La Regina Margherita mangia il pollo con le dita

La Regina

Con oltre 25 miliardi di capi il pollo (Gallus gallus domesticus) è di gran lunga l’animale domestico più allevato nel Mondo.

Sicuramente originario dell’Asia orientale, la sua domesticazione, alla luce dei nuovi riscontri archeologici, è probabilmente più recente dei 7-10.000 anni che la tradizione gli ha a lungo attribuito, ma è comunque avvenuta in epoca preistorica sulla base di una pluralità di antenati selvatici, in maggioranza riferibili al gallo bankiva, attirati verso gl’insediamenti umani dalla coltivazione del riso e di altri cereali.

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, vista la sua enorme diffusione in cucina in tutte le culture gastronomiche, il pollo non fu inizialmente adottato per le sue carni e neppure per le sue uova, ma per il suo piumaggio, che lo rendeva un grazioso animale ornamentale, e come ausiliario per la piccola agricoltura visto che il suo razzolare alla ricerca d’insetti, gasteropodi (lumache) e lombrichi rende più soffice il terreno e combatte i parassiti, mentre la sua predilezione verso le erbe infestanti e il suo letame (pollina) ricco di azoto, fosforo e potassio contribuiscono alla fertilità del terreno compensando ampiamente il becchime (cioé il nutrimento fornito dall’allevatore) composto essenzialmente da granaglie.

Una pratica virtuosa di allevamento utilizzata oggi soprattutto negli uliveti.

Dall’Antica Roma ai giorni nostri

I Romani conobbero il pollo sia grazie agli Etruschi, che ne facevano un modesto consumo alimentare, sia nel loro rapporto con la civiltà greca nella quale il cappone (il pollo castrato) rappresentava, sempre in misura modesta, un cibo a basso costo assai popolare.

Benché le uova rappresentassero un alimento pregiato i Romani non esitavano a sacrificare anche le galline ritenendo il loro brodo (come poi peraltro tramandato dalla tradizione) un alimento ideale per anziani ed ammalati.

Per avere lo sviluppo dell’allevamento avicolo bisognerà però attendere il Medioevo in cui il pollo iniziò ad affacciarsi nei grandi ricettari e parallelamente si ebbe la diffusione dei pollai anche in ambito cittadino grazie soprattutto alla loro facilità di gestione.

Diversamente dagli altri animali di maggiori dimensioni il pollame veniva venduto ancora vivo, sacrificato e macellato a livello domestico e così nacque quella distinzione tra «pollaroli» e macellai, che invece lavoravano esclusivamente carni bovine, che durerà praticamente sino alla fine del ‘900.

All’inizio del 1600, la corporazione (Università) dei «pullaroli» di Roma riformò i propri statuti rivendicando la loro competenza esclusiva su ogni genere di pollo, pollastro e sull’uccellame in generale ed è ipotizzabile che nello stesso periodo ciò sia avvenuto anche nel resto dell’Italia pre-unitaria.

Acquistati ancora vivi, i polli, i capponi e le galline venivano affidati a mani femminili esperte (e se non ve n’erano nella cerchia familiare si ricorreva all’aiuto delle vicine di casa) sia per rendere meno cruento il sacrificio sia per la spennatura, la spiumatura e la strinatura (il fiammeggiamento delle pelli avicole per eliminare i residui di penne e piume) che richiedono una notevole abilità.

Una pratica, quella della macellazione casalinga del pollame, che, pur sotto la vigilanza dell’Autorità sanitaria e per lo stretto consumo familiare, è ammessa ancora oggi.

Da una sponda all’altra dell’Atlantico

Se nella cucina asiatica il pollame ha mantenuto una sua identità culinaria relativamente stabile, caratterizzata dalla prevalenza della cottura al salto e dell’uso delle spezie come nel pollo al curry e nel pollo Tandoori, ed in Medioriente il consumo del pollo è stato incentivato dalla relativa facilità nell’osservanza della macellazione rituale islamica (halal) ed ebraica (kosher) lo sviluppo maggiore in termini di consumo e di varietà dell’offerta gastronomica si è avuto, a partire dalla colonizzazione europea del continente americano, sulle due sponde dell’Atlantico.

Arrivato nelle Americhe a seguito dei Conquistadores il pollo si è rapidamente diffuso in tutto il continente sia per la semplicità del suo allevamento (il Brasile è ancora oggi uno dei maggiori produttori di carne di pollo) sia per la straordinaria facilità di abbinamento con i prodotti locali.

Reciprocamente in Europa il pollo è ora associato prevalentemente con i prodotti «americani»: patate, pomodori e peperoni.

Dal pasto veloce al pranzo ufficiale

Il petto di pollo alla piastra o al vapore è ormai sinonimo di piatto veloce, leggero e poco impegnativo mentre la carne di pollo sta sempre più sostituendo il maiale nei salumi (con i wűrstel e gli affettati) e nei preparati con medaglioni e cotolette.

Il pollo è, tra i piatti a base di carne, quello più gettonato nei pranzi e nelle cene ufficiali in cui, per la sua versatilità, la digeribilità della sua carne e l’assenza di preclusioni religiose, riesce a mettere d’accordo più o meno tutti.

Apprezzato da Napoleone Bonaparte (in cui onore fu inventato il Pollo alla Marengo vanto della cucina piemontese) nelle occasioni formali il pollo, se non viene presentato disossato, può creare però qualche problema di etichetta per l’uso delle posate.

Da qui il detto: «anche la Regina Margherita mangia il pollo con le dita» che trae origine a Napoli nel 1889 in cui la leggenda vuole che la Regina Margherita appunto, per togliere d’impaccio i suoi ospiti, abbia portato alla bocca un coscio di pollo usando le mani.

E così al povero pollo, per evitare di fare una brutta fine, non resta che fare il tifo per i vegani.

Foto di SlicedCorpse da Pixabay

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