Carabiniere accoltellato, la ricostruzione degli eventi

Carabiniere ucciso in servizio a Roma. Desta ancora commozione la cruenta morte del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega, ucciso la settimana scorsa da undici coltellate. Come spesso accade, accanto alla disperazione dei familiari e al cordoglio per la vittima, le varie testate hanno evidenziato alcuni punti oscuri sull’esatta ricostruzione dell’accaduto. Volendo dare anche noi un contributo alla ricerca della verità, abbiano tentato una ricostruzione basandosi esclusivamente su quanto emerge dall’ordinanza del Gip di Roma Chiara Gallo. Soprattutto, dalle telecamere a circuito chiuso.

Abbiamo, altresì, preso in considerazione le registrazioni di alcune telefonate diffuse nei giorni scorsi. Ciò non toglie che l’ordinanza con il quale il magistrato ha convalidato l’arresto dei due accusati del delitto riflette sempre il convincimento del gip. Non è ancora, quindi, un elemento di prova. In base al nostro sistema penale, infatti, le prove si formano comunque in giudizio. Ciò che “fa stato” è solo la sentenza passata in giudicato.

Presupposti dell’uccisione del carabiniere: un acquisto di cocaina andato a vuoto e uno zaino

Ore 00:50 del 26 luglio scorso. Le telecamere del Monopolio Tabacchi di piazza Mastai riprendono i due americani Elder Finnegan Lee e Natale Hjorth insieme a Sergio Brugiatelli provenienti da via della Luce. I due ragazzi sono intenzionati ad acquistare della cocaina tramite lo stesso Brugiatelli. Alle 00:53, i tre entrano nell’obiettivo della telecamera di una scuola privata ubicata nella stessa piazza. Sono seduti  su una panchina accanto a tale Meddi, amico di Brugiatelli.

In proposito, ecco le dichiarazioni non proprio collimanti di Brugiatelli. “Mi trovavo in piazza Mastai in compagnia del mio amico di nome Meddi quando venivamo avvicinati da due ragazzi stranieri [Lee e Hjorth]. Ci chiedevano se avevamo della sostanza stupefacente, in particolare della cocaina, da vendergli. Io gli rispondevo che non avevo lo stupefacente con me, ma che ero in grado di recuperarlo. I due ragazzi, convinti dell’acquisto, riferivano che volevano acquistare circa 80 euro di cocaina, andando a prelevare denaro contante presso un vicino bancomat”. Secondo le telecamere, l’attesa del presunto spacciatore di cocaina si protrae sino alle 01:12.

Continua Brugiatelli. Il possibile spacciatore “mi contattava telefonicamente e mi diceva di raggiungerlo dall’altra parte di viale Trastevere” [davanti al cinema Alcazar, n.d.r.]. Brugiatelli e Natale Hjorth si recano quindi dal pusher mentre Lee resta sulla panchina dove Brugiatelli aveva lasciato la bicicletta e lo zaino. Il pusher sarebbe tale Italo Pompei, che avrebbe consegnato a Hjorth una sostanza avvolta in una carta stagnola, in cambio di 80 euro.

Un carabiniere fuori servizio che chiede l’intervento di una pattuglia “fuori zona”

A questo punto [01:15 circa] si verifica l’intervento di alcuni carabinieri fuori servizio che avevano sospettato un caso di spaccio. I militari notano Hjorth raccogliere qualcosa da terra e lo fermano. Secondo le dichiarazioni del carabiniere Andrea Varriale, che poi sarà presente all’uccisione del collega Cierciello, erano in tutto quattro. Secondo Hjorth erano ”apparse dal nulla otto persone”. Tra essi, il maresciallo Pasquale Sansone, della caserma di piazza Farnese.

Alla domanda su cosa abbia in mano,Natale Hjorth risponde trattarsi di Bentelan, un farmaco abbastanza comune. Poi consegna l’involucro ai militari. Mentre costoro controllano la sostanza, il ragazzo scappa verso Lee. Questi nel frattempo aveva preso lo zaino lasciato da Brugiatelli sulla panchina. Le videocamere indicano alle 01:16 la fuga dei ragazzi da Piazza Mastai verso via della Luce. Lo zaino di Brugiatelli contiene 30 euro, documenti e un Nokia vecchia generazione.

Ore 01:19, Sansone chiama al cellulare il carabiniere Andrea Varriale, ordinandogli di raggiungerlo a Piazza Mastai. “Alla ricerca di un soggetto [Hjorth] che si era sottratto all’identificazione dandosi alla fuga dopo aver consegnato ai militari un involucro di colore bianco” [dichiarazione del Varriale]. Anche il Varriale fa parte della caserma di Piazza Farnese. Quindi, pur essendo in servizio (al contrario del Sansone) è “fuori zona”. N.B.: se Sansone avesse chiamato la competente caserma di Trastevere, Cierciello (anche lui della caserma Farnese) sarebbe ancora vivo.

Intorno alle 01:30, secondo l’ordinanza del gip “giungeva un motociclo di colore nero con a bordo due persone che si qualificavano come appartenenti all’Arma dei Carabinieri”. Si trattava, dicono gli inquirenti, dei militari accorsi su ordine del maresciallo Sansone [il Varriale più un secondo militare che l’ordinanza non cita]. Incontrano Brugiatelli che era rimasto con il Pompei nei pressi del cinema Alcazar. Il soggetto riferisce “di essere stato vittima di un borseggio operato da due persone”. A quel punto “gli operanti invitano Brugiatelli a sporgere denuncia presso un qualsiasi ufficio di polizia, riprendendo il normale servizio”.

Gli appartenenti all’Arma dei carabinieri – si legge nel l’ordinanza del Gip Gallo – procedono allora all’identificazione del presunto spacciatore mentre Brugiatelli si allontana. Il Pompei sarà poi lasciato andare perché non in possesso di stupefacente al momento del controllo. D’altronde anche la sostanza consegnata allo Hjorth si rivelerà soltanto della Tachipirina in polvere. Nell’atto ufficiale del gip non si fa alcun cenno alla presenza di Cerciello Rega. Tuttavia, nella conferenza stampa di martedì, il comandante Gargano ha precisato che era il secondo carabiniere della pattuglia.

Il carabiniere ucciso è intervenuto senza armi sottovalutando il pericolo

Ore 01:31. Il sistema di video sorveglianza dell’hotel Le Meridien di Via Ennio Quirino Visconti, in Prati, riprende il rientro dei due ragazzi nella stanza dove alloggiavano. Più tardi Brugiatelli chiama il proprio cellulare Nokia rubato con il cellulare del suo amico Meddi. “Mi rispondeva un ragazzo che, con chiaro accento straniero, credo inglese, mi riferiva che, se volevo tornare in possesso del mio zaino, gli avrei dovuto portare un grammo di cocaina e i 100 euro che poco prima avevano consegnato al mio amico” [NB: Pompei, dunque aveva preso i soldi dagli americani]. A questo punto Brugiatelli – sempre con il cellulare di Meddi – chiama il 112. Risponde la centrale operativa dei Carabinieri di Roma. L’audio è stato diffuso dalle autorità militari, come segue.

Ore 02:04: “Buonasera, guardi, mi hanno rubato la borsa, sto in piazza Gioacchino Belli, pero’ questi ragazzi io li chiamo e mi chiedono il riscatto dei soldi e tutto quanto… e io purtroppo devo fare una denuncia, dentro ho i documenti, non dico i soldi, codice fiscale e la patente, tutto… se potete venire… almeno vi do il numero eh.. se loro mi rispondono voi potete rintracciarli… perché mi sono anche scappati, li ho visti pure io ma sto appresso con la bicicletta e non li ho presi…”.

Successivamente sono i carabinieri che richiamano al numero di Meddi, chiedendo ulteriori informazioni. “Sono scappati – risponde il denunciante – hanno preso la borsa mentre stavo bevendo alla fontanella. Mi hanno detto se avevo 80, 100 euro – spiega ancora – gli ho detto che glieli avrei dati se me l’avessero riportata ma poi li ho visti scappare in una traversa, gli sono corso dietro con la bicicletta però non li ho presi”.

Brugiatelli sta mentendo perché, come si è visto, il furto è avvenuto diversamente. Soprattutto, non cita l’episodio del tentativo di spaccio di cocaina. “Allora le mando una pattuglia – lo interrompe il carabiniere al telefono – volevo sapere se erano ancora lì, in quel caso cercavo di mandare qualcuno in abiti civili. Intanto le mando la pattuglia li poi parla direttamente con i colleghi”.

Ore 02:10. Il vicebrigadiere Mario Cerciello Rega viene contattato sulla propria utenza cellulare dalla centrale operativa del Comando Gruppo di Roma. E’ fornita allo stesso una nota di intervento presso piazza Gioacchino Belli. Il militare è informato che sia del furto che del tentativo di estorsione. Nell’ordinanza del gip si legge che “la centrale operativa decideva che l’intervento finalizzato all’identificazione degli autori del furto e del tentativo di estorsione sarebbe stato effettuato dal vicebrigadiere Mario Cerciello Rega e dal carabiniere Andrea Varriale, della stazione dei carabinieri di Roma Piazza Farnese, che unitamente al Brugiatelli si sarebbero recati sul luogo in borghese“.

Questo è il secondo punto ancora oscuro. Perché viene nuovamente interessato un militare di una caserma “fuori zona”, quella di Piazza Farnese e non della competente caserma Trastevere? Inspiegabilmente, poi, il vicebrigadiere interviene senza portarsi appresso la pistola d’ordinanza, per mera dimenticanza o per sottovalutazione del pericolo?

Nessuna telecamera a circuito chiuso ha ripreso l’uccisione di Cerciello Rega

Ore 02:30 circa. La pattuglia in borghese formata da Cerciello e Varriale raggiunge Sergio Brugiatelli. A questo punto, è presumibile che i due militari si siano resi conto che il soggetto è lo stesso presente al tentato spaccio davanti all’Alcazar, un’ora prima. Tuttavia non danno particolare peso alla circostanza.

I due americani sono richiamati da Brugiatelli al numero del cellulare rubato.I carabinieri invitano il derubato a prendere appuntamento con gli estorsori. L’incontro è fissato in Via Pietro Cossa, nel quartiere Prati, a poca distanza dall’albergo dove alloggiano i ragazzi americani.

Ore 02:48. Dopo essersi cambiati i vestiti Finnegan Lee e Natale Hjorth riescono dall’albergo Meridien di Via Visconti. Lee ha con sé il coltello dei marines con il quale ucciderà Cierciello Rega. “Un coltello a lama fissa lunga 18 centimetri tipo ‘Trenknife’ tipo Kabar Camillus con lama brunita modello marines con impugnatura in anelli in cuoio ingrassato e pomolo in metallo brunito” recita il provvedimento del Gip.

Parcheggiata la macchina in via Federico Cesi, perpendicolare alla via dell’appuntamento, i militari si recano a prendere contatti con i due ragazzi. Ordinano a Brugiatelli di rimanere vicino all’automezzo. E’ la seconda fatale imprudenza dei due carabinieri.

Secondo fonti riservate acquisite da “Il fatto Quotidiano”, quando degli agenti in borghese si recano a un appuntamento in incognito con gli autori di un reato, la procedura vorrebbe la presenza di almeno una seconda pattuglia in copertura, in divisa, armata e in grado di chiamare i soccorsi. La copertura era ancor di più necessaria in questo caso, perché si sapeva che gli autori del furto erano in due e sarebbero stati necessari almeno 4-5 militari per gestire l’operazione.

All’incontro, nel quartiere Prati, Brugiatelli si presenta insieme ai due carabinieri. Fonti informali dell’Arma spiegano che la pattuglia in appoggio al “cavallo di ritorno”non c’era. La circostanza fin qui non è stata smentita con decisione e nell’ordinanza del gip non vi è traccia di riferimenti ad altri militati precettati.

Ore 03:12. L’impianto della gioielleria di via Federico Cesi (80 metri dall’hotel e ancor meno dal luogo del delitto) riprendono i due militari mentre si dirigono verso via Pietro Cossa. Quello che accade, purtroppo, non è supportato dalle riprese di alcuna telecamera a circuito chiuso.

Elder Finnegan Lee sferra undici colpi al fianco sinistro, a quello destro e alla schiena di Mario Cerciello Rega. Secondo l’ordinanza del Gip, difficilmente Lee era inconsapevole che si trattasse di un carabiniere, essendosi qualificato con tanto di tesserino. Lo stesso uccisore ha dichiarato: “Mentre mi teneva fermo non ha mai estratto la pistola”. Prosegue l’ordinanza del Gip: “Ha continuato a sferrare le coltellate quando la vittima era già in difficoltà in assenza di una vera e propria aggressione” (su nessuno dei due americani ci sono segni di colluttazione). Inoltre “durante il compimento di un’azione delittuosa per la cui riuscita Elder si era premurato di presentarsi armato di coltello”.

Il Gip ritiene evidente il concorso nell’omicidio per Natale Hjorth che non poteva essere all’oscuro che Elder fosse armato o non essersi accorto di quanto accaduto al vicebrigadiere. Le telecamere hanno ripreso la fuga dei due, dopo l’aggressione, “a brevissima distanza temporale l’uno dall’altro”. Ciò farebbe presumere al Gip che Natale avrebbe assistito al ferimento della vittima, contrariamente a quanto riferito da lui stesso.

“La presenza su Natale Hjorth che ha impegnato Varriale nella colluttazione – scrive il Gip – ha certamente agevolato la condotta materiale posta in essere da Elder impedendo a Varriale di intervenire in aiuto del collega e consentendo al complice di portare a termine il delitto”. Hjorth, invece, dichiarerà di aver soltanto strattonato il Varriale, escludendo di averlo immobilizzato. Dalle dichiarazioni rilasciate alla stampa, non sembra che Varriale fosse a conoscenza che il suo collega fosse disarmato. Di certo, per un motivo o per l’altro, Varriale non ha utilizzato la sua arma d’ordinanza di cui era in possesso.

L’arma che ha ucciso il carabiniere nascosta nel controsoffitto

Ore 03:16. La telecamera dell’esterno dell’hotel filma la fuga e il rientro in albergo dei due ragazzi senza lo zaino del Brugiatelli. Sarà poi trovato in una fioriera in strada. Il telefono Nokia di Brugiatelli, invece, nel luogo del delitto. Quarantacinque minuti più tardi il vicebrigadiere Mario Rega Cerciello muore per l’emorragia che invano il collega Andrea Varriale aveva provato a tamponare in attesa dell’ambulanza.

Sette ore e trenta minuti dopo la morte di Cierciello i carabinieri bussano alla porta dell’albergo Meridien. Sorprendono i due americani con i bagagli chiusi, pronti a lasciare la struttura nella tarda mattinata e a tornare negli Stati Uniti. Nel controsoffitto della camera ora sotto sequestro i due avevano nascosto l’arma del delitto e i vestiti indossati durante l’omicidio.

“Elder Finnegan ammetteva di aver colpito più volte con un coltello in suo possesso – scrive il Gip nell’ordinanza – la persona che gli si era avvicinata per cercare di fermarlo mentre, insieme all’amico, era in attesa di incontrare il Brugiatelli, precisando però, di non aver capito che i due che li avevano avvicinati erano carabinieri e di aver creduto che fossero uomini, mandati dal Sergio per vendicarsi e fare loro del male”.

3 Risposte

  1. Federico Bardanzellu

    Oggi 5 settembre è emerso che, interrogato dal procuratore reggente Michele Prestipino, Andrea Varriale avrebbe dichiarato: «Anche la mia pistola era nell’armadietto. Eravamo in borghese con bermuda e maglietta, l’arma si sarebbe vista». I due carabinieri si sono quindi presentati all’appuntamento in borghese, disarmati e senza tesserini di riconoscimento, in totale difformità con il regolamento della Polizia per il personale in servizio. Varriale ha quindi smentito le sue prime dichiarazioni dove si sosteneva di aver mostrato il tesserino dei carabinieri.

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  2. Federico Bardanzellu

    Nuova precisazione. Dichiarazione di Varriale: «Quella sera ci qualificammo mostrando la placca identificativa».

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  3. L'autore

    Nuova precisazione. Dichiarazione di Varriale: «Quella sera ci qualificammo mostrando la placca identificativa».

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