‘Lo zucchero nel cappuccino’, di Federico Bardanzellu, da poco in libreria

lo zucchero

Lo zucchero nel cappuccino” è l’ultima fatica letteraria di Federico Bardanzellu, nostro storico e poliedrico redattore. Il libro è stato pubblicato da Laura Capone Editore, dopo una selezione tra i concorrenti di un concorso indetto dalla casa editrice nel 2021. In precedenza, però, il libro – ancora inedito – aveva conseguito altri riconoscimenti. In particolare: il Diploma d’onore al Premio letterario Nazionale Bukowski, di Viareggio. Un diploma di merito al Concorso letterario Nazionale di Monte Argentario e una segnalazione di merito al Memorial Vallavanti Rondoni di Caorso.

Uno sguardo al curriculum dell’autore, prima di passare alla recensione dell’opera. Laureato in giurisprudenza e in Scienze Politiche ed economiche, Bardanzellu ha iniziato come giornalista e regista nelle TV private. Nel 1981 è stato ammesso all’Albo dei giornalisti-pubblicisti. Due anni dopo è entrato come funzionario amministrativo al Comune di Roma dove ha raggiunto la qualifica dirigenziale. Nel 2012 ha ripreso l’attività giornalistica pubblicando articoli di attualità e cultura, sia sulla stampa periodica che sul web. Da tre anni è felicemente pensionato in cumulo INPGI-INPS.

‘Lo zucchero nel cappuccino’ completa una trilogia dell’autore

Non è la prima opera data alle stampe dal nostro redattore. Alle esperienze saggistiche, ha affiancato una positiva vena narrativa. Dal 2012 al 2020 ha pubblicato sette monografie e dal 2010 al 2018 ha scritto quattro romanzi oltre al presente. “Lo zucchero nel cappuccino”, tra l’altro, completa una trilogia iniziata con “Quei buchi nel muro” e proseguita con “Il fardello del coleottero”.

L’autore, ha voluto mantenere lo stile scorrevole e da “commedia all’italiana” dei volumi precedenti. Il libro è ambientato negli anni novanta del XX secolo, in piena tangentopoli. Il protagonista, ora funzionario pubblico, vede disgregarsi il suo ideale di mettere l’amministrazione al servizio del cittadino. Riesce con grande difficoltà a rimanere fuori dal giro della corruzione. Viene però accusato da un inquisito per essere scagionato. L’accusa, tuttavia, si rivela subito inconsistente ma la fiducia sino allora riposta dal funzionario verso la Magistratura viene meno.

Nella vita privata, inizialmente, il protagonista è ancora l’eterno Peter Pan dei due libri precedenti. Si innamora però di una collega di lavoro che lo convince a sposarsi in chiesa. Durante la preparazione si riavvicina alla religione dopo decenni di agnosticismo e scopre il valore del perdono. Il finale è particolarmente curato, come nei precedenti volumi. Vogliamo però lasciare al lettore il gusto di scoprirlo.

L’autore si è avvalso della sua esperienza nel pubblico impiego per la scrittura del libro

Nella redazione de “Lo zucchero nel cappuccino”, l’autore si è chiaramente avvalso della trentennale esperienza da lui sostenuta nel pubblico impiego. I fatti narrati, tuttavia, ancorché in parte ispirati a vicende di cronaca e di politica dei primi anni novanta, sono di pura fantasia. Gli spunti che vale la pena segnalare non mancano. In particolare la descrizione di alcuni personaggi nati dalla penna dell’autore. Sembrano rispecchiare in pieno il carattere della burocrazia romana ma, come precisato: “ogni riferimento a persone esistenti è puramente casuale”.

Ad esempio «il capo dell’ufficio protocollo, vera stoffa di romano d’altri tempi, per il quale ogni innovazione sapeva di eresia». Tanto che dopo l’introduzione dell’apparecchio fax, suggeriva ai suoi subordinati di telefonare ai destinatari per dettare lo stesso il testo appena spedito. Oppure le usciere che erano adibite a sbucciare i fagiolini, rammendare golfetti e calzini dei più potenti dirigenti e funzionari.

‘Lo zucchero nel cappuccino’, una metafora della corruzione

Un ruolo particolare nel libro è rivestito dal dirigente Gennaro Cannavacciuolo. «Aveva l’aspetto fisico a metà tra quello del cantante Mario Merola e quello dell’attore Paolo Villaggio. Circa cinquantenne, condivideva con il primo i bruschi modi del guappo napoletano e con il secondo l’habitat fantozziano dell’ufficio pubblico».

Per finire, due righe sul titolo dell’opera. “Lo zucchero nel cappuccino” è la metafora scelta per indicare le mazzette che versano i corruttori per indurre gli impiegati a svolgere il proprio lavoro. Tipica la frase di un corruttore seriale, prima di essere mandato a quel paese dal protagonista del libro: «Dimmi chiaramente quanti cucchiaini vuoi nel cappuccino. Uno, due o tre. Per me non c’è problema…».

Foto di Engin Akyurt da Pixabay

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