Ancora una grossa novità per quanto riguarda la ricerca di base nell’ambito delle Neuroscienze.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista “Cell” (30 luglio 2015) e potrà, nel tempo, fornire nuove indicazioni utili su crescita e funzioni del cervello.
Lo strumento di indagine creato è frutto del lavoro di concerto di molte università americane, in questo caso due dipartimenti della Harvard University (Biologia cellulare e molecolare, Ingegneria), del MIT (Massachusetts Institute of Technology- dipartimento di Scienze cognitive), della John Hopkins University (Statistica e Matematica applicata) e della Duke University (Scienze statistiche e Neurobiologia). Come potete vedere questo studio è frutto di una grande sinergia, con il finanziamento del National Institutes of Health (NIH), la National Science Foundation (NSF), e del Howard Hughes Medical Institute (HHMI).
Con questa nuova metodologia sarà possibile sondare la struttura cerebrale con una risoluzione nanometrica attraverso un complesso hardware e software di elaborazione dati.
In questa ricerca è stato approfondito lo studio della neocorteccia di un topo e i nostri neuroscienziati si sono resi conto che la prossimità, la vicinanza tra due neuroni non indica necessariamente la presenza di una o più sinapsi. Tracciando le traiettorie di tutti assoni eccitatori e rilevando loro giustapposizione, sia sinaptica e non-sinaptica, con ogni spina dendritica, si è visto che la prossimità fisica non è sufficiente per prevedere la connettività sinaptica cioè il collegamento tra due neuroni.
“La complessità del cervello è molto grande più di quello che avessimo mai immaginato”, dice il primo autore dello studio Narayanan Kasthuri, assistente professore di anatomia e neurobiologia (Harvard University), il discorso riguarda appunto il tema della connessione tra due neuroni.
Il lavoro dunque capovolge un’ipotesi di vecchia data, conosciuta come “Regola di Pietro”, che se due neuroni sono vicini gli uni agli altri, sono suscettibili di formare sinapsi che permettono loro di comunicare. In realtà questo studio sembra dimostrare che non è sempre così.
Il sistema di imaging creato contiene sia l’hardware, che taglia e fa fotografie a campioni di cervello, e poi c’è un software che analizza i dati.
L’hardware brevettato, sviluppato da Kasthuri si chiama ATUM ed utilizza un coltello di diamante per tagliare campioni di tessuto cerebrale in fette da 30 nanometri, quindi raccoglie e fotografa i campioni con un microscopio elettronico e memorizza i dati.
Gli scienziati hanno poi usato un programma chiamato VAST per analizzare i dati e creare immagini dei neuroni a livello delle singole sinapsi.
Riportiamo, per chi fosse interessato, il link in cui viene spiegato dal prof. Lichtman JW (Harvard University) in sintesi e con immagini stupefacenti la nuova scoperta…https://www.youtube.com/watch?v=idJbUdbdk74 .
Sempre vera fantascienza, non credete?
di Dr. Gherardo Tosi
Psicologo Psicoterapeuta
00152 Roma
mail: tosighe@libero.it
Foto: Harvard University
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