Prima le donne e i bambini … e le banche

bankNei giorni scorsi, l’Amministratore Delegato di Unicredit, Federico Ghizzoni, ha rilasciato alcune dichiarazioni che riflettono alla perfezione le convinzioni e il focus operativo del “banchiere” in questo particolare momento storico.

Da parte dei “regulators” internazionali i requisiti di patrimonializzazione delle banche costituiscono da anni una sacrosanta “ossessione” e, conseguentemente, non perdono occasione, soprattutto nello scenario attuale e post crisi 2008, per alzare l’asticella della capitalizzazione degli istituti di credito.

Conscio di ciò Ghizzoni, in un’intervista rilasciata a MF, ha detto che le banche, ove richieste di adeguarsi a più elevati standard patrimoniali lo faranno, tuttavia ciò non potrà non avere ripercussioni per l’economia reale. In altre parole si paventa una nuova stretta per il credito qualora il Comitato di Basilea in primis e il Financial Stability Board assieme alle altre autorità di vigilanza sulla stabilità del sistema bancario internazionale porranno regole più severe delle attuali.

Diretta conseguenza di ciò, ribadisce Ghizzoni, sarà l’incapacità delle banche di soddisfare le esigenze di credito delle imprese e, aggiungeremmo, delle famiglie che a febbraio 2015 hanno già visto contrarsi il finanziato rispettivamente del 1,5% e del 1,4%. Tutto ciò apre per l’AD di Unicredit un problema politico, non tecnico.

BCEEppure da parte del Governo, del Ministro Padoan in particolare, si evidenzia che la crescita attesa potrà anche migliorare sulla spinta delle riforme strutturali e istituzionali interne e di alcune novità internazionali quali il calo del prezzo del greggio e il “quantitative easing” della BCE. Le affermazioni di Padoan rimandano inesorabilmente la palla nel campo delle banche.

Efffettivamente, considerato quanto emerge dal bollettino trimestrale della Banca d’Italia, dal programma Targeted Long Term Refinancing Operation (TLTRO) della BCE le banche italiane hanno raccolto complessivamente 93 miliardi sui 311 (30%) erogati al sistema delle banche dell’euro zona. Questa enorme quantità di denaro nelle intenzioni del Consiglio Diretivo della BCE dovrebbe essere usato dalle banche per incrementare l’erogazione dei prestiti bancari a favore del settore privato.

Sorprende quindi che questo denaro non arrivi o arrivi solo in parte molto ridotta alle imprese, soprattutto alle piccole e medie, e alle famiglie. La spiegazione è abbastanza semplice e la fornisce lo stesso Ghizzoni. Anzitutto, come si è detto, le banche preferiscono tenere il denaro preso dalla BCE in cassa per migliorare i propri ratios patrimoniali, inoltre, cosa non da poco, a causa dei bassi spread, le banche trovano sempre meno conveniente fare credito.

C’è da chiedersi quindi quanto le banche avvertano come cogente la moral suation della Banca d’Italia che per bocca del suo Vice Direttore Generale, Panetta, sosteneva lo scorso gennaio che: ”il ritorno a una crescita sostenuta richiede anche un adeguato sostegno finanziario al sistema produttivo. È essenziale proseguire l’impegno volto a conferire piena funzionalità al mercato del credito; vanno ampliate le opportunità di finanziamento per le imprese minori”. Parole tanto condivisibili quanto, nei fatti, disattese proprio dai soggetti vigilati da Bankit.

Nella sua ortodossa difesa del sistema banca, pochi giorni prima della sua intervista a MF nella quale preconizzava il nuovo credit crunch a fronte delle richieste dei regulators bancari, aveva ritenuto accettabile far partecipare i risparmi non assicurati al piano di salvataggio delle banche a condizione che ciò avvenga sotto l’egida dell’Europa in un contesto normativo uguale per tutti gli stati membri. Insomma un vero e proprio “siamo tutti Ciprioti”.

Sinceramente sconcerta quanto meno la carenza di onestà intellettuale nel voler ignorare che le economie mondiali stanno con fatica cercando di uscire da una crisi che dura da almeno sette anni e causata principalmente dagli eccessi e dalle carenze di regole e controlli del mondo bancario.

Di questa crisi hanno fatto le spese, e ancora ne subiscono i devastanti effetti, i soggetti più deboli, individui meno protetti, famiglie, imprese medio – piccole, non certo i grandi azionisti e i managers delle banche, soprattutto le più grandi.

Non suoni irrispettoso delle immani tragedie di questi giorni se, ricorrendo all’iperbole dell’immagine, si pensi l’economia come una barca alla deriva e, in un impari confronto, si intravedano a lottare per un posto su una scialuppa sicura donne e bambini contro colossi determinatissimi ad imporre la loro forza prima che le loro ragioni.

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