Matteo Renzi l’ha messa al primo posto della sua agenda. Se l’Italia vuole cambiare è da lì che si deve partire. Dalla scuola.
La riforma è pronta e verrà introdotta in tempi brevi, dopo una fase preliminare in cui il governo integrerà i contributi migliorativi che perverranno da parte dei cittadini. Si tratta di una riforma complessa e articolata. Ma soprattutto è una riforma ambiziosa che si prefigge di fare rivoluzione in svariate arie. Le linee guida sono nel documento “La buona scuola” presentato recentemente dal capo del governo e dal ministro dell’Istruzione Stefania Giannini.
Ringiovanimento del corpo insegnante, abolizione progressiva del precariato, percorsi formativi per insegnanti maggiormente orientati alla didattica. E poi meno burocrazia, più meritocrazia e più lotta alla dispersione scolastica, vera piaga del sistema scolastico italiano che mediamente lascia per strada uno scolaro su sei. E poi più tecnologie digitali, Musica, Storia dell’Arte, Educazione fisica. Infine avvicinamento della scuola al mondo del lavoro, con l’introduzione di periodi di alternanza tra scuola e lavoro.
Nonostante le perplessità, lo scetticismo e le critiche, c’è da augurarsi che Renzi riesca a realizzarla la sua riforma giacché è innegabile che solo innalzando la preparazione dei nostri scolari e studenti riusciremo a creare occupazione e sviluppo. Oggi a una “buona” scuola è richiesta non solo acquisizione di conoscenza, ma anche, direi soprattutto, acquisizione di competenze. Il binomio conoscenza-competenza deve cominciare fin dalla scuola primaria, e poi accompagnare il discente fino al diploma o alla laurea fornendogli gli strumenti per accedere più facilmente al mondo del lavoro. La realtà italiana è molto amara, con la disoccupazione giovanile che ha raggiunto livelli allarmanti nonché assai pericolosi per la tenuta del tessuto sociale.
Ma cosa succede all’estero? Prendiamo la Germania dove il tasso di disoccupazione è di circa il 6%. Come funziona la scuola tedesca e, soprattutto, come sostiene e alimenta il mercato del lavoro? Può la Germania essere presa a modello di riferimento anche nel campo scolastico ed educativo? Vediamo.
Il sistema scolastico tedesco è certamente più complesso e articolato di quello italiano e ciò anche a causa del fatto che la Germania è una repubblica federale e che quello della scuola è un comparto che ricade nelle competenze di ciascun Land. Ciò vuol dire che ogni Land decide con ampia autonomia la propria struttura scolastica. Prendiamo ad esempio la Baviera che, con una estensione pari a quasi tre volte la Lombardia e circa 13 milioni di abitanti, è tra i Länder più grandi e popolosi della Germania.
In Baviera la scuola elementare, detta “Grundschule”, dura 4 anni invece dei nostri 5. Durante la quarta elementare gli scolari ricevono l’Übertrittzeugnis (la parola Übertritt significa passaggio, Zeugnis certificato, ndr) e questo attestato stabilisce quale sarà la futura carriera scolastica dello scolaro. Se la media è alta si potrà frequentare il ginnasio, altrimenti si dovrà frequentare la Realschule (in pratica un istituto tecnico) oppure la Hauptschule (scuola professionale).
Le tre scuole differiscono in durata e qualità degli studi. Il ginnasio dura otto anni, la Realschule, dura 6 anni, la Hauptschule soltanto 5 anni. Soltanto il ginnasio consente l’accesso diretto all’università. E poiché l’accesso al ginnasio dipende dai voti dell’Übertrittzeugnis si può dire che la decisione se un individuo potrà frequentare l’università viene presa, in Baviera come anche in altri Länder, quando quell’individuo ha soltanto 10 anni. Ma non è una decisione presa dall’interessato, ne mai potrebbe esserlo, vista l’età. È una decisione presa dalla scuola, ovvero dallo Stato, e imposta alle famiglie.
La prima evidente conseguenza di tale meccanismo é la forte selezione operata nel passaggio dalla Grundschule alle altre scuole. Nei ginnasi ci vanno soprattutto bambini tedeschi provenienti da famiglie abbienti; nelle altre scuole ci vanno gli scolari tedeschi provenienti da famiglie meno abbienti e anche, e ciò riguarda in particolare le Hauptschule, la grande maggioranza dei figli degli stranieri. Per questi ultimi, data l’oggettiva difficoltà della lingua tedesca, avere una buona media nell’Übertrittzeugnis è molto difficile, se non impossibile. Le reali capacità cognitive di questi bambini sono pertanto occultate, si potrebbe dire soffocate, dal loro deficit linguistico e questo condiziona negativamente una selezione più equa basata sul loro reale potenziale.
Tutto ciò è fortemente discriminatorio, ingiusto e persino immorale. Nel cuore del vecchio continente una nazione che afferma di essere Stato di diritto viene meno a principi di eguaglianza sanciti da leggi internazionali nonché dalla propria costituzione, il Grundgesetz. La discriminazione è forte perché di fatto spacca la società limitando o precludendo alle classi meno abbienti e agli stranieri l’accesso allo studio e quindi il raggiungimento di posizioni di rilievo nei vari comparti lavorativi, dalla pubblica amministrazione, all’industria, ai servizi, alla ricerca. E via dicendo, fino alla politica.
Le Nazioni Unite si sono già espresse più volte contro questa situazione invitando la Germania a riformare il sistema scolastico modificando gli ordinamenti che penalizzano le fasce più deboli della società. Recentemente a Berlino il ministro degli esteri Steinmeier durante la cerimonia di premiazione delle migliori scuole tedesche ha riconosciuto la necessità di riformare in senso democratico il sistema scolastico nazionale.
Insomma non tutto è oro ciò che luccica e non sempre l’erba del vicino è la più buona: la scuola tedesca, nonostante i migliori risultati complessivi conseguiti rispetto all’Italia nel confronto internazionale PISA (Programme for International Student Assessment, programma di valutazione internazionale degli studenti, ndr) è ben lungi dall’essere “ascensore sociale” accessibile a tutti. Espressione, questa, usata dal ministro Giannini in occasione della presentazione della riforma che avrà luogo in Italia.
Ma tralasciamo questioni di carattere morale e torniamo a considerare gli aspetti tecnici della scuola tedesca.
Un aspetto meritevole di confronto è quello del coordinamento tra scuola e lavoro. In Germania è molto più diffuso che in Italia e ciò avviene sia a livello di scuola secondaria (ovvero successiva alla scuola elementare, o primaria) che di università (scuola terziaria). In particolare, per quanto riguarda la scuola secondaria, al temine degli istituti tecnici (Realschule) e professionali (Hauptschule) gli studenti possono continuare con periodi di apprendistato, detto Ausbildung, durante i quali studiano e lavorano (con una retribuzione inizialmente simbolica, poi via via crescente) presso le aziende secondo periodi alternati e per una durata massima di quattro anni. Alla fine dell’Ausbildung possono essere assunti dalle stesse aziende che li hanno formati.
Il ricorso esteso a stage di apprendistato presso aziende creerebbe certamente molti posti di lavoro anche in Italia, va detto però che in Italia la realtà aziendale è notevolmente diversa da quella tedesca, dove ci sono molte più aziende medio-grandi in grado di offrire cicli di training per l’acquisizione di competenze professionali. La realtà aziendale italiana è fatta di piccole aziende prive della capacità e anche della voglia di offrire formazione a chi esce dalla scuola. Il governo Renzi dovrà preoccuparsi di introdurre incentivi affinché la specifica situazione lavorativa italiana si adegui alle sollecitazioni che perverranno dal mondo della scuola. In attesa che ciò succeda, anche relativamente all’aspetto del coordinamento scuola-lavoro, il modello tedesco appare poco applicabile alla realtà del nostro paese.
Anche chi va alla Realschule e ottiene un profitto medio/buono, può accedere al ginnasio.Ci metterà semplicemente un snno in più e starà a scuola 13 anni invece di 12.Da tutte queste scuole si può accedere ad altri livelli, anche verso il basso, quando gli alunni hanno troppe difficoltà.
La ringrazio per il commento. È vero, il passaggio è possibile, ma nella pratica avviene raramente, soprattutto quello da Hauptschule a Gymnasium. Nelle grandi città i ginnasi sono per la maggior parte frequentati da tedeschi. Le Hauptschulen da stranieri. La selezione sociale avviene nelle scuole. Questo succede anche in Italia, ma non per imposizione dovuta al sistema scolastico. Da questo punto di vista il nostro sistema è più democratico di quello tedesco. Semplicemente meno discriminatorio. Le parole pronunciate nel 2014 da Steinmeier, oggi presidente della repubblica, sono rimaste belle parole. L’unica modifica significativa è stato il ritorno al G9 (9 anni di ginnasio). Il G8, sperimentato per una decina di anni per velocizzare l’ingresso nel mondo del lavoro consentendo di arrivare prima all’università, é stato un fiasco.