Immigrati: due tragedie a confronto

immigrati-800x692Domenica scorsa è avvenuta l’ennesima strage di immigrati nel Canale di Sicilia. Un barcone stracolmo di cittadini eritrei, somali, sudanesi e del Bangladesh, partito dalla Libia il 16 aprile, si è ribaltato dopo essere entrato in collisione con il mercantile King Jacob. Quest’ultimo era giunto sul luogo per prestare soccorso ai naufraghi. Nell’incidente sarebbero morte quasi 800 persone.  

La portavoce italiana dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) Carlotta Sami, ha affermato che si tratta del “naufragio il più grave mai registrato nel Mediterraneo”.
Secondo le ricostruzioni della procura di Catania, due sarebbero le cause del disastro: lo spostamento dei migranti sull’imbarcazione e l’errata manovra dello scafista, che l’ha portata a collidere con il mercantile.

Sono finiti in manette, con l’accusa di omicidio colposo plurimo, naufragio e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, il comandante tunisino Mohammed Ali Malek (27 anni) ed il suo assistente Bikhit (25 anni).

Ad eseguire l’arresto sono stati in contemporanea : guardia costiera, Sco della polizia di Stato di Roma e squadra mobile della Questura di Catania, dietro segnalazione di alcuni testimoni.
Secondo le ricostruzioni, parecchi passeggeri sarebbero stati rinchiusi forzatamente nelle stive, precludendosi ogni possibilità di salvezza.
Per il viaggio della disperazione gli scafisti avevano chiesto 500-1000 dinari libici a persona. Ma non è l’unica tragedia in mare della settimana.

Lunedì un altro barcone con a bordo circa 100 migranti e’ naufragato sulla costa orien­tale di Rodi, tra lo stupore di chi in quel momento si trovava nei pressi della spiag­gia di Zephyros. Una barca a vela assai fatiscente, dopo aver eluso i controlli della guardia costiera, si e’ inclinata finendo tra le rocce. I passeggeri erano per lo più siriani, etiopi ed eritrei. Di essi, 96 sono stati tratti in salvo. Tre invece le vittime: un uomo, una donna e un bambino.

Resta da chiarire se l’imbarcazione sia stata abbandonata dai trafficanti o se fra i superstiti ci sono anche gli scafisti.

L’isola, così come le coste sicule, e’ divenuta meta di sbarchi clandestini ed il governo greco ha chiesto una nuova stra­te­gia euro­pea per far fronte alla cre­scita dei flussi migratori.
Attualmente, gli extra­co­mu­ni­tari che arri­vano alle isole dell’Arcipelago Egeo vengono dapprima trasferiti al porto del Pireo e poi alloggiati in varie strutture.

Il fenomeno tuttavia preoccupa il sindaco di Rodi, Fotis Cha­tzi­dia­kos, il quale ha chie­sto un mag­gior con­trollo delle acque gre­che per il timore non solo di un arrivo in massa di pro­fu­ghi, ma anche di un’ inva­sione da parte di persone che arrivano attraverso la Turchia. Pare infatti che in media arrivino 100 clandestini al giorno.

A questo punto nascono almeno due domande:
1) Come è possibile eludere i controlli?
Nel mirino soprattutto l’agenzia che si occupa delle frontiere, ovvero Frontex, che non riesce ad
arginare il fenomeno della tratta clandestina. Pronta la giustificazione del suo direttore
Fabrice Leggeri “I paesi dell’Ue ci hanno affidato una missione di controllo. Il soccorso in mare è un’ altra cosa. Ricade nelle competenze degli Stati”.
“Si deve portare soccorso a chi è in pericolo” -ha poi continuato “accordare diritto d’asilo” ma “non si deve fare il gioco degli spietati trafficanti d’uomini, disposti a obbligare i migranti a imbarcarsi con il mitra puntato alla schiena”. “I migranti che intraprendono la strada libica ormai arrivano dall’Africa, non più dalla Siria o dall’Iraq” e per lo più “partono per problemi economici, e possono e devono essere rispediti a casa loro” ha concluso Leggeri.

2) l’altra domanda riguarda invece la pena per i reati commessi da chi specula sui trasporti di clandestini.

Ebbene, al momento i reati restano quasi impuniti, soprattutto perché spesso e volentieri mancano testimoni.
Non solo è difficile rintracciarli, ma spesso temono ritorsioni e dunque non si presentano in aula.
Di conseguenza, l’imputazione viene a cadere e gli scafisti tornano liberi.
Questo quanto dichiarato dai vari osservatori internazionali.
Utile ricordare che un anno fa, il Consiglio dei Diritti Umani delle Nazione Unite aveva fornito i dati precisi sulla lotta al racket dei migranti nel nostro paese.
Purtoppo un dato è certo: chi è pronto a mandare a mandare a morte centinaia di persone, non teme di passare qualche mese in galera.

di Simona Mazza

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