Agenda Rossa di Borsellino: ci stiamo avvicinando alla verità

agendaA distanza di 21 anni dalla strage di Via D’Amelio in cui perse la vita, il giudice Paolo Borsellino, spuntano video e foto sensazionali che potrebbero segnare una svolta epocale nelle indagini, sulla morte e sulla misteriosa scomparsa dell’agenda rossa, sulla quale il magistrato palermitano appuntava fatti e nomi di grande rilevanza.

Chi è il misterioso uomo che la notte del 19 luglio 1992 che s’intravede nelle foto che in questi giorni stanno facendo il giro delle principali testate giornalistiche? E come mai il documento è stato reso noto solo adesso?

Nelle immagini, un “mister X “si aggira tra i corpi carbonizzati di Borsellino e della sua scorta, celando dietro un parasole quella che sembrerebbe la tanto ricercata “agenda rossa”. L’uomo indossa un paio di pantaloni beige, una camicia bianca, ha in mano una borsa di cuoio ed è stato ripreso dai Vigili del Fuoco intervenuti subito dopo l’esplosione. Si tratta forse di un fotografo della polizia o dei carabinieri?

Secondo la Procura di Caltanissetta, che segue le indagini, dentro la borsa sin trovava la preziosa agenda rossa, regalata a Borsellino dall’Arma dei Carabinieri. Secondo i magistrati della procura di Caltanissetta, l’agenda avrebbe contenuto notizie circa gli incontri di Cosa Nostra e lo Stato, attraverso la figura di Vito Ciancimino e soprattutto appunti a partire dal 23 maggio precedente, da quando, cioè, sull’autostrada di Punta Raisi, la mafia e chi se ne serve aveva strappato la vita del suo scudo umano, Giovanni Falcone.

In realtà bisognerebbe intersecare qualche episodio e rispolverare qualche nome già fatto in precedenza, perché la storia non è poi tanto nuova.

Ricostruiamo i fatti:

Un fotografo palermitano, Franco Lannino, alle 17.20 del 19 luglio, venti minuti dopo l’esplosione, scatta un’istantanea in cui si vede il colonnello Arcangioli tenere in mano la 24ore di Borsellino.

Eppure il 1 aprile 2008 il giudice per le indagini preliminari Paolo Scotto di Luzio proscioglie il capitano Arcangioli dall’accusa di furto dell’agenda.

Una decisione discutibile con la quale viene archiviata la vicenda giudiziaria (anche se si attende la decisione della Cassazione sul ricorso presentato dalla procura di Caltanissetta).L’immagine svela la strana presenza dell’agenda rossa vicino al corpo straziato dell’agente Emanuela Loi, ma il punto è: perché l’agenda si trova vicino alla Loi e non nell’auto blindata o meglio dentro la 24ore di Borsellino?

Fra i testimoni, oltre ad Arcangioli, uno su tutti sembra degno di rilievo: si tratta del pm antimafia Giuseppe Ayala che ad oggi ha fornito quattro testimonianze discordanti sui fatti. Sentiti anche il giornalista Felice Cavallaro e il carabiniere della scorta di Ayala, Rosario Farinella.

Arcangioli viene interrogato una prima volta il 5 maggio del 2005 e ammette di avere preso la borsa su richiesta di uno dei due magistrati che aveva incontrato sul luogo della strage, Giuseppe Ayala e Vittorio Teresi che lo avrebbero informato dell’esistenza di un’agenda tenuta da Borsellino. Arcangioli incontra anche Alberto Di Pisa, magistrato di turno.

Arcangiuoli poi afferma” una volta presa la borsa, uno dei due magistrati lo apri e constatammo che all’interno non c’era alcuna agenda, ma soltanto dei fogli di carta’’. Sempre obbedendo al comando dei magistrati presenti in loco, Arcangioli incarica uno dei suoi uomini di depositare la borsa su una delle auto di servizio di uno dei due magistrati. Qui tuttavia i ricordi del colonnello cominciano a vacillare e hanno inizio una serie di conferme e di smentite piuttosto improbabili, non solo del militare, ma anche dei magistrati. Addirittura Alberto Di Pisa smentisce di essersi trovato sul luogo della strage.

Visti i vuoti di memoria, la procura reinterroga Ayala, sentito l’8 aprile del 1998, nell’ambito di un filone d’indagine sui mandanti occulti della strage. L’ex magistrato afferma di essere arrivato in VI D’Amelio circa 15 minuti dopo l’esplosione e dopo avere costatato che era Paolo Borsellino l’obbiettivo dell’attentato, aveva visto un carabiniere in divisa aprire lo sportello posteriore della Croma e prendere una borsa con tracce di bruciacchiatura. Non essendo oramai in servizio, Ayala chiede al carabiniere di consegnarla ai magistrati in carica, poi precisa che la borsa non è mai stata aperta in sua presenza.

La sua versione tuttavia cambia il 13 settembre, dopo l’interrogatorio di Arcangioli. L’ex magistrato ricorda di aver visto lo sportello dalla croma aperto e di aver preso egli stesso la borsa bruciacchiata, per poi affidarla ad Arcangioli. Anche in questo caso, Ayala ribadisce di non avere mai aperto la borsa per verificarne il contenuto.

Viste le deposizioni contrastanti, Ayala viene sentito una terza volta, ma per l’occasione si fa aiutare nella ricostruzione dei fatti, dal giornalista del Corriere della Sera, anch’egli presente al momento dell’attentato. Stavolta Ayala sostiene, tesi confermata dal giornalista, di aver visto prelevare da una persona in borghese la borsa dallo sportello posteriore sinistro e gliela consegna.

L’ultimo a parlare è il carabiniere della scorta di Ayala, Rosario Farinella, carabiniere di scorta ad Ayala che offre una nuova versione: interrogato il 2 marzo 2006, Farinella ricorda di essere arrivato in via D’Amelio insieme con Ayala e di avere visto la Croma ‘’avvolta dalle fiamme’’, un vigile del fuoco le sta spegnendo, le portiere tutte chiuse ma non a chiave’’. A questo punto ‘’Ayala nota una borsa sul sedile posteriore, con l’aiuto del vigile abbiamo aperto lo sportello (operazione non semplice), io ho preso la borsa e volevo darla ad Ayala, ma lui mi disse che non poteva prenderla.  Aggiunse di tenerla per qualche minuto, così mi allontanai dall’auto con la borsa verso il cratere creato dall’esplosione, e dopo 5/7 minuti Ayala chiamò un uomo in abiti civili ufficiale o funzionario di polizia, gli spiegò che era la borsa di Borsellino. Lui disse che si sarebbe occupato della cosa e gli consegnai la borsa. Ricordo che appena presa la borsa lo stesso si è allontanato dirigendosi verso l’uscita della via D’Amelio, ma non ho visto dove è andato a metterla. Peraltro io me ne sono disinteressato…’’. Era Arcangioli, chiedono i magistrati mostrandogli la foto? ‘’Non sono in grado di riconoscere la persona che mi mostrate, non ricordo però che avesse una placca metallica di riconoscimento. Di questo particolare ritengo che mi ricorderei…’’.

Premesso ciò, facciamo una salto in avanti nel tempo:

Nella perizia consegnata alla polizia nel 2007, non c’è traccia dell’agenda rossa, si parla di fogli di carta sparsi, un tappetino colorato e altri reperti di scarsa importanza, mentre uno dei superstiti, il poliziotto Gaspare Vullo, sostiene che anche quel giorno Paolo Borsellino aveva con sé l’immancabile agenda.

Il 19 luglio Paolo Borsellino era sceso dalla Croma blindata, dopo averla guidata per tutto il tragitto e aveva citofonato alla madre, per portarla dal medico. Risulta assai improbabile che abbia portato l’agenda con sé e che abbia avuto modo di consultarla.

Se l’avesse portata, si sarebbe ridotta in cenere, poiché durante l’esplosione si sono liquefatte anche le pistole dei poliziotti, se invece l’agenda, come da ipotesi, è rimasta nell’auto blindata, le cose cambiano e sarebbe opportuno collegarle ai fatti esposti circa il losco passaggio di mani della 24 ore.

Il Procuratore capo della Repubblica di Caltanissetta Sergio Lari, che insieme con altri colleghi ha seguito e scoperto falsi pentiti, errori giudiziari e depistaggi, afferma “ Il fotogramma di quell’oggetto che somiglia a un’agenda rossa non ci è stato mai comunicato. O non l’hanno ritenuto importante o non l’hanno visto, chissà”.

Nel frattempo il pool antimafia si è riunito per ulteriori accertamenti e Lari precisa che subito dopo la riunione “ trasmetteremo una delega alla polizia scientifica di Roma: sono necessari accertamenti, dobbiamo capire esattamente cos’è quella macchia rossa”.

Ricordiamo che le indagini sulla sparizione dell’agenda rossa sono iniziate nel 2008, dopo le rivelazioni del pentito di mafia Gaspare Spatuzza ma ancora mancano numerosi tasselli utili alla ricostruzione esatta dei fatti e soprattutto alla tanto attesa verità sugli appunti e le impressioni annotate. Spatuzza ha rivelato particolari e dettagli preziosi, ma ancora non conosciamo alcuni punti fondamentali: chi c’era insieme ai tre mafiosi nel garage dove è stata riempita di tritolo l’auto fatta saltare in aria a Via D’Amelio. Spatuzza afferma che non era un uomo di cosa nostra; non conosciamo la provenienza dell’esplosivo, ritrovato in minima parte nel mare davanti a Porticello e non sappiamo da dove proveniva il telecomando.

di Simona Mazza

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