Napolitano insiste affinchè il processo sulla trattativa del 28 ottobre si faccia a porte chiuse e il Presidente della corte d’Assise di Palermo, Alfredo Montalto, ha avallato la richiesta, negando l’intervento di teste di tutto “rispetto”, come Riina, Bagarella (entrambi in 416 bis) e Mancino, seppure i primi due in videoconferenza.
Oltre agli “eccellentissimi” teste, non potranno presenziare neppure Giovanna Maggian Chelli, presidente dell’associazione delle vittime dei Georgofili, né il pubblico e si corre seriamente il rischio di non iniziare il Processo più atteso degli ultimi anni.
In particolare questa differenza potrebbe inficiare il processo. Perchè il codice prevede l’intervento dei teste in videoconferenza solo per le aule di udienza in tribunale e non per un altro luogo o per un’attività di istruttoria o dibattimentale, concetto che non si può applicare per Mancino visto che è un uomo libero.
L’ordinanza è stata letta in aula da Montalto, il quale si è appellato all’art. 205 che riconosce il diritto di Napolitano ad essere ascoltato “ nella sede in cui esercita la funzione di Capo di Stato”.
A dire il vero la legge non è molto esplicita, così in assenza di norme specifiche, Montalto ha richiamato il comma due dell’articolo 502, che esclude la presenza degli imputati, a meno che questi non ne facciano esplicita richiesta e prevede l’ascolto del testimone che non può recarsi in tribunale nel luogo in cui si trova.
Ebbene, il nodo sta nel fatto che secondo il comma 3 dell’art 502, la richiesta può non essere accolta. Su questo batte Montalto, puntando tutto su questioni “correlate all’ordine pubblico e alla sicurezza nazionale” ed ha tirato in ballo ogni cavillo giuridico espresso nel codice di procedura penale, nella Costituzione, nella Consulta e nella Convenzione Europa pur di tutelare l’uomo. La Corte infatti si è appellata alla “peculiarità del luogo”, che gode di “immunità della sede”.
Pronta la risposta dell’avvocato dell’ex Presidente del Senato, Nicoletta Piergentili Piromallo e dell’avvocato di Riina, Luca Cianferoni, che si sono appellati all’ art 178 “E’ sempre prescritta a pena di nullità l’osservanza delle disposizioni concernenti l’intervento, l’assistenza e la rappresentanza dell’imputato e delle altri parti private” e l’art. 111 “la legge assicura che la persona accusata di un reato abbia la facoltà, davanti al giudice, di interrogare o far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e l’interrogatorio di persone a sua difesa. Il processo penale è regolato dal principio di contraddittorio nella formulazione della prova. La colpevolezza dell’imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all’interrogatorio da parte dell’imputato o del suo difensore”.
La Piromallo ha ribattuto “E’ stato leso il diritto del nostro imputato. Il mio cliente vuole esserci”, Cianferoni ha aggiunto “Quella di Montalto è una decisione giuridicamente errata perchè Riina, come tutti gli altri imputati, ha onteresse a conoscere i rapporti intercorsi tra Mancino, D’Ambrosio e la Presidenza della Repubblica a proposito della trattativa che viene contestata a Riina”.
I due legali impugneranno la decisione appellandosi ad un nodo giuridico dell’art 205. Esso stabilisce infatti solo che il Napolitano può testimoniare al Colle, ma non c’è nulla che vieti ad altri di testimoniare.
di Simona Mazza
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