Lavoro e occupazione 2025, dati in chiaroscuro

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Lavoro e occupazione. Come ad ogni inizio anno, l’ISTAT diffonderà i dati sull’occupazione e il lavoro in Italia nell’anno solare uscente. Poi tali dati verranno selezionati e commentati da istituzioni e operatori della comunicazione. La base statistica è così variegata da rendere altamente difficile l’individuazione degli elementi significativi. Ancor più difficile commentarli oggettivamente.

In questa mole informe di “numeri” anche il modesto cronista ha la pretesa di dire la sua. Perfettamente consapevole che il proprio parere lascia il tempo che trova. Ma che comunque è un parere “genuino”, non rappresentando alcun interesse di parte. I dati presi in considerazione non sono gli ultimissimi, ancora frammentari. Ma quelli che, comunque, mantengono sempre quell’affidabilità generale per trarre conclusioni sulla situazione occupazionale del paese.

Lavoro e occupazione: il numero dei “disoccupati ufficiali” è un dato inaffidabile

Secondo gli ultimi dati ufficiali (novembre 2024) il numero di disoccupati in Italia è 1.457.000 unità. Rispetto al mese precedente risulta una diminuzione di 24.000 unità. Nel frattempo, secondo l’ISTAT, il numero di occupati netti è diminuito di 13.000 unità, arrivando a 24.065.000. Come è possibile che diminuiscano sia gli occupati e sia i disoccupati, si chiede – giustamente – il lettore? Perché per capire il fenomeno lavoro e occupazione in Italia i due dati sono assolutamente insufficienti.

Per rientrare nella definizione ufficiale di “disoccupato”, infatti, secondo l’ISTAT bisogna essere iscritti al centro per l’impiego. Inoltre bisogna aver perso un posto di lavoro o cessato un’attività di lavoro autonomo. Oppure non aver ancora trovato il primo impiego. Sfuggono alle statistiche, quindi, coloro che, pur non lavorando, ai centri per l’impiego non si sono mai iscritti.

Lavoro e occupazione: gli “inoccupati”

Accanto al dato degli occupati e a quello dei disoccupati, infatti, spesso è diffuso quello dei cosiddetti “inoccupati”. Sono coloro che non fanno parte della “popolazione attiva”. Cioè i non titolari di contratto di lavoro o di partita IVA attiva o non iscritti al Centro per l’Impiego. In pratica, come ha scritto l’economista Marco Merlini: né occupati, né disoccupati. Ma il fenomeno è quello sociologicamente più preoccupante.

Dai dati emerge che in Italia coloro che non hanno lavoro e nemmeno lo cercano sono ben 6 milioni e 468 mila. Al netto degli studenti, i pensionati e gli inabili al lavoro. Tra questi, però, solo un milione e 358mila sono inoccupati “per scoraggiamento”. Quelli cioè che pensano che la ricerca sia inutile. E che non riuscirebbero comunque a trovare un posto di lavoro. E gli altri cinque milioni?

I motivi dello straordinario numero di inoccupati in Italia

Il cronista cerca di trovar risposta non tra le elucubrazioni dei sociologi e degli economisti ma in base alla “sana” saggezza popolare. 1) Trattasi di occupati “in nero” e perciò sfuggono alle statistiche. 2) Non hanno bisogno di lavorare perché vivono alle spalle di qualcun altro. 3) Vivono “di rendita” perché in possesso di beni o altri redditi. Fermo restando che tali fenomeni possono benissimo trovarsi tra i cosiddetti inoccupati “per scoraggiamento”.

Se la risposta n. 3) rappresenta un fenomeno fisiologico le altre due destano preoccupazione. La prima perché i lavoratori in nero (e, soprattutto i loro datori di lavoro) sottraggono risorse alla comunità, evadendo le tasse. La seconda – oggettivamente diffusa soprattutto al centro-sud – perché fortemente indicativa di disagio sociale.

Lavoro e occupazione in Italia: un’offerta insoddisfatta di milione di posti vacanti

In Italia, in realtà, sembra che ci siano più di un milione di offerte di lavoro che rimangono inevase. Nel nord-est quasi un posto su due. Praticamente introvabili sono i saldatori e gli intonacatori (che includono anche gli stuccatori, i decoratori e i cartongessisti). Ma anche i medici di medicina generale e gli ingegneri elettronici/telecomunicazioni. Ciò significa che il sistema scolastico/universitario italiano presenta delle distorsioni.

I percorsi formativi che dovrebbero “sfornare” lavoratori specializzati non attraggono sufficientemente i giovani. Probabilmente le storture riguardano anche l’incapacità delle imprese del nord di fornire sistemazioni abitative adeguate ad eventuali immigrati del sud. Perché i costi degli alloggi al nord assorbono completamente uno stipendio medio.

La carenza, però, non riguarda soltanto le figure specializzate. Ma anche figure che non necessitano di particolare preparazione. Ad esempio: camerieri, commessi, addetti alle pulizie, il semplice muratore o il camionista. E ciò ci fa pensare che, rispetto alla domanda precedente, la risposta esatta è “la seconda che abbiamo detto”. Cioè che uno stragrande numero di inoccupati preferisce non lavorare perché comunque vive alle spalle di qualcun altro. Rimane però il fenomeno del milione e 358mila “scoraggiati” e quello del “lavoro nero” che, comunque, sono dati preoccupanti.

Fonte foto: Pixabay

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