Piacere o felicità?

La felicità ci spetta per “diritto di nascita” eppure non sempre ne siamo consapevoli anzi, ci arrovelliamo su questioni che ci avvelenano la vita e che ci distolgono da questo obiettivo primario.

Piacere o felicità?

Innanzitutto facciamo chiarezza sul significato dei due concetti: piacere e felicità

Sebbene sembrino equivalenti, c’è una sostanziale differenza fra gli stessi.

1) Il piacere 

Tutti noi siamo in cerca della felicità, ma quando non riusciamo ad ottenerla ci rifugiamo nel piacere.

In verità il piacere non è felicità, è solo la sua ombra. È una condizione bellissima, per carità, ma è limitata e passeggera. Per avere piacere abbiamo infatti bisogno di qualcuno o qualcosa che ce lo procuri, così più andiamo in cerca di esso, più abbiamo bisogno di un elemento esterno e se non veniamo soddisfatti ci sentiamo persi. Inoltre in alcuni casi quello che dà piacere al nostro “microcosmo individualista”, può generare conflitto o anche arrecare sofferenza ad altri esseri, cosa che a livello macro può portare a mali peggiori (il piacere di conquista di un popolo può portare alla sofferenza di un altro popolo ad esempio).

Risultato? Un’esistenza fondata sulla ricerca del piacere rischia di diventare una sorta di schiavitù, uno stato che non ci rende felici né liberi.

2) La felicità 

Diversamente dal piacere, la felicità nasce dall’interno, non deriva da ciò che possediamo, dalla nostra posizione sociale o dal soddisfacimento del nostro ego. Questi sono solo dei traguardi transitori e “ballerini”.

Se pensiamo di ottenerla dall’esterno, saremo infatti solo dei cercatori infelici e non saremo mai felici al 100% perché guarderemo sempre nella direzione sbagliata.

Dovremmo pertanto ambire ad essere felici per “natura”. Come?

Un aiuto dalla meditazione 

Quando siamo davvero felici siamo liberi, flessibili e nulla ci disturba. 

Raggiungere questa condizione tuttavia richiede costanza ed un lavoro interiore molto impegnativo, fatto di obiettivi ben definiti.

Per andare nella direzione giusta possiamo ricorre alla meditazione. Attraverso la consapevolezza impareremo innanzitutto a capire che:

  1. Ciò che accade all’esterno dipende esclusivamente dal nostro “codice narrativo”, ovvero da come noi vediamo e interpretiamo le cose. Siamo noi, l’azione, siamo noi a determinare cosa accade dentro la nostra anima, siamo noi a mettere o togliere i veli della mente ordinaria, a interpretare secondo delle prospettive sociali “imposte”, ciò che stiamo vivendo. Tutto è nelle nostre mani e possiamo cambiare direzione indipendentemente da ciò che abbiamo vissuto;
  2. Evitiamo di commiserarci o finiremo per essere sempre vittime e mai protagonisti degli eventi. Un vecchio detto recita: “quando soffri hai due possibilità: o impazzisci o diventi saggio”. Tutto quello che facciamo o che ci accade è infatti un’esperienza e, in quanto tale, non dobbiamo considerarla negativa ma guardarla con distacco, con l’occhio dell’osservatore esterno, con angolazione diversa, abbracciandola, pacificandola, includendola al fine di trarne esperienza. Importante è tenere a mente che la felicità è alla base della qualità di vita che viviamo e che possiamo essere felici anche di fronte alla malattia (che è anch’essa evento, Ente, manifestazione del divino);
  3. Gustiamo ogni piccola esperienza e prolunghiamone la sensazione. Poiché tutto è immagine, visualizziamo gli stati di felicità, richiamando un pensiero o una  sensazione collegata. La visualizzazione ci aiuta infatti ad entrare nella felicità, facendo innalzare la nostra energia e vibrazione;  
  4. Impariamo a condividere;
  5. Teniamo un “diario di bordo” su cui annotare quanto siamo stati felici ogni singolo giorno, quanto è stata bella la nostra vita;
  6. Non viviamo nell’idea di essere immortali. Già questa consapevolezza dovrebbe aiutarci ad apprezzare ogni istante della nostra vita, curandoci di non guastarla e avvelenarla con pensieri inquinati e azioni distruttive;  
  7. Spogliamoci di tutto ciò che non è necessario o saremo sempre schiavi di falsi bisogni; 
  8. Evitiamo ogni attaccamento (attaccamento e paura sono due facce della stessa realtà);
  9. Evitiamo dispersioni aprendo e chiudendo sistematicamente i nostri obiettivi di felicità, una volta raggiunti; 
  10. Gioiamo nel percorrere i nostri obiettivi indipendentemente dal raggiungimento degli stessi;
  11. L’amore incondizionato è l’unica fonte inesauribile di felicità: diamo amore, offriamoci, preoccupiamoci di fare ciò che ci connette al nostro Sé superiore, (il più alto livello di coscienza e trascendenza) e agli altri, intesi come anima mundi.
  12. Anche se può sembrare folle, danziamo nudi sotto la pioggia, percepiamola come alleata e fluiamo con essa.

Foto di Pexels da Pixabay

 

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