Il risveglio della bambola

risveglio bambola

«Oh, che tremendo risveglio! In questi otto anni… lei che è stata la mia gioia e il mio orgoglio… una simulatrice, una bugiarda… peggio, peggio ancora… una delinquente! Oh, quale orrore senza fondo! Vergogna, vergogna!» esclama furioso Torvald Helmer rivolgendosi alla moglie Nora. Siamo nel pieno dell’atto terzo di Casa di bambola (scritto da Henrik Ibsen e rappresentato per la prima volta a Copenaghen nel 1879). Torvald ha appena letto la lettera dell’avvocato Krogstad  — suo sottoposto e antagonista — che gli rivela un atto illecito compiuto da Nora e minaccia di usarlo contro di lui. 

La mentalità borghese contro le ragioni del cuore 

Nora ha contratto un debito con Krogstad e per ottenere il prestito ha falsificato la firma del padre morente. Si rischia uno scandalo e Torvald, appena diventato direttore di un Banco di Credito, non ha alcuna intenzione di esserne travolto. Dopo aver passato otto anni di matrimonio a ammaestrare e accontentare la moglie come se fosse una bambina, a manovrarla come se fosse una bambola, improvvisamente prende le distanze da lei e dalle sue azioni. Ciò nonostante Nora avesse chiesto il prestito proprio per amor suo, per farlo guarire da un brutto male. La accusa di aver distrutto la sua felicità, di essere una scellerata e, soprattutto, di non essere capace di educare i loro figli. 

«Bisognerà mascherare la cosa ad ogni costo. E in quanto a te e a me deve sembrare che tutto sia fra noi come prima. Beninteso soltanto agli occhi del mondo. Tu dunque resterai in casa come sempre […]. Ma non dovrai educare i bambini. Non ho il coraggio di affidarli a te». Dopo tanti vezzeggiativi e piccole concessioni, Torvald mostra il suo vero volto. Non è altro che un borghese freddo e arrivista, preoccupato soltanto della propria reputazione. Dal suo punto di vista, le ragioni dell’interesse superano di gran lunga quelle del cuore. E anche quando un secondo messaggio Krogstad scongiurerà la minaccia dello scandalo, Torvald continuerà a sostenere che: «non c’è nessuno che sacrifichi il suo onore per la persona amata». 

Da bambola a donna

La reazione aggressiva di Torvald ha un effetto sorprendente sulla moglie e determina la vera svolta della storia. Nora si desta come da un sogno. Si rende conto di aver sempre vissuto nell’illusione di un matrimonio felice, di essere sempre stata trattata come una bambola da tenere contenta purché si comporti bene e condivida qualsiasi decisione del marito. Qual è la sua personalità? Dove finisce l’influenza di Torvald e iniziano i suoi pensieri? Capisce di aver bisogno di auto-educarsi, avverte la propria emancipazione come il principale dovere verso se stessa. Si dimostra un personaggio modernissimo, di rottura. Attraverso Nora, Ibsen mette in scena una rivoluzione dai costi altissimi. 

Da moglie o madre che viene esibita come se fosse un oggetto ornamentale, la bambola si trasforma in una donna adulta che abbandona tutto (convenzioni sociali e figli compresi) per diventare protagonista della sua vita. Vuole scrivere il proprio destino a suo modo e con i suoi mezzi. Infatti prima di andarsene di casa dice al marito: «Credo di essere prima di tutto una creatura umana, come te… o meglio, voglio tentare di divenirlo. So che il mondo darà ragione a te, Torvald, e che anche nei libri sta scritto qualcosa di simile. Ma quel che dice il mondo e quel che è scritto nei libri non può essermi di norma. Debbo riflettere col mio cervello per rendermi conto di tutte le cose».

Foto di Khusen Rustamov da Pixabay

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