Adolescenti, questi sconosciuti

Adolescenti che sfidano la morte attraverso dei comportamenti che sono in realtà una richiesta di accettazione; che giocano fino alla morte; che si fotografano incorniciando l’ultimo istante di vita.

E’ successo recentemente a un 14enne, per cimentarsi in una sfida di Black-out  gioco estremo su Internet, in cui i protagonisti in più prove si privano dell’ossigeno svenendo e rinvenendo. E’ accaduto a un quindicenne precipitato dal tetto di un centro commerciale nel tentativo di scattarsi un selfie, lui che solo poche ore prima di perdere la vita aveva scritto su Instagram: «la morte non ci fa paura, la guardiamo in faccia».

Forse un modo per reprimere il senso di inadeguatezza in ambito scolastico così come nella vita, recuperando un’immagine di loro stessi attraverso la considerazione generata dai like sull’ultima prodezza immortalata; o dalle risate e dagli applausi di consenso del branco.

L’accettazione… sembra essere questo il problema principale di ragazzi che oggi si ritrovano a vivere un’adolescenza che riconosce solo i leader; che tiene conto solo del mezzo con cui ti muovi e di ciò che indossi, e di esperienze telecomandate in cui il rischio non viene più percepito, in nome di una spasmodica ricerca identitaria. Fra i motivi di simili atteggiamenti i ruoli familiari mutati.

In linea generale una famiglia delle regole quasi estinta. Al ruolo paterno una volta ben definito, è subentrata la famiglia degli affetti, dove i ruoli sono intercambiabili e la logica imperante sembra essere quella compensatoria. Il bambino poi adolescente rappresenta un successo sociale investito di aspettative enormi, cui spesso non viene negato nulla, un bambino che non ha ruoli di contenimento e che per questo può avvertire un forte senso di smarrimento.

A contribuire al disagio la povertà di valori della nostra società, generata dallo stravolgimento dettato dal benessere economico e dallo sviluppo tecnologico, per cui sarebbe stato necessario stilare delle nuove norme del buon senso.

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