Fu lo strabismo la causa del genio di Leonardo da Vinci?

Inventore, pittore, scultore, musicista, scienziato.

La sua fama ha cavalcato i secoli restituendo l’immagine di un uomo poliedrico, precursore dei tempi, curioso, perspicace, quasi irraggiungibile.

Leonardo da Vinci affascina da sempre gli studiosi (e non solo) che si affannano nella ricerca dell’origine del suo genio.

Il Professor Tyler

Proprio lo scorso 18 ottobre sulle pagine della  rivista scientifica “Jama Ophthalmology” è comparso un interessante studio del professor Christopher W. Tyler, neuroscienziato all’Università di Londra, che ha analizzato alcune specifiche opere di Leonardo per suffragare l’ipotesi che l’artista fosse affetto da una particolare forma di strabismo.

Il ricercatore ha raccontato di aver esaminato 6 probabili ritratti e autoritratti di Leonardo di cui 2 sculture, 2 dipinti a olio e 2 disegni: tutti hanno confermato la diagnosi di exotropia, un tipo di strabismo che comporta la deviazione delle pupille verso l’esterno con la conseguenza di non riuscire a mantenere l’allineamento degli occhi sull’oggetto.

In passato non era stata eseguita nessun’indagine in quest’ambito a causa dell’esigua quantità d’immagini dell’artista così Tyler, come primo passo, ha svolto una minuziosa inchiesta per individuare le opere che, con buon grado di probabilità, rappresentassero fedelmente il pittore della Gioconda.

Per misurare le divergenze, sono stati disegnati cerchi ed ellissi sulle pupille, le iridi e le aperture delle palpebre dei ritratti esaminati e si è determinato che la maggior parte di esse mostrano un angolo di strabismo esotropico di circa -10,3°.

In particolare è stata rilevata un’asimmetria evidente nel Salvator mundi, il celebre dipinto attribuito dopo molte polemiche a Leonardo e battuto all’asta l’anno scorso da Christie’s alla cifra record di 450,3 milioni di dollari.

Osservando con attenzione la figura, si nota che il riflesso è centrato nell’occhio sinistro ma si trova vicino al margine destro della pupilla.

Salvator mundi, olio su tavola

Il neuroscienziato ha poi precisato che si trattava di un disturbo intermittente: Leonardo riusciva cioè a vedere normalmente solo quando fissava la sua attenzione su un oggetto mentre, nei momenti di distrazione, “spegneva un occhio”.

Forse fu proprio questo difetto fisico la fortuna dell’artista.

Il passaggio da una visione bioculare a monoculare o, per usare termini moderni, dal 3D al 2D, gli avrebbe infatti permesso di cogliere con più acume i dettagli legati alla tridimensionalità; questo meccanismo spiegherebbe oggi l’abilità del genio rinascimentale nel rappresentare gli spazi e rendere la profondità nelle sue opere.

Si tratta di un difetto piuttosto conveniente per un pittore, giacché osservare il mondo con un solo occhio permette un confronto diretto con l’immagine piatta che viene disegnata o dipinta” ha riferito il professor Tyler.

La ricerca è sicuramente interessante e, se verificata, aprirebbe un nuovo scenario sui tanti interrogativi che ancora avvolgono la vita e il genio di quell’unico controverso affascinante artista che, 500 anni dopo, ancora tiene col fiato sospeso.

Quale segreto è celato nella “mano divina” di Leonardo da Vinci?

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