Al Medio Oriente in fiamme si aggiunge anche la Striscia di Gaza

muroModiin-illit_h_partbIl Medio Oriente brucia. Dall’Iraq alla Siria, e adesso si aggiunge una recrudescenza del conflitto tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza.

Eppure nella Striscia di Gaza la situazione sembrava più o meno tranquilla, un conflitto a bassa intensità con lanci di missili da ambo le parti, ma nulla faceva presagire un ennesimo conflitto. La situazione più incandescente continua ad essere quella dell’Iraq dove milizie sunnite continuano una sanguinosa  guerra sotto la Bandiera dell’ISIL tentando di riprendere alcune zone sotto il controllo degli Shiti, con la proclamazione di un Califfato Islamico.

Una guerra dove Arabia Saudita, e Quatar sembrano giocare un ruolo importante se non fondamentale soprattutto per quanto riguarda i finanziamenti.

La situazione nella Striscia di Gaza è improvvisamente precipitata con il sequestro e l’uccisione di tre ragazzi israeliani scatenando una nuova offensiva di Israele.

Nessuno ha rivendicato la paternità di un tale sequestro e omicidio, forse, ma non è accertato gli autori possono essere i membri di un piccolo gruppo dissidente,  nessuna commissione ha cercato di investigare sugli autori del sequestro e sulle  motivazioni,  ma è bastato solo questo per scatenare la furia di ritorsione di Israele con l’operazione “Defensive Edge”.

Secondo la strategia militare di Israele è stata immediatamente applicata la famosa strategia del “disproportionate force” contro ogni attacco contro Israele diretto ad “punish and deter “ punire e scoraggiare provocando tanti danni che rendano per molto tempo impossibili altri attacchi.

E’ la  terza guerra di questo tipo dalla fine del 2008, e a detta di molti nessuno tra israeliani e Hamas crede che cisarà un risultato diverso rispetto ai due conflitti precedenti. Nonostante la retorica da entrambe le parti, Israele non può vincere, né Hamas può perdere. Anzi se Hamas perdesse per molti sarebbe ancora più preoccupante perché consentirebbe l’affermarsi di gruppi più radicali.

Si è tornati ad un conflitto che vede le zone abitate colpite da  bombardamenti aerei, missili, le truppe di Hamas hanno le loro basi  nei centri abitati, costringendo a bombardamenti tra la popolazione civile,  sembra più una guerra come atto di rappresaglia, che una guerra per arrivare ad una qualche forma di negoziazione.

A questo proposito è stato creato un termine curioso “roof knocking” bussare sul tetto, che nella sua drammaticità sta a significare che verrà prima lanciata una bomba a bassa intensità esplodente, per avvertire gli abitanti di quella casa, di mettersi in salvo perchè  pochi minuti dopo arriverà un missile che distruggerà tutto.

Di fatto non c’è nessuna strategia, che possa portare ad un cambiamento dello status quo delle zone, se non quello di rafforzare in termini politici sia la coalizione al governo in Israele che quella di Hamas.

Netanyahu raccoglie il consenso dei falchi dell’amministrazione cosa che garantirà un altro anno di leadership e quindi di poter continuare la sua politica.

Dal punto di vista di Hamas, che aveva trovato nell’Egitto di Morsi, e nei Fratelli Mussulmani  loro alleati da sempre, un interlocutore ed un sostenitore, cosa che con il cambio al governo in Egitto non può più contare, trovandosi indebolito, isolato e anche in una sempre più difficile situazione politica e finanziaria deve in qualche modo ristabilire la sua leadership.

Paradossalmente per tutti e due è meglio una guerra che dovrà, secondo gli analisti,  terminare con una mediazione, che ipotizzi un ritorno allo status quo del 2012 con la cessazione delle ostilità. Chi sarà in grado di avere questo ruolo, non è chiaro, vista la debolezza o la completa assenza delle diplomazie USA e occidentali.

Tutto questo se la situazione resta nei canoni di un conflitto locale. Il problema è che in questo momento tutto il Medio Oriente è attraversato da una guerra tra le fazioni religiose islamiche che sta mettendo in discussione tutti gli equilibri geopolitici lasciando mano libera a movimenti con alleanze tra loro estremamente fragili.

Se tutto finirà come previsto i carri armati di Israele torneranno alle loro basi, gli aerei negli hangar, le batterie di razzi all’interno di Gaza verranno ricostruite.

E i morti civili rimarranno pezzi di scarto in una inutile partita a scacchi.

di Gianfranco Marullo

Nella foto, il muro di Gaza

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