Roma, speculazione edilizia e incapacità politiche all’ombra del Residence di via Bravetta


SANYO DIGITAL CAMERAA Roma, fra le piane alluvionali e il verde della via Aurelia si trova uno dei parchi romani naturali più belli della città: Villa Doria Pamphilj, l’oasi che nel 1937 ispirò Pirandello nella stesura del “Fu Mattia Pascal”.

In zona, si trovano pure il tristemente noto Forte Bravetta, simbolo della lotta nazifascista, in cui vennero uccisi numerosi partigiani romani e la riserva della Valle del Casale: una valle protetta, costellata di casine del tardo 600, che ospita una varietà di piante ed animali dal valore inestimabile.

Qui, un altopiano di 80 metri degrada fino alla nota Via Portuense, strada che porta al mare. Tutta questa bellezza è tuttavia deturpata da un “obbrobrio” di cemento che svetta in maniera arrogante.

Ricostruiamo i fatti.

Alla fine degli anni ’70, in Via Bravetta 415, il Gruppo Mezzaroma Costruzioni edifica 5 palazzi di 7 piani per un totale di 533 mini appartamenti non residenziali.

Di essi, 90 mt cubi sono destinati al personale Alitalia.

Ma fino al 1982 di piloti e hostess non v’è traccia. Si vede solo il Comune, che vorrebbe destinare i locali ai romani, nell’ottica dell’emergenza abitativa. Si parla dunque di Case Popolari. Nel 1985 si decreta che la struttura passi all’ Empam (ente nazionale previdenza medici), ma anche in questo caso, di personale medico nessuna traccia.

Mezzaroma affida allora il residenze a Ceim, sua società, che ben presto si trova a gestire questo bel tesoretto. In buona sostanza, mentre il Comune spende per l’emergenza, chi garantisce immobili adatti ad ospitare nuclei in difficoltà , si assicura introiti consistenti. Nel frattempo arriva il sindaco Francesco Rutelli, che assegna agli inquilini le case popolari, ma stranamente il residence non si svuota e così Ceim affitta a senegalesi, balcanici e rom.

Neanche a dirlo, nel giro di pochi anni, il residence è sovraffollato e si registra un alto tasso di criminalità.

Nel 2005 Enpam vende e a comprare è Ceim, ovvero la rediviva di Mezzaroma che paga € 32.185.627,00. Il 22 gennaio 2006 vengono trovati morti due migranti ed è allora che il Comitato Provinciale per l’Ordine e sicurezza ordina lo sgombero delle abitazioni.

Da quel momento in poi le Istituzioni hanno rimosso il problema degli edifici abbandonati e dopo annunciate palingenesi, i resti delle 5 palazzine si stagliano come natura morta, sulla Valle dei Casali.

Ciò che inquieta è che il “ mostro di cemento” è ancora nel menù progetti del gruppo Mezzaroma, mentre dell’accordo di programma del 2007 non si è fatto nulla. Cosa resta delle promesse di conversione, assetto e bonifica? Assolutamente nulla! Per di più, l’impatto estetico è devastante, anche perché il “mostro” è stato spogliato delle mura per evitare occupazioni coatte.

A questo punto appare palese la contraddizione del comune di Roma, il quale non riesce a soddisfare l’emergenza abitativa dei suoi cittadini indigenti, eppure ha consegnato ai gruppo edilizi privati una posizione di forza, che per essi si è trasformata in fonte di ricchezza. Ad avvalorare la tesi sono le varie delibere degli anni 90.

Nella n°1524 del 1999 ad esempio si dispone pieno affidamento alla Ceim fino al 2001, del servizio assistenza alloggi, nonostante abbia perso la gara appalto per “eccessiva onerosità” adducendo come motivazione l’impossibilità di estromettere nuclei familiari per mancanza di altri alloggi. Surreale poi l’indizione di gara per il periodo che va dal 1 ottobre 1995 al 30 settembre 1997: sono in ballo 43 miliardi.

Inizialmente possono partecipare al bando solo i proprietari delle strutture, ma cosi vengono tagliati fuori i gestori e allora dopo 15 giorni, arriva la nuova delibera n°2071 che rimedia all’errore fatto ed estende la partecipazione ai gestori, tra cui, badate bene, la solita Ceim.

In conclusione il Comune di Roma ha buttato dalla finestra cifre pazzesche, basti pensare che la giunta comunale stanzia al Ceim, solo per il residenze e per il periodo che va tra il 1999 e il 2001, 22 miliardi e 165milioni: circa 10 miliardi annui.

Considerata la durata delle convenzioni, il Comune di Roma avrebbe potuto costruire un’intera città e avrebbe potuto acquistare gli immobili, anziché affittarli, incrementando il suo patrimonio pubblico ed evitando la speculazione dei palazzinari. (fonte Codacons Tv)

di Redazione

foto: paesesera.it

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