L’imprevisto nel fischio di un treno

treno

Chi conduce una vita frenetica sa che è facile affogare nelle proprie incombenze e dimenticare che al di fuori del solito tran tran c’è un mondo pieno di vite e luoghi diversi, alternativi. Vediamo solo i confini che la quotidianità impone, e che come mura mobili piano piano si restringono intorno a noi, fino a soffocarci. Allora può capitare che «la cosa più ovvia, l’incidente più comune, un qualunque lievissimo inciampo impreveduto» possa restituirci la percezione che il mondo è molto più grande della porzione in cui si collocano le nostre giornate e quindi darci la forza di rompere gli argini della quotidianità, anche a costo di passare per folli. È esattamente quello che accade al buon Belluca nella novella pirandelliana Il treno ha fischiato (pubblicata sul «Correre della Sera» nel 1914, poi nel volume La Trappola nel 1915). 

Un computista mite, incapace di reagire alle vessazioni dei colleghi d’ufficio e a una situazione familiare logorante, a un certo punto assume un atteggiamento insofferente e inizia a farneticare. Tutti pensano che sia impazzito, l’unico che lo comprende è l’autore/narratore della novella. Pirandello sa che vita «impossibile» conduce Belluca, pertanto giudica la sua reazione come naturalissima: «State sicuri che non è impazzito. Qualche cosa dev’essergli accaduta; ma naturalissima. Nessuno se la può spiegare, perché nessuno sa bene come quest’uomo ha vissuto finora. Io che lo so, sono sicuro che mi spiegherò tutto naturalissimamente, appena lo avrò veduto e avrò parlato con lui». 

Il fischio del treno

Belluca giustifica il suo cambiamento repentino con il fischio di un treno che la notte prima ha fatto irruzione nella sua esistenza triste e alienata. Una vera e propria epifania grazie alla quale il computista si ricorda che il mondo esiste e la realtà non è solo quella disegnata nella parte interna dei suoi paraocchi. Pirandello racconta che «Due sere avanti, […] insolitamente non gli era riuscito addormentarsi subito. E, d’improvviso, nel silenzio profondo della notte, aveva sentito, da lontano, fischiare un treno. Gli era parso che gli orecchi […] d’improvviso gli si fossero sturati. Il fischio di quel treno gli aveva squarciato e portato via d’un tratto la miseria di tutte quelle sue orribili angustie, e quasi da un sepolcro scoperchiato s’era ritrovato a spaziare anelante nel vuoto arioso del mondo che gli si spalancava enorme tutto intorno».

La metafora del sepolcro scoperchiato rende perfettamente l’idea di com’era opprimente la vita del contabile prima di aver sentito il fischio del treno e di quanto sia giustificata l’ebbrezza che lo invade subito dopo. Prima Belluca era un uomo «circoscritto», limitato e confinato in una tomba costituita dalla mansione arida di impiegatuccio, dal lavoro extra da svolgere la sera prima di andare a letto e da una famiglia disgraziata a carico, che conta tre donne cieche, due figlie vedove e sette nipoti. Al fischio del treno la tomba si scoperchia e negli occhi desolati del sepolto entra il fuori. Un fuori sconfinato e imprecisato verso cui il treno sta correndo. E se il corpo di Belluca resta nell’orrenda casa di sempre, il pensiero corre alla stazione, sale in carrozza e si dirige verso mete ignote e lontane.

Una realtà disintegrata

Quello che agli altri sembra un comportamento folle è la presa di coscienza della vera natura della realtà, che non ha niente a che fare con il meccanismo fragile e inconsistente che regola il quotidiano. L’«immaginazione d’improvviso risvegliata» libera Belluca dalla forma mortifera in cui si era calcificata la sua esistenza e lo rigetta nel flusso vitale che anima il Tutto. Con Il treno ha fischiato Pirandello dimostra che la realtà oggettiva e l’identità integrale dell’uomo sono solo un’illusione. Sia l’uomo che il mondo sono entità frammentate e in perenne trasformazione. Ogni individuo coglie un aspetto diverso della realtà e a sua volta si offre al mondo in una molteplicità di maschere che non nascondono nessun volto, ma solo il vuoto lasciato da un’identità disintegrata. 

Alla fine della novella Belluca si propone di ricomporsi per riprendere la vita di sempre, ma solo a patto di potersi concedere qualche momento di fuga sulle ali della fantasia. Chi sarà dunque Belluca? Il computista mite e laborioso o il sognatore che esplora il mondo con la fantasia? Il padre di famiglia responsabile oppure l’uomo che si lascia rapire dal treno che fischia? La risposta è semplice: sarà tutti in parte e nessuno completamente. Ecco l’altra grande verità che quella notte il fischio del treno gli ha svelato.

Foto di David Mark da Pixabay

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