Schiele e il suo tempo: impressioni

Si è chiusa il 6 giugno la mostra su Egon Schiele di Palazzo Reale a Milano. Partirei dalla considerazione che  troppo spesso, ultimamente, le mostre di Palazzo Reale si propongono dei titoli che servono solo ad attirare pubblico, creando un’aspettativa che viene soddisfatta solo nel caso di un intenditore. Il semplice curioso, che entra alla mostra convinto di vedere i quadri più famosi si troverà spiazzato.  Detto questo non voglio comunque dire che si tratti di una brutta mostra, anzi, il taglio storico accompagnato da quella che è stata la vita tra la metà dell’ottocento e lo scoppio della prima guerra mondiale è ben descritto. Si entra in compagnia dalla ruota panoramica che era presente a Vienna e al Palazzo della Secessione di Vienna, accompagnati dal classico valzer viennese in sottofondo; e si conclude con l’opera di Mahler e le illustrazioni dell’attentato di Sarajevo all’arciduca Francesco Ferdinando. In questa evoluzione storica si succedono gli artisti presentati, a partire dalla Scuola di Klimt, che sono in stretta relazione con essa, segnano con la loro opera il passaggio dall’epoca felice del valzer a quella più tetra della guerra che segna la crisi e la fine di quel mondo. Egon Schiele è l’artista che meglio rappresenta tutto questo, attorniato da diversi maestri, in molti casi poco conosciuti, in altri più famosi come Klimt, Kokoschka, Gerstl e Moser. Poche opere per i troppi artisti presenti, dove Schiele la fa da padrone per quantità, con opere che pur rappresentando bene l’evoluzione dell’artista, dal “decorativismo alla Klimt” delle origini, all’erotismo, alla rappresentazione della morte e del decadentismo visibili anche nell’uso del colore e del tratto; ma dove le opere famose sono ben poche, e dove i disegni più interessanti sono colpiti dalla solita luce accecante che Palazzo Reale non è ancora stato in grado di risolvere. Si tratta di una visione iconograficamente complessiva, che contrasta coi troppo esaustivi pannelli scritti, che accompagnano il visitatore in ogni sala, fino quasi a stancarlo, con un’infinità di date che solo in alcuni casi sono strettamente necessarie per comprendere il succo della mostra, che però diventa indispensabile leggere, per comprendere il senso dei quadri presenti, se non si è muniti di audio guida o se non si fa una visita guidata. Credo che mostre di questo tipo, dovrebbero avvicinarsi maggiormente al visitatore, a partire dal titolo che li dia la possibilità di vedere ciò si aspetta, fino ad arrivare alla possibilità di cogliere più informazioni possibile grazie a qualche indicazione accanto ai dipinti presenti e non all’intera enciclopedia del periodo o dell’artista, e magari poter godere di tutte le opere senza dover girare intorno al quadro più volte per riuscire a vederlo nella sua interezza a causa della cattiva illuminazione.  

Donata Bonanomi

Foto: www.persinsala.it

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