Partite e ritiro in una location blindata. L’NBA studia un piano inedito per ripartire

La più importante lega cestistica del mondo sta provando a mettere a punto delle soluzioni per far ripartire il campionato in maniera rapida ma soprattutto sicura. Anche se non ci sono ancora notizie ufficiali, già da alcune settimane girano voci sugli accorgimenti che potrebbero essere adottati dal punto di vista logistico e sanitario, tali da permettere di portare a termine la stagione, ferma ormai dall’11 Marzo, dopo la scoperta della positività al Coronavirus di Rudy Gobert degli Utah Jazz.

L’ipotesi di cui si parla con più insistenza è quella che vedrebbe tutte e 30 le squadre NBA in ritiro in un’unica area, scrupolosamente blindata e controllata, nella quale verrebbero disputate tutte le rimanenti partite della regular season e successivamente quelle dei playoff. Per la creazione di quella che è stata definita come una “bolla” isolata dal resto del territorio americano, sembrava essere stata individuata la città di Las Vegas, che con i suoi numerosi e megagalattici hotel di lusso, non avrebbe avuto certo grossi problemi ad ospitare giocatori ed altri addetti ai lavori. Da alcuni giorni però, è emersa una nuova, quanto sorprendente, location per accogliere tutti. Il parco divertimenti di Disney World ad Orlando, in Florida.

Per quanto questa idea possa sembrare bizzarra, c’è da dire che i punti a favore sarebbero diversi. In primis la grande disponibilità di hotel dislocati all’interno del resort, occupati solitamente dai visitatori che si fermano nel celebre parco per più di un giorno. Poi, elemento da non sottovalutare, il fatto di trovarsi in un’area già accuratamente delimitata e circoscritta, quindi più facilmente monitorabile da chi sarà preposto ad evitare assembramenti di tifosi e, più in generale, l’entrata in contatto degli atleti con persone non autorizzate.

Si organizzerebbe così una sorta di piccolo “villaggio” a sé stante, dove, oltre che per il soggiorno, non ci sarebbero problemi neanche per giocare le partite, data la presenza di 3 differenti arene (che permettono quindi di svolgere più match in contemporanea) oltre ad ulteriori strutture da adibire a campi di allenamento. Oltre a giocatori e staff tecnico e medico, l’accesso sarebbe consentito solamente a ristrette categorie di persone, partendo da quelle impiegate durante le partite, come i tecnici delle Tv e i giornalisti, per arrivare a chi sarà impegnato nelle strutture alberghiere, come i cuochi, gli addetti alle pulizie e altri dipendenti necessari negli edifici utilizzati. Ancora da capire se sarà possibile per gli atleti essere affiancati, in questa sorta di nuova quarantena, dalle proprie famiglie.

Chiaramente, è stato già sottolineato da più parti, che, se dovesse essere scelta questa via per la ripartenza della lega di basket statunitense, i controlli dovrebbero essere assolutamente scrupolosi. Le stime effettuate dal canale sportivo ESPN, grazie alla collaborazione con degli esperti, parlano della necessità di avere a disposizione circa 15.000 tamponi per il periodo in cui le squadre saranno blindate all’interno dell’area, in modo da poter testare tutti e più volte, come confermato anche dal professor Carl Bergstrom dell’Università di Washington, il quale interpellato sull’argomento, ha dichiarato che nell’evenienza di una situazione così particolare, sarebbe da considerare l’ipotesi di effettuare tamponi addirittura ogni giorno.

Nel complesso quindi, una situazione non semplicissima da organizzare, dato che, tenendo conto dei 259 match di regular season da disputare, a cui vanno aggiunte tutte le gare di playoff, è stato stimato che per terminare la stagione servirebbero almeno 3 mesi. Senza contare un eventuale periodo antecedente, tale da permettere ai giocatori di riacquistare una buona condizione atletica prima di tornare in campo per le gare ufficiali.

Fonte foto: sport.sky.it

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