Nell’antichità gli esseri umani vivevano in un mondo in cui non vi era separazione tra “magico” e “scientifico”, la scienza stessa era una Scienza Sacra, e racchiudeva in sé tutto il sapere di cui gli uomini erano in possesso, un sapere in cui realtà fisica e realtà immateriale si fondevano. La natura stessa era concepita come estensione e manifestazione simbolica dell’universo divino, e lo studio dei fenomeni naturali era interconnesso con la ricerca metafisica. Finché in quello che oggi noi chiamiamo Occidente, all’incirca nel VI – V secolo avanti Cristo, si verificò una frattura. Questa frattura si concretizzò nel mondo ellenico, dove per la prima volta gli eventi naturali vennero studiati separatamente dalle realtà metafisiche. Gli eventi furono quindi indagati e analizzati cercando di scoprire le cause che li producevano, le cause fisiche, e all’interno della natura si vollero trovare tutti gli elementi sufficienti per potere dare una spiegazione logica ad ogni fenomeno. Fu una frattura rivoluzionaria, da allora la fede e la ragione avrebbero preso due direzioni opposte, apparentemente inconciliabili, mentre veniva messo a punto il processo cosiddetto induttivo, ovvero quel processo che porta alla “verità” in seguito all’osservazione e allo studio. La verità come fine, quindi, in contrapposizione al processo inverso, quello deduttivo, il quale avendo come punto fermo e di partenza una verità colta per intuizione, si basava su di essa per interpretare tutti i fenomeni, di conseguenza. A simboleggiare questo passaggio ancora oggi si usa fare riferimento ai due grandi maestri della filosofia greca classica, ovvero Platone e il suo allievo Aristotele. Platone raccolse e tramandò il sapere arcaico che era comune a tutte le grandi civiltà antiche; la sua visione del mondo prevedeva una realtà metafisica che rappresentava il vero mondo, il mondo delle idee, gli ideali e le immagini eterne che fungevano da modello di ogni cosa creata. Per Aristotele invece l’essenza delle cose stava nella materia stessa: non bisognava più fare riferimento ad un mondo “altro”; lo studio della materia poteva portare alla conoscenza. Questo passaggio, definitivo per il successivo sviluppo di tutto il nostro sapere moderno e contemporaneo, verrà splendidamente sintetizzato nel rinascimento da Raffaello nella sua celebre Scuola di Atene, dove i due grandi maestri, uno a fianco dell’altro, al centro della scena discutono del creato. Platone viene rappresentato come anziano, incarna il sapere antico, ieratico, e con l’indice destro indica l’alto, suggerendo dove si trovi l’essenza del reale. Aristotele, giovane ed energico, con il palmo della mano indica invece con decisione il basso, la terra, sintetizzando così il suo pensiero: la verità si trova dentro il creato, nella materia. Ebbe così inizio il pensiero scientifico occidentale.
Leonardo Comple
Nell’immagine la “Scuola di Atene” di Raffaello Sanzio
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