L’Europa volta pagina ma in Italia pochi se ne accorgono

Europa oggi. E’ deludente collegarsi sui media e scoprire che il dibattito politico verte su chi ha firmato cosa nel lontano 2012. E’ inconcepibile che le maggiori testate e i media più diffusi riducano l’attuale dibattito eurounitario a elementi di dettaglio. Senza rendersi conto che la pandemia sta spazzando via tutte le inutili e superflue barriere che l’Europa aveva posto nel secolo scorso.

Il Covid-19 ha fatto capire a gran parte degli degli economisti come gli antichi totem siano inadeguati. Sia per fronteggiare le grandi crisi economiche che, di conseguenza, anche in una situazione normale. In poche settimane si sono progressivamente sgretolati i totem del vecchio europeismo. Il pareggio di bilancio, il controllo dell’espansione monetaria, il terrore della spesa in deficit,

I nostri mass-media, invece, vanno a spulciare verbali di otto o dieci anni fa. Si fossilizzano sulle firme di atti ormai vetusti o su chi era presente o meno al momento delle votazioni. Fanno i giornalisti o gli archivisti? A nostro parere, ciò è motivato dal fatto che quello che sta accadendo non solo non lo avevano previsto. Ma, addirittura, non ci credono nemmeno adesso che si sta verificando.

L’Europa oggi è percorsa da una rivoluzione

Nel frattempo, in meno di un mese, la Commissione Europea ha sospeso il Patto di stabilità. Ha dato atto che i limiti di Maastricht possono essere sforati non solo di fatto ma anche di diritto (20 marzo). Stiamo parlando del limite del 60% nel rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo. E del limite del 3% nel rapporto tra deficit e pil. Non era stato fatto mai, neppure dopo la crisi del 2008.

Contemporaneamante, la BCE ha prima annunciato l’acquisto di titoli per 750 mld. Poi ha anche dichiarato di voler sforare tale limite (24 marzo). Lo stesso giorno, la banca europea ha eliminato i paletti messi a suo tempo all’azione “straordinaria” di Mario Draghi. Cioè, il limite del 33% sull’ammontare complessivo di ogni titolo acquistato e la quota di debito pubblico ancora disponibile per ogni paese emittente.

A ciò si sommano i “soli” 130 mld, messi a disposizione dalla Bce il 12 marzo per ulteriori acquisti nel settore privato. In totale, l’intervento complessivo è pari al 7,3% del Pil dell’area euro. Lo si è deciso in meno di tre settimane. Si pensi che negli ultimi due anni ci sono stati fiumi di trattative tra Italia e Commissione Ue. Oggetto: lo sforare o meno dello zero virgola il limite del 2% di deficit/Pil. Come disse a suo tempo Gloria Steinem nel suo “messaggio alle donne d’America”: «Questa non è una semplice riforma. È davvero una rivoluzione!».

In Europa oggi si fronteggiano tre schieramenti

L’Europa, inoltre, non sarà come prima non soltanto per quanto riguarda le “regole economiche”. Si sta ricomponendo anche per quanto riguarda gli assetti politici. Nell’imminenza del video-vertice del 27 marzo, i leader di nove Stati di Eurozona si sono dichiarati a favore dell’emissione di Eurobond, pur limitati alla crisi derivata dall’epidemia. Oltre all’Italia, hanno firmato la Francia, la Spagna, Irlanda, Belgio, Lussemburgo, Portogallo, Grecia e Slovenia.

Ciò significa il superamento di un’Europa a trazione (politica, prima che economica) franco-tedesca. Ed è incredibile che l’accordo di Aix -Le-Chapelle che l’aveva “canonizzata”nel 2019 sia diventato carta straccia in poco più di un anno. Come sostiene giustamente (anche se con conclusioni diverse dalle nostre) l’editorialista di Teleborsa, Guido Salerno Aletta, In Eurozona si fronteggiano ora tre schieramenti.

Il neo costituito fronte è una Comunità euro-mediterranea, formata dai nove Stati citati, ai quali non possono che accodarsi anche Cipro e Malta. Sono 11 dei 19 Stati membri di Eurozona. Poi ci sarebbe il gruppo di Visegrad ma che, in Eurozona, è rappresentato dalla sola Slovacchia. Infine c’è l’ “osso duro germanico”, oggi costituito soltanto da Germania, Austria e Olanda. Gli Stati baltici, infatti, non paiono più tanto filo germanici e sembrano, più che altro, stare a guardare.

Se la Russia aveva il “generale inverno”, noi oggi abbiamo il “generale coronavirus”

Dei due schieramenti maggiori, il più debole è proprio l’osso duro germanico. La cancelliera Merkel ancora punta i piedi sugli eurobond, perché ha paura dell’ingrossarsi delle fila dell’estrema destra neonazista. Ma sa anche che se la SPD del neo presidente Walter Borjans esce dalla Grosse Koalition, lei può fare anzitempo le valige. Restano solo l’Austria e l’Olanda dei sovranisti Sebastian Kurz e Mark Rutte.

Lo storico ci fa notare che tutte le volte che gli italiani si sono alleati ai francesi contro gli austro-tedeschi, hanno vinto le guerre. Magari rischiando delusioni come a Villafranca nel 1859 che, però, furono fondamentali per il buon esito del nostro Risorgimento. Inoltre, stavolta, abbiamo dalla nostra parte un altro alleato formidabile. Se i russi avevano il generale inverno, noi oggi abbiamo il generale coronavirus. Sono poi così sicuri, austriaci e olandesi, che con il suo carico di vittime, il coronavirus non gli faccia cambiare parere?

Foto: Tiscali

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