Imprevisto sulla Prospettiva Nevskij

Prospettiva Nevskij

«L’ho vista, è stupenda, proprio la Bianca del Perugino» afferma estasiato l’artista Pìskarëv, ammirando l’imprevisto che gli sconvolgerà la vita. Siamo tra le pagine del racconto Prospettiva Nevskij di Nikolaj Vasil’evič Gogol’, pubblicato per la prima volta nel 1835 nella raccolta Arabeschi e successivamente annoverato tra I Racconti di Pietroburgo. Affascinato dalle fattezze delicate e dagli occhi di una sconosciuta, Pìskarëv si lancia all’inseguimento di un sogno d’amore che lo porterà a scontrarsi con la dura realtà che si cela dietro le illusioni spezzate. 

La Prospettiva Nevskij

L’incontro avviene sulla Prospettiva Nevskij: «il punto universale di confluenza di Pietroburgo» dove «la gente non si fa vedere perché spinta dal bisogno e dall’interesse», ma solo per passeggiare. Qui confluisce tutta la società dell’allora capitale russa: uomini e donne, ricchi e poveri, militari e civili, commessi e contadini… Attraverso la descrizione delle scarpe che calpestano la Prospettiva, dei cappellini colorati delle signore e della cura dei baffi degli uomini agiati, Gogol’ parla della società pietroburghese del primo Ottocento. Ne mette in luce le ipocrisie e le disparità, e lo fa con un’ironia brillante che nasconde una profonda amarezza. 

Nonostante la Prospettiva sembri porsi come un luogo di aggregazione tra i diversi ceti sociali, scopriamo ben presto che anche in questo straordinario microcosmo le divisioni rimangono nette. La mattina — quando ci sono solo poveri o impiegati in preda alle proprie preoccupazioni — «qualunque cosa vi mettiate indosso […] nessuno lo noterebbe». Dalle due alle tre del pomeriggio invece — quando arrivano i membri dell’alta società — ci sarà «una quantità di gente che, incontrandovi, immancabilmente vi guarderà le scarpe e, quando voi passate oltre, si volterà indietro a guardare le vostre falde». In questo breve arco di tempo la Prospettiva diventa una sorta di passerella delle frivolezze dove — afferma sarcasticamente Gogol’ — «ha luogo la principale esposizione di tutte le migliori opere dell’uomo». 

L’illusione e la perfezione

Da questa passerella restano certamente esclusi l’artista Pìskarëv e il tenente Pirogov. Essi — come la maggior padre dei giovani e scapoli pietroburghesi — passeggiano sulla Nevskij di sera, quando alla luce seducente e misteriosa della Prospettiva notturna l’apparenza continua a dominare sulla sostanza. Allora anche una semplice prostituta può apparire come una «signora altolocata», o addirittura come una dea. Soprattutto se chi guarda è uno dei pochi uomini appartenenti alla particolare categoria degli artisti russi. 

Gogol’ li descrive questi soggetti rari come talentuosi e dolenti, grigi eppure inguaribili sognatori. Un ceto insolito in una città «dove tutti sono funzionari o mercanti o artigiani tedeschi», inadatto al pragmatismo cinico che domina la società. Pìskarëv infatti è un giovane timido che porta nella sua anima «faville di sentimento, pronte a trasformarsi in fiamma alla prima occasione favorevole». La fiamma dell’arte che può divampare davanti alla bellezza di una statua o di un volto femminile che ricorda quello della Bianca del Perugino.

La delusione e il sogno

Durante l’inseguimento per le vie di Pietroburgo, la figura della donna diventa agli occhi di Pìskarëv sempre più nobile e eterea. La risultante è una ninfa ultraterrena degna della sua più profonda adorazione. Ma l’illusione si rompe in fretta. La bella sconosciuta lo attira nel bordello in cui lavora e si rivela essere una qualunque prostituta («Lei dischiuse le sue graziose labbra e si mise a dire qualcosa, ma tutto ciò che diceva era così stupido, così volgare… Come se con l’innocenza avesse perso anche l’intelligenza. Ma lui non volle udire più nulla»). 

Atterrito dalla realtà bruta e cruda, l’artista fugge. La vista della bellezza corrotta lo sconvolge, ma ormai è tardi per tornare indietro. L’immagine paradisiaca che ha incontrato sulla Prospettiva Nevskij gli è entrata dentro come una malattia. Lo ha stregato, non può più farne a meno. E se non può goderne nella vita si accontenta di inseguirla in sogno, fino alla follia, fino alla fine. 

Foto di Luidmila Kot da Pixabay

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