’altronde, come afferma ad un certo punto un personaggio nel film, “Non cercare di capire Tenet, devi sentirlo”.
Nella foto, da sinistra, Robert Pattinson e John David Washington
Scrivi