G7 di Biarritz, prove di un’Europa a guida francese

Macron e Trump al G7

G7. L’incontro si è svolto a Biarritz tra il 24 e il 27 agosto. Partecipanti: USA, Giappone, Germania, Francia, Regno Unito, Italia e Canada. Come è noto, la Russia venne sospesa dall’allora G8 a seguito della crisi di Ucraina che portò all’annessione unilaterale della Crimea da parte di Mosca.

Emmanuel Macron, si è voluto porre come grande tessitore dei rapporti tra i sette grandi e il resto del mondo. Ricercando prioritariamente il riavvicinamento della Russia al resto del mondo occidentale. Subentrando a tal fine alla Germania, a nome dell’Europa.

Ciò che induce il presidente francese a tale sovraesposizione diplomatica non è soltanto il crepuscolo della cancelliera Merkel. E’ anche il sempre più evidente e strisciante disimpegno degli Usa dalle questioni politiche europee, mediterranee e climatiche.

Tanto è vero che, al G7, Donald Trump ha parlato solo di dazi. Prima minacciando di porli sui vini francesi; poi rimangiandosi di fronte a Macron quanto aveva minacciato. Infine, annunciando la possibilità di un ennesimo accordo provvisorio, in materia, con la Cina.

Al G7, Donald Trump è sembrato interessato soltanto alle tematiche doganali

Gli annunci sulle misure doganali statunitensi hanno riscosso un interesse molto minore sui suoi colleghi di quanto l’inquilino della Casa Bianca riteneva. Una politica di fronte all’espansione del gigante cinese, infatti, è un imperativo per Trump. Non per la Ue, più aperta alle importazioni a basso costo di prodotti essenziali.

Sull’abolizione delle barriere doganali, quindi, Trump ha corteggiato il suo sosia britannico Boris Johnson. Questi, pur lusingato, lo ha subito stoppato affermando che un eventuale accordo di libero scambio USA-UK necessiterebbe di molti anni di trattative.

Per il resto, Johnson ha riaffermato di non poter soddisfare la richiesta UE di non ripristinare il confine doganale tra le due Irlande, a seguito della brexit. Lo ha fatto, però, rappresentandolo all’interlocutore sbagliato, Angela Merkel. Alla cancelliera, infatti, le statistiche hanno appena decretato che la Germania è per la prima volta sull’orlo della recessione economica dal 1945. Insomma, sia Trump che Johnson, sul fronte delle “guerre dei dazi” da entrambi scatenate, hanno dimostrato poca conoscenza delle dinamiche diplomatiche tra i sette grandi.

Un uomo solo al comando del G7: Emmanuel Macron

A Biarritz, quindi, la parte del leone la ha fatta il padrone di casa Emmanuel Macron. Tanto è vero che il vertice non si è concluso con un comunicato congiunto dei sette “grandi” ma da una conferenza stampa. Ad essa hanno partecipato soltanto Trump e Macron e nella quale il primo ha recitato il ruolo del gradito ospite, ma nulla più.

Pochi giorni prima del vertice, il presidente francese aveva incontrato Vladimir Putin nella sua residenza estiva di Fort de Brégançon, in Costa Azzurra. E’ un dato di fatto che le economie russa ed europea siano complementari. L’Europa ha bisogno del gas russo e la Russia della tecnologia e dei capitali europei. D’altra parte, a Putin serve uscire dall’accerchiamento diplomatico. Per le sue difficoltà economiche sul fronte interno e quelle politiche sorte dalla questione Ucraina e i rapporti non proprio idilliaci tra il suo alleato Iran e gli Stati Uniti.

Macron ha quindi compreso che tale incerta situazione può riportare veramente la Francia in quel ruolo primario sul panorama mondiale che da tempo non esercitava. Per quanto riguarda l’Ucraina, il presidente francese non condivide la richiesta della Polonia di allargare agli Stati Uniti i negoziati per la risoluzione della crisi. Tali negoziati oggi comprendono soltanto Francia, Germania, Ucraina e Russia. Ha quindi espresso il suo ottimismo sull’esito dei negoziati, senza allargamento dei partecipanti alle trattative.

Macron ha posto ai sette grandi il problema della deforestazione dell’Amazzonia

L’inquilino dell’Eliseo ha, inoltre, posto sul tavolo le problematiche degli incendi della foresta amazzonica, inizialmente non presenti in agenda. Ha fatto addirittura intervenire al vertice un rappresentante dei nativi dell’Amazzonia, costretti a fuggire di fronte al fuoco e a lasciare alle fiamme le proprie fonti di sostentamento. Chiaramente, il coup de théâtre non ha fatto piacere al presidente brasiliano Bolsonaro, che non è stato nemmeno interpellato.

Sollecitato da Macron, il vertice ha concesso al Brasile un finanziamento straordinario di 20 milioni  per i necessari interventi di spegnimento degli incendi. Bolsonaro, però, offeso, ha bollato gli aiuti come di stampo colonialistico, rifiutandoli sdegnosamente. Con tale reazione ha implicitamente dimostrato la sua connivenza con chi appicca il fuoco. Lo scopo di Macron, tuttavia, era quello di porsi come paladino della tutela del clima e dell’ambiente su scala mondiale e, per il momento, sembra riuscirvi.

Macron intermediario anche per la crisi iraniana

Infine, sull’Iran, è proseguito il tentativo dell’Eliseo di ergersi a intermediario tra il paese mediorientale, gli Stati Uniti e il resto dell’occidente. Putin, chiaramente, è alleato di Teheran, per il supporto che l’Iran fornisce al governo siriano di Damasco. Per farsi accreditare in tale ruolo, Macron ha escogitato un altro coup de théâtre. Dopo l’indigeno dell’Amazzonia, ha fatto arrivare a Biarritz anche il ministro degli esteri iraniano Mohammad Javad Zarif. Formalmente, Zarif non è stato invitato al G7 ma solo a un incontro franco-iraniano. Non ha avuto alcun contatto con la delegazione degli Stati Uniti ma la sua sola presenza ha mostrato ai partecipanti al vertice da che parte sta Parigi.

Come è noto, Washington ha disdetto l’accordo sul nucleare, contrariamente agli altri partners europei. La mossa di Trump ha reso tesi i rapporti tra Usa e Iran, sfociando nel sequestro di alcune petroliere nello stretto di Hormuz e nell’abbattimento di un drone americano. A nostro parere, il vero “nodo” consiste nella minaccia iraniana alla sicurezza di Israele, con la presenza di milizie rivoluzionarie in Siria e l’appoggio dato agli hezbollah libanesi. Non ci dimentichiamo, però, gli interessi economico-politici storicamente rappresentati dalla Francia in Libano, che Macron è sicuramente interessato a incrementare.

La conferenza stampa finale, chiaramente, è stata disertata dal nostro premier dimissionario Giuseppe Conte, in volo per Roma, intenzionato a risolvere – per quanto riposto nelle sue possibilità – la crisi di governo.

Fonte foto: TPI

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