Le nuove rotte commerciali passano a Nord. E intossicano il Polo

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Con lo scioglimento dei ghiacci artici si aprono per l’uomo nuovi orizzonti. Acque che prima erano impraticabili per molti mesi all’anno, oggi si rivelano rotte commerciali veloci e convenienti, che fanno gola alle grandi potenze mondiali. La prima, il cosiddetto Passaggio a Nord Est, collega il mare del Nord all’Oceano Pacifico attraverso lo stretto di Bering. La seconda, meno facile da percorrere ma in parte già agibile, è il Passaggio a Nord Ovest, che mette in comunicazione Oceano Atlantico e Pacifico passando a nord delle coste canadesi anziché attraverso il Canale di Panama.

I primi a intuire le potenzialità di queste scorciatoie sono stati i russi: le loro navi transitavano dal canale di Suez e ci mettevano quindici giorni, ora in soli dieci giorni arrivano dalla Siberia alle coste della Cina.
Gli Stati Uniti non intendono certo lasciare la Russia sola a spartirsi il controllo delle nuove rotte e già diffondono cifre da capogiro sulle aspettative di crescita del trasporto cargo via Polo Nord.

La lista degli inconvenienti, tuttavia, supera di gran lunga i benefici e a farne le spese è soprattutto l’ecosistema locale. Più navi infatti significa traffico, incidenti, riversamento in mare di sostanze tossiche, rilascio di CO2 nell’acqua e nell’aria. Il costante scioglimento dei ghiacci ha già provocato l’innalzamento del livello delle acque, della loro acidità e della loro temperatura. Cambiamenti impercettibili ad occhio nudo, ma in grado di sconvolgere le capacità di sopravvivenza e riproduzione delle specie che abitano da millenni il Polo Nord. Verranno costruiti porti di soccorso che modificheranno il paesaggio e aumenterà il numero delle navi rompighiaccio in circolazione, pronte a soccorrere i mercantili in difficoltà.

Diversi studi hanno dimostrato una correlazione tra l’aumento dell’inquinamento nelle acque artiche e l’incidenza tumorale negli esquimesi. Tutta la catena alimentare viene contaminata da sostanze cancerogene, dai microrganismi acquatici fino all’uomo, passando per i pesci e le foche, della cui carne grassa e nutriente gli esquimesi si nutrono per ripararsi dal freddo. Proprio il grasso di foca tende ad immagazzinare le percentuali maggiori di sostanze nocive, come il DDT e il PCB utilizzato nell’industria delle materie plastiche. Dal grasso di foca al sangue degli esquimesi, insomma, il passaggio è breve. E così, tristemente, la globalizzazione accomuna noi occidentali che abitiamo le metropoli più inquinate della Terra ad un popolo che la globalizzazione la vive, da sempre, ai margini.

Eleonora Alice Fornara

foto: learner.org

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