“Nel segno di Orione”, l’ultimo libro di archeoastronomia di Mauro Zedda

Archeoastronomia. È appena uscito, per i tipi di “Agorà Nuragica”, Cagliari, il nuovo libro di Mauro Peppino Zedda. Il titolo è “Nel segno di Orione”, con sottotitoli “Da Sid (Osiride) al Sardus Pater: gli Atlanti di Monti Prama”. I “Giganti di Monti Prama” – che l’autore dell’opera ribattezza “gli Atlanti” – sono una serie di sculture in arenaria, casualmente rinvenute nei pressi di Cabras (OR), nel 1974.

Alte in origine oltre 2 metri, alcune statue imbracciano un grosso scudo che tengono sulla testa, aiutandosi con l’altro braccio che appare guantato. Altre rappresenterebbero arcieri. La forma del loro elmo munito di corna e del gonnellino li identifica come appartenenti agli Shardana. Un popolo che, nell’Egitto dei Ramses, era la componente principale della guardia personale del faraone. Alleatisi con i Filistei, provenienti dal Mare Egeo e con altre popolazioni di Cipro e della Libia, tentarono di rovesciare prima Ramses III poi suo figlio Merenptah. Sconfitti, si rifugiarono temporaneamente in Palestina. Poi sarebbero approdati nell’isola dei nuraghi, insieme a parte dei Filistei.

Le statue di Cabras, rinvenute in pezzi, sono state poi restaurate e ricostruite. Ma, secondo Zedda, l’operazione è stata eseguita unendo i pezzi in modo arbitrario, da farli rassomigliare a tanti Frankenstein di pietra. Rappresentano comunque l’esempio più notevole di scultura tra la fine dell’età del bronzo e l’inizio dell’età del ferro di tutto il bacino del Mediterraneo.

L’archeoastronomia ha rivoluzionato le conoscenze sulle antichità sarde

L’autore, Mauro Peppino Zedda, di Isili, è un personaggio straordinario. Come archeologo e divulgatore scientifico può considerarsi atipico e “fuori dagli schemi”. Nasce agricoltore. Poi si appassiona al movimento delle stelle e compie studi universitari. Scopre l’archeoastronomia e proclama al mondo che le strutture preistoriche sarde (nuraghi, dolmen e tombe di giganti) sono orientate astronomicamente verso punti precisi della sfera celeste.

I suoi studi ottengono consensi internazionali. È invitato a convegni archeologici dove illustra con successo le migliaia di misurazioni da lui effettuate in situ. Su di lui è scritto anche un libro: “Il contadino che indicava la luna”.   Una delle sue “scoperte” più clamorose riguarda i nuraghi polilobati o composti da più torri. Le torri laterali, secondo Zedda, non furono aggiunte in un secondo tempo ma fanno parte di un progetto unico originario. Le postazioni tra una torre e l’altra, infatti, sarebbero punti di osservazione collegati a particolari fenomeni come il sorgere o il tramonto del sole o della luna.

Ciò dimostrerebbe che i nuraghi non furono costruiti a scopo militare ma religioso. Ma a questa considerazione era già giunto, nel XIX secolo, il generale Alberto La Marmora, fratello del più noto Alfonso. Zedda lo conferma, osservando che in nessuno dei più di mille nuraghi da lui misurati abbia trovato tracce di dispositivi di chiusura. Inoltre sembrano esservi state due differenti “scuole” architettoniche per la loro edificazione. Nel Nord Sardegna i nuraghi sono muniti di rampa nel corridoio d’ingresso. Nel sud ne sono privi.

“I Giganti di Monti Prama”, un esempio della grande scultura mediterranea

Nel segno di Orione” non è il primo libro di Zedda. Tuttavia, la sua prima parte è dedicata – più che alle caratteristiche dei “Giganti di Monte Prama” – a una specie di “riassunto delle puntate precedenti”. L’età nuragica, secondo Zedda, non è durata dalla prima apparizione delle strutture (1800 a.C.) sino all’avvento di Cartagine (814 a.C.). Intorno al 1200 a.C., infatti, le costruzioni sono abbandonate e il loro materiale riutilizzato per edificare i villaggi vicini.

In tale periodo si registra, nell’isola, l’arrivo degli “Shardana”, popolazioni levantine da cui deriverebbe il nome “Sardegna”. Ciò è sostenuto da importanti archeologi e orientalisti come la britannica Nancy Sandars e l’italiano Giovanni Garbini. Ad essi si affianca Zedda con le sue ricerche di archeoastronomia. Secondo l’autore, quindi, sarebbe più esatto definire il periodo 1200-814 a.C. “sardo-nuragico”.

I “Giganti di Monte Prama”, databili intorno al 1000 a.C. sarebbero un prodotto dell’arte di questo antico popolo, fusosi con i nativi nuragici, per formare la civiltà “sardo-nuragica”. Zedda si è cimentato a rilevare l’orientamento delle sepolture della vicina necropoli. Quindi ha espresso le proprie considerazioni sul significato delle statue. In precedenza, però, aveva già effettuato misurazioni sul più o meno coetaneo Tempio di Antas, nel Sud Sardegna.

L’archeoastronomia ci attesta influenze egizie ed elleniche

Questo tempio, databile tra il 1200 e l’800 a.C. era dedicato a una divinità che molti studiosi identificano con Sid. Costui era un dio fenicio assimilato all’egiziano Osiride. Le accurate misurazioni di Zedda indicano che il tempio era orientato proprio verso la costellazione di Orione. Quella che gli antichi egizi collegavano ad Osiride, il dio della rinascita. La stessa camera funeraria della grande Piramide aveva un condotto che puntava verso Orione, per facilitare la rinascita del faraone.

Anche l’orientamento delle sepolture della necropoli di Monti Prama è risultato in direzione di Orione. Ne deriverebbe che sia le statue dei “Giganti” che il più antico tempio di Antas siano state realizzate da un popolo che aveva familiarità con i culti funebri degli egizi. Niente a che fare, dunque, con i costruttori dei nuraghi. Questi edifici, infatti – sostiene Zedda – hanno un differente orientamento astronomico.

Per quanto riguarda il significato delle statue, gli arcieri potrebbero raffigurare un Osiride grecizzato. Nel mito greco, infatti, Orione era considerato un arciere. E, per conquistare l’Egitto, gli Shardana avevano guidato una coalizione di popoli provenienti prevalentemente dalle isole greche. Anche le statue che imbracciano uno scudo tenuto al di sopra del capo potrebbero – secondo Zedda – raffigurare personaggi della mitologia ellenica. Lo scudo di Achille, infatti, era coperto di figure relative alla sfera celeste. Tra i personaggi della mitologia greca, colui che sorreggeva la sfera celeste vi era Atlante. Di qui la proposta dell’autore di identificare con tale titano gran parte dei “Giganti di Monti Prama”.

Foto di sl1990 da Pixabay

3 Risposte

  1. Francesco

    Chiaramente gli Sherdanu non indossavano la Panoplia Sarda ne gli elmi Sardi cornuti ma simmetricamente diversissimi. Erano residenti ad Ugarit con nomi Semiti ( Saridanu o Mut Baal) , Circoncisi secondo l’ uso semita, possessori di grandi appezzamenti di vigne e noti per un Santuario in periferia di Ugarit, presso una Quercia sacra detta ” dello Sherdanu”. La Storia va raccontata dalle fonti non dal Fantasy.

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    • Federico Bardanzellu

      Ugarit è situata nel corridoio siro-palestinese; nell’articolo si indicano i Shardana come popolazioni “levantine” che, dopo il fallimento di conquistare l’Egitto si sono rifugiati in Palestina. Da nessuna parte si sostiene che non fossero semiti. Non vedo pertanto contraddizioni con questa parte delle osservazioni del lettore. Per quanto riguarda le fonti, Mauro Peppino Zedda è da ritenersi tale, così come la Sandars e Garbini, citati nell’articolo. A quest’ultimi due rimando per quanto riguarda l’abbigliamento dei Shardana. Faccio presente che nella bibliografia del libro che si recensisce sono citate decine e decine di fonti a supporto delle conclusioni dell’autore.

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