Ponte di Messina, quali potrebbero essere le soluzioni tecniche per realizzarlo

ponte messina

Ponte di Messina. Si torna a parlarne dopo alcuni anni di calma apparente. Chiaramente, come tutto in Italia, lo si fa per motivi politici. La nostra classe politica, non riuscendo ad attuare le opere finanziate con il Pnrr, rilancia con questa “maxi-opera”. Sì, perché il ponte (o il tunnel) sullo stretto sarebbe finalmente il completamento dell’Autostrada del Sole. L’opera che a metà degli anni 60 unificò l’Italia, Sicilia (e Sardegna) esclusa. Sul ponte si dovrà prevedere il passaggio del treno ad alta velocità. Ciò sarebbe un “volano” per la reale modernizzazione delle ferrovie siciliane, ancora ai tempi dei Borboni.

Sarebbe pertanto ora di mettere da parte i fini politici e di sedersi finalmente attorno a un tavolo per verificare le soluzioni. Così come hanno fatto popoli con una tradizione ingegneristica quanto meno pari a quella del nostro paese. Parlo della Turchia, che ha realizzato ben tre ponti sul Bosforo e uno sui Dardanelli. Di Svezia e Danimarca, che hanno realizzato il Ponte di Ǿresund, sul Baltico. E, se vogliamo parlare di tunnel, non possiamo dimenticare l’Eurotunnel (50, 45 km) e il giapponese Seikan (53,85 km). Quali sono, allora, le soluzioni possibili, per collegare direttamente la Calabria alla Sicilia?

Ponte sospeso a unica campata 

Il progetto sviluppato nel 2011 dalla Soc. Stretto di Messina SpA è un ponte sospeso a campata unica di 3.300 metri e due torri alte 300 m. sulla terraferma. L’unica campata avrebbe una luce maggiore del 50% di quella del ponte più lungo attualmente realizzato (Dardanelli). L’opera sarebbe collocata nella zona di minima distanza tra le due sponde. Cioè tra Santa Trada (Calabria) e Torre Faro (Sicilia).

Vi sarebbero comunque problemi di accesso ai centri abitati di Messina e Reggio Calabria. Questi potrebbero essere superati solo tramite raccordi e gallerie molto articolate. Altre critiche derivano dall’impatto ambientale sulle aree naturalistiche pregiate come il lago di Ganzirri. Il progetto del 2011 andrebbe comunque adeguato alle nuove normative tecniche per le costruzioni.

Problemi sismici da superare per la soluzione ponte

La soluzione “ponte” presenta principalmente problemi sismici, di azione del vento e relativi al passaggio delle navi. Vediamo come sono stati risolti in altri ponti. Il ponte sullo stretto di Akashi in Giappone (nella foto) è situato in una zona sismica anche più pericolosa di Messina-Reggio Calabria. Durante la sua realizzazione ha sopportato il terremoto di Kobe con epicentro localizzato proprio nella faglia dello stretto.

L’evento, d’intensità 6,8 della scala Richter ha mietuto oltre 6.000 vittime. La torre sud del ponte subì uno spostamento di m. 1,20 metri ma i lavori vennero portati a termine senza problemi. Le misure di sicurezza adottate dai giapponesi sono state calcolate al verificarsi di un evento di improbabile devastazione. Il crollo del ponte è prevedibile solo in caso di distruzione totale di ogni altra costruzione od opera dell’uomo nell’intera area. In sostanza il ponte sarebbe la struttura più resistente al sisma di tutti gli altri edifici dello stretto.

Azione del vento e passaggio delle navi

La stabilità aerodinamica dell’impalcato è garantita per venti fino a 288 kmh dalla società “Stretto di Messina”. Le verifiche effettuate prevedono la percorribilità ferroviaria a 120 kmh per raffiche di vento fino a 151 kmh. A 60 kmh per raffiche di vento fino 194 kmh. Ora, il massimo storico del vento registrato in loco nel corso di 14 anni è pari a 162 Km/h. Si fa presente che con i venti di cui si è parlato nessun traghetto oserebbe mai staccarsi dalla banchina.

Per quanto riguarda il passaggio delle navi, la parte centrale del ponte (circa 600 m) si pone a un’altezza di 65/70 metri sul livello medio del mare. Ben oltre lo standard internazionale che prevede un franco di 57,91 metri. La nave più alta del mondo, cioè la “Oasis of the Seas” della Royal Caribbean è alta 72m. Ma passa tranquillamente sotto il ponte Storebælt in Danimarca, alto 65 m. Gli basta infatti abbassare le sue ciminiere telescopiche e gli rimane un margine di circa mezzo metro.

Ponte a più campate 

Non sta scritto da nessuna parte che il ponte sullo Stretto debba avere un’unica campata. Grazie ai recenti progressi tecnologici è possibile realizzarlo anche con alcune fondazioni in acqua. La presenza di pile in acqua consentirebbe di ridurre l’estensione delle campate e l’altezza delle torri. Il ponte sarebbe molto simile a quello Akashi realizzato nel 1998 (nella foto). Avrebbe una lunghezza totale di circa 4000 m. Con due pile in alveo, una luce centrale di meno di 2 km. e due campate laterali di 1000 m.

Ciò permetterebbe di superare i problemi di collegamento con Messina e Reggio Calabria e quelli dell’impatto sulle aree naturalistiche di pregio. Le pile avrebbero inoltre una minore sensibilità agli effetti del vento e costi presumibilmente inferiori. Allo stato, quindi, sembra questa la soluzione più fattibile. Peraltro ripartirebbero da zero le verifiche relative alla risposta delle pile in acqua rispetto ad eventi sismici e alle correnti marine.

Proposta tunnel sotterraneo subalveo o immerso in alveo

Sino a ieri, la soluzione tunnel era quella preferibile da chi scrive, per la totale assenza di impatto visivo dell’opera sul territorio. La realizzazione di un tunnel sotterraneo subalveo fu scartata dallo studio di fattibilità del 2011 per la difficolta a realizzarlo. Questo perché, per dover scendere a 80 metri sotto il livello del mare, è necessario evitare pendenze troppo ripide. Quindi la lunghezza delle gallerie deve essere molto maggiore della larghezza dello Stretto.

Si parla di un’infrastruttura costituita da tunnel lunghi circa 21 chilometri per quello stradale e 45 chilometri per quello ferroviario.  Ampiamente nei margini dell’Eurotunnel (50, 45 km) e del giapponese Seikan (53,85 km). In base agli studi preliminari svolti gli ostacoli dovuti alle problematiche sismiche e geologiche del luogo, però, risultavano difficili da superare. Almeno nel 2011.

La soluzione “tunnel immerso in alveo”, invece, consisterebbe in un tunnel galleggiante sommerso (flottante). È già stato battezzato “tunnel di Archimede”. Il tunnel sarebbe posizionato a 30 metri sotto il livello del mare e vincolato al fondale tramite sistemi di ancoraggio. Avrebbe una forma a tubo di cemento. Il sistema è basato su tecnologie e soluzioni sperimentate per il trasporto di idrocarburi in mare. Finora non è stato mai impiegato per i collegamenti stradali o ferroviari. Ma nel 2019 la Norvegia ha deciso di realizzarne uno di 27 chilometri con dentro un’autostrada. Molto più lungo di quello necessario per lo Stretto. Vogliamo farci battere dai norvegesi?

Foto di LauraHalsel da Pixabay

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