Richard Carapaz, la prima volta di un ecuadoriano al Giro d’Italia

Richard Carapaz è il primo ecuadoriano a vincere il Giro d’Italia

Richard Carapaz ce l’ha fatta. Per la prima volta in 102 edizioni, un ecuadoriano riesce a tagliare in maglia rosa il traguardo finale. Questo è stato il verdetto, dopo 21 combattutissime tappe. Ha indossato per la prima volta la maglia del primato alla quindicesima tappa, vincendo a Courmayeur e non mollandola più sino a Verona.

Nelle tre settimane di corsa, i favoriti della vigilia si sono sfilati uno ad uno. A cominciare da Tom Dumoulin, vincitore nel 2017, ritiratosi alla quarta tappa. Alla cronoscalata di San Marino, anche il ritardo accumulato dall’altro favorito Simon Yates si rivelava irrecuperabile. Così come nel prosieguo, quello degli spagnoli Mikel Landa e Miguel Angel Lopez. Fino alla tappa di ieri con arrivo in salita, dove ha ceduto lo sloveno Primoz Roglic.

Sinché, alla fine, è rimasto soltanto il nostro indomabile Vincenzo Nibali a sperare. Ha disputato una strabiliante crono finale nella quale è riuscito a recuperare una cinquantina di secondi all’ecuadoriano, ma non sono bastati. Primo Carapaz, secondo Nibali a 1’05 e terzo Roglic a 2’30, la classifica finale.

Il verdetto delle montagne è stato favorevole a Richard Carapaz

Come detto, nessuno considerava Carapaz tra i favoriti della vigilia. Dopo l’impresa di Courmayeur e, soprattutto, nella 14a tappa, Pinerolo-Ceresole Reale, noi non ce la sentimmo di escluderlo dal pronostico del vincitore finale. Fu in tale occasione che l’ecuadoriano, che era rimasto tra i primi nella durissima tappa del giorno prima, aveva staccato di altri 40 secondi sia Roglic che Nibali. Roglic perdeva un’altra quarantina di secondi da Nibali anche nella Ivrea-Como, mentre Carapaz gli rimaneva incollato.

Insomma il 28 maggio, dopo il secondo giorno di riposo, tutto lasciava presagire che, all’ecuadoriano, le montagne non davano affatto fastidio. Sul tappone con arrivo a Ponte di Legno, orfano per motivi di transitabilità della scalata del Gavia, Carapaz ha praticamente vinto il Giro. Sulla salita del Mortirolo, infatti, è riuscito a rintuzzare l’attacco micidiale sferzatogli da Vincenzo Nibali, giungendo al traguardo con distacco in classifica immutato.

Le rimanenti tappe, Carapaz le ha agevolmente controllate. Dimostrando di essere il più forte. Alla 19 a tappa, con arrivo a S. Martino di Castrozza, ha fatto anche uno “scattino” finale, rosicchiando qualche altro secondo a Nibali. Infine, la cronometro finale. Troppo corta (17 chilometri), nonostante la generosità di Nibali, per poterlo impensierire.

Un ciclista non alto né particolarmente leggero per sembrare un campione

Richard Carapaz non sembra aver la struttura fisica del corridore ciclista. Un metro e settanta di altezza, non possiede lunghe leve. Con i suoi 62 chili di peso, non sembra nemmeno particolarmente leggero per le salite. Supplisce ai suoi limiti grazie a una notevole muscolatura.

Il ventiseienne, ha festeggiato il compleanno il 29 maggio con indosso la maglia rosa. Nel 2016 ha lasciato il Sudamerica per correre, ancora dilettante, in Spagna. Qui ha vinto il Giro della Navarra. Passato professionista l’anno dopo, è stato il primo ciclista ecuadoriano a completare il Giro di Spagna.

L’anno scorso, nell’indifferenza generale, ha vinto una tappa al Giro d’Italia, giungendo quarto nella classifica finale, secondo miglior giovane.

Quest’anno, dopo aver vinto il Giro delle Asturie, si era presentato ai nastri di partenza della corsa rosa nella Movistar, come gregario del più quotato spagnolo Mikel Landa. Va anche detto che, una volta conquistata la maglia del primato, il suo capitano ha fatto o poco o nulla per dargli una mano. Ma Carapaz si è dimostrato lo stesso il più forte.

Fonte foto: Corriere del Ticino

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