Liberalizzazione del mercato della droga, favorevoli e contrari

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Due tesi opposte

Sul tema si confrontano da tempo due tesi opposte: quella del cosiddetto “proibizionismo”, che trova attuazione nella legislazione vigente, e quella della liberalizzazione sostenuta da una scuola di pensiero che non coincide con schieramenti politici che ha sostenitori anche di alto spessore culturale.

A conforto del sistema vigente sono intervenuti psicologi e sociologi e mi piace ricordare uno splendido articolo di Ignazio Maiore (pubblicato nel 1984 e ancora attuale e rigoroso) del quale riporto le conclusioni: “Una società dove la droga fosse libera diverrebbe una società con un tasso di criminalità più alto. La quantità di irresponsabili aumenterebbe enormemente; né si vede come sarebbe possibile punire persone che agirebbero sotto l’effetto di una sostanza che altera la mente e la coscienza ma che è venduta dallo Stato.”

Concordo con Ignazio Maiore e sono per la lotta allo spaccio e alla diffusione della droga.

Non prendo posizione sulla liceità delle cosiddette droghe leggere, che poi si riducono alla marijuana, perché c’è una certa confusione sull’argomento.

Nella categoria non includo le anfetamine, vendibili solo in farmacia e dietro ricetta medica ma che sfuggono facilmente a questo apparente sbarramento.

Non le includo perché sono la droga dell’aggressività e della violenza, le responsabili dei pestaggi sanguinosi e delle liti furibonde per un sorpasso o uno sgarbo. Ricordate gli omicidi col cacciavite di una cronaca non lontana?

L’impatto di una liberalizzazione

Il bacino di utenza della droga è rappresentato da una quantità di persone che non sono in grado di indicare numericamente: diciamo che sono parecchi milioni.

C’è un bacino potenziale ben più alto che per fortuna non viene raggiunto dagli spacciatori: è la massa dei prudenti, degli indecisi, dei timorosi della legge, dei benpensanti, di quelli che non sanno a chi rivolgersi di quelli che non hanno soldi, e via dicendo.

La vendita libera o la libera distribuzione allargherebbe a dismisura questo bacino e farebbe della popolazione un esercito di drogati, così come la distribuzione tramite Asl dei tranquillanti ha creato uno stuolo di rassegnati e di psichicamente fragili, sia pure con una bella differenza sul piano del costo sociale e della pericolosità. Senza contare l’enorme aggravio di spesa per la produzione, il costo dell’assistenza medica e quello dell’aumento della criminalità.

Sul piano dell’informazione c’è poi una sorta di monotona unidirezionalità per cui si parla dei danni del proibizionismo e non di quelli dell’uso della droga, acquistata, regalata, venduta a poco prezzo ma comunque diffusa.

La droga sconvolge comunque l’equilibrio psicofisico.

Chi assume droga facilmente compie atti che al livello della propria normalità non compirebbe mai.

La droga, anche quella occasionale, anche quella di evasione che inonda nei weekend le vene dei cittadini e le acque delle loro città, rende ora succubi, ora irresponsabili, quasi sempre aggressivi.

Omicidi efferati dopo 24 ore di fuga, arrestati confessano fin nei minimi particolari il loro delitto come se raccontassero un fatto a loro estraneo, un gesto compiuto da altri, come se rientrassero in un territorio della coscienza del tutto inesplorato.

La droga anestetizza e rende sopportabili amarezze, sconfitte, solitudini, ma fino all’esaurimento dell’effetto, poi tutto riprende come prima e il ricorso alla droga diventa obbligatorio.

E intanto ogni possibile capacità di affrontare il peso della vita scompare e con esso quel minimo di forza morale, di umana dignità che anche il più sprovveduto degli umani nasconde fra le pieghe della psiche.

Proposte e conseguenze

La proposta di liberalizzare la vendita degli stupefacenti da un lato renderebbe la droga diffusa come i cellulari, con tutta la maggior gravità della sua influenza e tossicità, dall’altro costringerebbe lo Stato a farsene distributore onde evitare ai padroni del mercato la regia del rifornimento e dei prezzi che schiavizza letteralmente la platea dei consumatori, come il mercato dei petrolieri condiziona il settore energetico.

Questo monopolio di Stato che si va vagheggiando dovrebbe limitare le dosi vendibili, tesserare i consumatori, creare una orribile schedatura, lasciando sempre un margine insopprimibile di vendite al nero senza limiti di tipologia e di quantità.

Né con tale espediente si darebbe un colpo alla criminalità organizzata che ha sempre trovato un mercato alternativo alla fine d’ogni proibizionismo, potenziando i campi della prostituzione, della pedofilia, degli armamenti, della corruzione, della migrazione, delle frodi commerciali, dello sfruttamento della manovalanza dei disperati o dell’assoldamento dei terroristi

Constatare che fino ad ora la lotta al narcotraffico non ha dato grandi risultati non significa abbandonare ogni forma di contenimento del fenomeno che oltre tutto si alimenta di complicità politiche a livello mondiale

Concordo sul parere che una possibile prevenzione possa attuarsi attraverso una corretta e veridica informazione sui danni devastanti della droga, attuata a tutti i livelli a cominciare dalla scuola.

Sui danni del fumo la campagna è stata capillare, aggressiva, persino assillante e qualche risultato si è ottenuto.

Anche se tutti avvertono l’assurdità rappresentata da uno Stato che informa sui danni del fumo ma poi vende le sigarette.

Io non ho ricette e credo che il problema andrebbe affrontato senza strombazzature miracolistiche e ricette tragicamente banali.

Un problema da affrontare a livello mondiale

In seno all’ONU andrebbe creato un organismo deputato a studiare tutte le componenti del fenomeno e tutte le strategie possibili per affrontarlo, riconoscendo che l’impatto della diffusione della droga sulla condizione umana, sulla civiltà umana, sulla salute della specie è grave quanto quello del cambiamento climatico e della crisi ambientale.

Oggi tutto avviene invece in modo scoordinato, settoriale, regionale pur con tutta l’abnegazione, il sacrificio e il coraggio degli organismi impegnati.

Concordo altresì sul fatto che la fuga verso la droga e l’impiego di spicciola mano d’opera distributrice nasca dalla povertà, dall’ignoranza, dall’emarginazione sociale, e qui il discorso sulla prevenzione si fa più importante e più difficile ma, pur essendo una strada obbligata riguarda lo strato infimo dell’organizzazione criminale, il ruolo dei piccoli spacciatori e quello dei clienti sprovveduti…

Una strada che può produrre effetti solo nel lungo periodo, nei decenni.

Nel breve periodo occorre mantenere la repressione e potenziarla rendendosi conto che quella contro le grandi mafie che governano il mercato è una vera guerra fra Stati-Nazione e Organizzazioni criminali extra e sovranazionali.

Questo non è giustizialismo (termine di uso propagandistico) ma appello ad una giustizia vera, quella che nel lessico Dantesco significa giustificazione e salvezza.

Foto di Michal Renčo da Pixabay

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