Templi a pozzo in Sardegna e sulla penisola

Templi a pozzo in Sardegna. Intorno al 1200 a.C. si conclude in Sardegna quella che Giovanni Lilliu definisce “La bella età dei nuraghi”[1]. Appaiono nuove costruzioni megalitiche sotterranee: i templi a pozzo. Realizzati con grossi blocchi di pietra disposti a secco, hanno una piccola apertura in alto e una scalinata d’accesso che conduce a una sorgente.  Nel 2014 Anna Depalmas ne ha contati ben 51[2]. Il più famoso per la perfezione della struttura e il più visitato è quello di Santa Cristina di Paulilatino (OR). E’ databile al 1000 a.C. circa.

Le corrispondenze astronomiche dei templi a pozzo sembrerebbero indicare il loro collegamento con i riti della fecondazione. In particolare, nel caso del pozzo sacro di Santa Cristina è stato accertato che la sua apertura permette il riflesso della luna alla sua massima declinazione. Ciò avviene solo ogni 18,6 anni. L’astro lunare, il cui ciclo è così simile a quello mestruale, sembrava predisporre particolarmente alla fertilità ogni essere vivente di genere femminile. La presenza dell’acqua – il liquido amniotico terrestre – assimila tali costruzioni all’utero della madre terra.

Templi a pozzo ad orientamento lunare e solare

I culti delle acque praticati nei pozzi sacri sono con tutta probabilità di provenienza levantina. Ci troviamo, in Sardegna, in un’epoca in cui il culto di Baal, la maggiore divinità canaanea, è introdotto al massimo livello. Il copricapo piumato del Sardus Pater, raffigurato nei bronzetti sardi (1200-500 a.C.), infatti, è esattamente uguale a quello di Baal.

A Ugarit (Siria) Baal è il dio del fulmine ma anche della fertilità terrestre. Feconda la terra tramite la sua linfa vitale, cioè la pioggia [3]. Fu assimilato al Sardus pater alla fine dell’età del bronzo. Dopo di che i sardi hanno voluto sincronizzare la fecondazione della sua sposa Anat (o Anit), rappresentata dalla luna, con l’utero della madre terra, posto in fondo al pozzo sacro.

Ciò non toglie che anche l’elemento solare maschile trova spazio tra i culti praticati nei templi a pozzo. Anche questo è il responso degli studiosi di archeoastronomia. La scalinata di accesso di Paulilatino, infatti, permette il riflesso del sole agli equinozi autunnali e di primavera. Altri due pozzi sacri, il Fontana Coperta di Ballao e Su Puzzu di Orroli, posseggono anch’essi la caratteristica del riflesso della luna alla massima declinazione. Ma la loro scalinata di accesso permette il riflesso del sole al solstizio estivo. Tale circostanza è riscontrata anche nel pozzo sacro di Santa Vittoria di Serri.

Costruzione ipogea sull’acropoli del Monte Circeo

Se attraversiamo il mar Tirreno, troviamo sull’acropoli del monte Circeo una misteriosa costruzione ipogea. Fu esplorata nel secolo scorso da Thomas Ashby (1874-1931). L’opera in questione è una specie di pozzo costruito da blocchi di calcare allo stato grezzo sovrapposti a secco. Ha un’imboccatura circolare di una sessantina di centimetri. Internamente, il pozzo va man mano allargandosi sempre più. Sino a formare una specie di cupola e a raggiungere un diametro alla base di circa cinque metri. La profondità complessiva è attualmente misurabile in sei o sette metri.

Qual era la funzione di questo misterioso pozzo? In una recente pubblicazione dello studioso Sampieri Corrado [4], infatti, emergono alcune interessanti caratteristiche della costruzione sotterranea. Ciò, a nostro parere, confermerebbe la sua funzione cultuale. Il Corrado ha scoperto che un fenomeno che avviene soltanto ed esattamente il giorno del solstizio d’estate (21 giugno). Un raggio di sole penetra obliquamente nel foro dell’ipogeo e va ad incrociare un punto della circonferenza della sua base sotterranea.

Tale circostanza dimostrerebbe la caratteristica della costruzione sotterranea dell’acropoli del Circeo di luogo rituale legato al culto solare. Se torniamo in Sardegna, alcuni archeologi hanno riscontrato identiche caratteristiche astronomiche e costruttive nel nuraghe Is Paras di Isili (CA). Naturalmente, con la differenza della sua collocazione “fuori terra” anziché sotterranea, come i templi a pozzo e la costruzione ipogea del monte Circeo.

Corrispondenze astronomiche con i templi a pozzo e il nuraghe Is Paras

Mauro Peppino Zedda, infatti, ha evidenziato che il rapporto geometrico tra il raggio della base e l’altezza del nuraghe Is Paras determina una perfetta armonia astronomica della cupola con l’angolazione dei raggi solari. Esattamente, anche qui, nel momento in cui il sole passa in meridiano al solstizio d’estate [5].

Inoltre, successivamente alla realizzazione originaria (Età del bronzo recente, XIII-XII sec. a.C.), sembra che all’interno di Is Paras sia stato scavato un “pozzo votivo”. In esso gli archeologi hanno rinvenuto macine, pestelli, ceramiche dell’età del ferro, ciotole carenate, museruole di ceramica [6]. Tale caratteristica, probabilmente, non risale alla sua edificazione originaria

È proprio essa ad accomunare il nuraghe di Isili alla cisterna dell’acropoli del Monte Circeo. Massimo Rassu conferma il riutilizzo religioso dell’Is Paras nell’età del bronzo finale [7]. Probabilmente in tale epoca si provvide a realizzare un foro nella copertura del nuraghe, per modificarne l’orientamento astronomico. Dopo tale adattamento il nuraghe di Isili e l’ipogeo dell’acropoli laziale risultano rivestire un’identica funzione votiva, collegata al culto solare. Riti e culti primordiali, mediterranei ed indoeuropei, che si fondono e si confondono.


[1] Lilliu, Giovanni, La civiltà nuragica, Carlo Delfino, Sassari, 1982.

[2] Anna Depalmas, Il paesaggio del sacro nella Sardegna nuragica: Architetture celebrative e spazi cerimoniali nei luoghi di culto e nei santuari, in: Preistoria e protostoria in Etruria – Atti dell’undicesimo incontro di studi 14-16 Settembre 2012, Centro Studi di Preistoria e Archeologia, Milano, 2014

[3] Massimo Baldacci, La scoperta di Ugarit, Piemme, Casal Monferrato (AL), 1996, p. 112.

[4] Sampieri Corrado, Acropoli di Circei, Grugliasco (TO), 1990.

[5] Mauro Peppino Zedda, Archeologia del paesaggio nuragico, Cagliari, 2009.

[6] Giovanni Lilliu, cit., Sassari, 1982, p. 139.

[7] Massimo Rassu, Shardana e Filistei in Italia, Dolianova, 2004, p. 23.

Nelle foto, il Pozzo sacro di Santa Cristina di Paulilatino (OR)

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