Trattativa stato/mafia: ancora minacce alla Procura di Palermo

GIUSTIZIA: INAUGURATO ANNO GIUDIZIARIO A PALERMOPalermo è sempre più attenzionata dalle entità criminali, siano esse chiamate Mafia, ma anche pezzi delle istituzioni deviate, la cosa non cambia.

Un paio di giorni fa è stata recapitata una lettera anonima alla Procura di Palermo, nella quale si annuncia la presenza di esplosivo ed armi nei luoghi frequentati dai magistrati che si occupano di mafia.

Sebbene non siano stati fatti i nomi dei giudici, gli inquirenti si stanno concentrando sul PM più a rischio d’Italia, ovvero Antonio Di Matteo, titolare del processo sulla trattativa Stato/mafia insieme ai colleghi Del Bene e Tartaglia. Non sono in pochi a volere la sua morte.

Come dimenticare ad esempio le intercettazioni fatte a Riina il 16 novembre alle 9,30, quando ordino’ apertamente l’attentato a Di Matteo “Deve fare la fine dei tonni, deve succedere  un manicomio…”.

Il “Capo dei capi” parlava con il boss della Sacra corona unita Alberto Lorusso: “Perché questo Di Matteo non se ne va, gli hanno rinforzato la scorta, e allora se fosse possibile ucciderlo, un’esecuzione come a quel tempo a Palermo, con i militari”. “Berlusconi perché si è andato a prendere lo stalliere? Io il mio dovere l’ho fatto. Ma continuate, continuate… qualcuno, non dico magari tutti, ma qualcuno, divertitevi…”.

Fu una telecamera nascosta a riprendere il boss mentre mimava con la mano sinistra il gesto di fare in fretta. Da allora anche l’antimafia si è attivata.

Ciononostante, le pressioni per assegnare al Pm e alla scorta il bomb-jammer, dispositivo che disattiva gli impulsi dei telecomandi per eventuali congegni esplosivi, non sono servite a nulla.

La vecchia promessa di Alfano, che nel 2013 dichiaro’: “Offriremo ogni protezione e ogni mezzo che lo Stato dispone per proteggere la vita di chi ci difende”, non sembra infatti essere stata mantenuta.

Ma non è certo la prima volta che Di Matteo viene minacciato apertamente.
Nel 2012, venne spedito presso la sua abitazione un documento di dodici pagine recante lo stemma della Repubblica italiana.

L’anonimo autore dell’esposto descrisse vicende e processi passati, tra cui l’omicidio del politico e sindacalista Pio La Torre, la mancata cattura del boss Provenzano nel 1995 e forniva indizi a carico di ignoti. L’autore parlo’ inoltre della cattura di Totò Riina, nel gennaio 1993, specificando che il covo del boss era stato visitato da qualcuno prima della perquisizione ordinata dal procuratore Caselli (quest’ultima scriveva eseguita 18 giorni dopo l’arresto del Capo dei capi), in modo da recuperare l’archivio del capo di Cosa Nostra. Si soffermò infine sull’agenda rossa di Paolo Borsellino, sottratta per mano di un carabiniere dopo la strage di Via D’Amelio.

Di questo documento, soprannominato “Protocollo fantasma” ha parlato a Roma due giorni fa il Procuratore Nazionale Antimafia, Franco Roberti, durante la presentazione della relazione annuale del Dna (direzione nazionale antimafia).

Roberti ha dichiarato che si tratta di un “Esposto anonimo nel quale oltre a varie vicende, in gran parte di competenza della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, riguardanti processi anche risalenti nel tempo ed appartenenti alla storia del contrasto giudiziario a Cosa Nostra, emergono notizie di reato a carico di ignoti, asseritamente appartenenti alle forze dell’ordine, che avrebbero per conto di una non meglio specificata entità, spiato alcuni magistrati, impegnati in delicate attività di indagine”.

“Tale sinistro scenario”– prosegue la Dna che ha analizzato le attività investigative svolte dalla procura di Caltanissetta a seguito delle numerosissime intimidazioni subite dai pm palermitani – “sembra riecheggiare peraltro anche nel documento anonimo recapitato lo scorso 3 settembre al Procuratore Generale di Palermo e recante gravissime minacce nei suoi confronti”.

Qui, nello specifico si fa riferimento allo lettera fatta trovare lo scorso settembre al Pg Roberto Scarpinato nel suo ufficio e nel testo si fanno chiari riferimenti alla sua attività investigativa, oltre a parlare di aspetti della sua vita quotidiana.

Precisiamo che in quei giorni, la Procura generale si stava preparando per la riapertura del dibattimento al processo Mori-Obinu e Scarpinato stava scandagliando sul passato dei due ufficiali, oltre ad indagare sulle visite in carcere di alcuni agenti dei servizi segreti a boss detenuti.

La relazione del Dna termina affermando  che i pm di Caltanissetta, competenti nelle indagini sull’esposto indirizzato a Di Matteo, non hanno inserito il fascicolo tra quelli relativi a indagini di mafia, probabilmente ipotizzando il coinvolgimento di entità diverse da Cosa nostra.

Detto ciò, ricordiamo che l’appuntamento con il processo sulla Trattativa si terrà giovedì 26 febbraio 2015, dalle ore 9:30 presso l’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo.

I pubblici ministeri sono Nino Di Matteo, Francesco Del Bene,Roberto Tartaglia e Vittorio Teresi.

Tra gli imputati, oltre a boss mafiosi (Totò Riina, Leoluca Bagarella, Antonino Cinà) figurano anche collaboratori di giustizia (Giovanni Brusca), ex politici (Nicola Mancino, Marcello Dell’Utri), ex ufficiali del Ros (Mario Mori, Antonio Subranni, Giuseppe De Donno) e Massimo Ciancimino.

di Simona Mazza

foto: ansa.it

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