Se l’uomo non smetterà di ricercare le ricchezze materiali, non troverà mai il vero senso della vita

oro

Il brano del Vangelo di Marco ci accompagna nel cuore dell’esperienza cristiana. Gesù riprende il cammino verso Gerusalemme e “un tale” lo interroga, non alla maniera dei farisei, ma per presentargli una vera questione: “Maestro buono, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?”. Il Vangelo non ci offre molti dettagli su questo personaggio; dai cenni che ci vengono forniti possiamo percepire il suo desiderio sincero di avere la vita eterna. Probabilmente, conduceva una vita piuttosto onesta e virtuosa.

Conosce, infatti, i comandamenti e li osserva fedelmente sin dalla giovinezza. Il giovane del Vangelo, però, rimane anonimo; se avesse accettato l’invito a seguire il Maestro, certamente sarebbe entrato a far parte del gruppo dei discepoli e con ogni probabilità gli Evangelisti avrebbero anche menzionato in qualche testo la sua identità. Dalla vicenda del “giovane ricco” ricaviamo subito il tema della Liturgia di oggi: se l’uomo non smetterà di fondare la sua certezza nelle ricchezze del mondo, non troverà mai né il senso autentico della vita, nè assaporerà mai il gusto della vera gioia; se, al contrario, l’uomo saprà trovare il coraggio di abbandonarsi in Dio e alla sua parola, se saprà rinunciare a se stesso e alle sue tante autosufficienze, sì, apparentemente perderà molto ma, in realtà, possederà tutto, perché questo “tutto” è Dio stesso. Si delinea in questi pochi concetti la figura dei nostri Santi.

Chi sono i Santi? I Santi sono coloro che, offrendosi generosamente al Signore, lasciano radicalmente tutto per mettersi al seguito di Gesù. Ecco la vocazione cristiana che nasce da una proposta di amore del Signore, la quale può realizzarsi solo grazie a una nostra risposta personale di amore. Sull’esempio degli Apostoli, che per seguire Gesù hanno lasciato persino le loro case, anche i nostri Santi hanno mosso i loro passi su questo sentiero esigente, ricevendo “il centuplo” già in questa vita, fatta, nonostante tutto, di prove e persecuzioni, necessarie queste, per ereditare la vita eterna.

Gesù, quindi, carissimi amici, ci propone veramente la vera essenza della felicità, ci promette certamente la vita eterna, e lo fa attraverso una strada che è differente da quella che ha pensato il giovane ricco e che, a volte, è diversa anche da quella che pensiamo noi: non sono soltanto le nostre opere buone a garantirci un’esistenza autenticamente cristiana, ma soprattutto la scelta ragionata e motivata di accogliere Gesù nella nostra vita come quella “perla preziosa” per la quale davvero vale la pena di vendere tutto ciò che si possiede. Il giovane ricco, e forse anche noi, non riesce a scegliere. Il nostro protagonista, nonostante abbia avuto la speciale grazia di incrociare su quella strada lo sguardo amorevole di Gesù, non è riuscito a staccare il suo cuore dalle tante ricchezze che possedeva.

Da questa rinuncia, Gesù fa scaturire l’insegnamento per i suoi discepoli e per tutti noi: “Coloro che sono attaccati alle ricchezze, difficilmente entreranno nel regno di Dio!” (cf Mc 10, 23). I beni materiali recano soltanto affanni e preoccupazioni, occupando inutilmente la mente e il cuore dell’uomo. Gesù, tuttavia, non afferma che la ricchezza è cattiva; essa, in altri termini, allontana da Dio se non è investita a favore del Regno, e quindi, se non è spesa per chi vive ingiustamente il dramma della povertà. Quanto è difficile comprendere e mettere in pratica tutto ciò. In definitiva, è la sapienza, a cui accenna la prima Lettura, ciò che è più gradito al Signore. La sapienza, infatti, è più preziosa dell’argento e dell’oro, anzi più pregiata della bellezza, della salute e della stessa luce, “perché non tramonta lo splendore che ne promana” (Sap 7, 10). Saremmo degli stolti se riducessimo questa sapienza soltanto alla dimensione intellettuale. Essa rappresenta molto di più, è “la Sapienza del cuore”, come la definisce il Salmo 89, un dono cioè, che viene dall’alto, da Dio e si ottiene con la preghiera.

La Sapienza di Dio, infatti, si è fatta vicina, prossima al cuore di ogni uomo, prendendo forma nella legge mosaica dell’A.T. e assumendo carne umana nella persona di Cristo Gesù. La Sapienza di Dio è contenuta nel Decalogo e Gesù lo sa bene, perché “per entrare nella vita è necessario osservare i comandamenti” (cfr Mc 10, 19). È necessario, diremmo, ma non basta perché, come afferma S. Paolo, l’uomo non si salva per l’osservanza formale o precisa della legge ma per Grazia. E S. Giovanni aggiunge che “la legge è stata data da Mosè, la Grazia e la Verità sono venute per mezzo di Gesù Cristo” (cfr Gv 1, 17). Carissimi fratelli e sorelle, all’inizio di questo straordinario Anno della Fede, acquistiamo maggiore consapevolezza che per salvarsi bisogna aprirsi generosamente alla fede in Cristo, il quale però, a chi gli si rivolge, pone una condizione esigente: “Vieni e seguimi” (Mc 10, 21). Non abbiamo paura di metterci alla sequela di Gesù; impariamo da Maria e dai nostri Santi che hanno avuto il coraggio di rispondergli incondizionatamente “eccomi” e che per essere suoi amici hanno rinunciato a tutto. Nei Santi, infine, ritroviamo seriamente concretizzata l’esperienza di Pietro: “Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito” (Mc 10, 28) perché l’unico tesoro è in cielo ed è Dio. Amen.

Frà Frisina

foto: ecodibergamo.it

 

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