L’Ascensione del Signore, una delle feste più importanti della vita cristiana sin dalle origini della chiesa

Ascascensioneende il Signore tra canti di gioia” (Sal 46). Il ritornello del Salmo responsoriale ci introduce nella solennità dell’Ascensione del Signore, una delle feste più importanti della vita cristiana, sin dalle origini della chiesa. Con questa celebrazione, un ponte tra la festa di Pasqua e quella di Pentecoste, si chiudono i giorni nel corso dei quali Gesù risorto “si mostrò vivo ai suoi discepoli” (At 1, 3). Oggi accogliamo il compimento della grande promessa che Gesù pronunciò ai suoi discepoli nella notte del Giovedì Santo: “Riceverete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi” (At 1, 8).

Sia nella prima lettura che nel Vangelo, il momento dell’Ascensione di Gesù in cielo è descritto con verbi al passivo: “fu elevato in alto(At 1,9) e “veniva portato su, in cielo” (Lc 24,50). Coloro che hanno redatto i testi sacri vogliono mettere in risalto la figura del Padre, ma soprattutto l’opera del Padre che, anche questa volta, si realizza in Gesù mediante lo Spirito Santo. È una nube che sottrae Gesù agli occhi dei discepoli, un simbolo biblico questo, che ci pone dinanzi al mistero insondabile della SS.ma Trinità, e cioè: il Padre che dimora nel Figlio e il Figlio che dimora nel Padre, sin dall’eternità. E l’amore espresso tra il Padre e il Figlio genera lo Spirito. Ma focalizziamo l’attenzione sull’atteggiamento degli apostoli che “fissano il cielo”, quasi a trattenere ancora Gesù là in mezzo a loro e “si prostrano, compiendo quel gesto che spetta solo a Dio, e cioè l’adorazione.

Carissimi, non ci meravigliamo, perché a volte capita anche a noi di trattenere Gesù, di imprigionarLo nella nostra povera umanità, riducendoLo a un mero bisogno o ad un nostro modo di vedere e pensare. Cosa dice a noi credenti l’evento dell’Ascensione del Signore? Questo misterioso avvenimento libera Gesù dalle nostre catene e ci apre ad una convinzione sempre più profonda: Egli è realmente uomo e realmente Dio; quest’evento ci fa piegare le ginocchia per riconoscerLo come il solo Signore della nostra vita. Salendo al cielo, Gesù non abbandona definitivamente la terra né si separa dalla storia, ma ci formula una promessa: “Riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni fino ai confini della terra” (At 1,8).

Cari amici, esprimiamo i nostri sentimenti di gratitudine verso Dio perché ci ha inviato il dono dello Spirito Santo: senza lo Spirito non ci sarebbe mai stata la Chiesa! È proprio la potenza dello Spirito Santo che ci rende testimoni credibili della sua risurrezione; è il suo dinamismo, la sua invincibile forza che rende la Chiesa missionaria e vocazionale. “Mi sarete testimoni fino agli estremi confini della terra (At 1,8). Che responsabilità questa, per la chiesa del passato, del presente e per la chiesa di domani! E Dio solo sa quanto sia urgente che lo Spirito Santo continui a promuovere senza sosta una nuova primavera vocazionale. Penso a tanti nostri ragazzi, adolescenti, giovani e adulti, ma soprattutto alle nostre comunità ecclesiali, già mature nella fede e che hanno il delicato compito di aiutare e sostenere coloro che si sono posti in ricerca vocazionale: vocazione alla famiglia, alla consacrazione religiosa, alla scuola, al lavoro, alla sofferenza, alla comunicazione, ecc. Le parole rivolte ai discepoli da parte di quegli uomini dalle bianche vesti valgono anche per noi: “Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?” (At 1,11).

Se ci lasciamo guidare dallo Spirito Santo, sapremo riconoscere chiaramente la visita di Gesù nella nostra vita e in quella dei fratelli. Solo Gesù ci dona ciò che il mondo oggi non ha e non riconosce più: la speranza cristiana, l’ultima speranza. Essa è il grande conforto per il dolore che attanaglia il mondo di oggi in ogni sua dimensione; quella di Gesù è la speranza che nutre i grandi ideali, suscita i santi e i martiri; la speranza cristiana è la melodia che cantano coloro che, come gli Apostoli, sono rimasti su questa terra e con tanta nostalgia attendono da beati il Suo ritorno. Chi di noi, come loro, ha sempre lo sguardo fisso verso il cielo, anche se deve duellare con il pianto di questa valle di lacrime? È triste vedere tanta gente smarrita e confusa, che mentre rincorre con affanno i sogni di questa vita non sa più alzare gli occhi verso il cielo.

Gente che va, gente che viene, che corre, che non si parla o che non si accorge neanche di averti vicino perché è sempre distratta. La quotidianità è diventata una corsa frenetica che si lascia divorare sempre più dagli avidi piaceri del consumismo. E quanto vale, invece, comunicarsi l’amore! Quanto siamo capaci di avere il cuore distaccato dalle false speranze del mondo? Se ci accorgiamo che la stoltezza di questo mondo è pronta a soffocarci, abbiamo il coraggio di aggrapparci alla voglia di Paradiso che è in noi, al bisogno di Dio che grida alla nostra coscienza di essere appagato. Non fermiamoci alla malinconia e alla nostalgia delle cose terrene. Come gli apostoli sappiamo testimoniare ora, su questa terra, la speranza del Cielo, la sola che dà conforto e pace.

Non essendo più fisicamente in mezzo a noi, ora è la Chiesa che rende visibile al mondo il Cristo risorto attraverso una coerente testimonianza di vita. Assieme a Cristo che sale al Padre anche la nostra umanità penetra nell’alto dei cieli. Preghiamo con fede, cari amici, perché la Chiesa continui a camminare spedita lungo i sentieri della storia, confortata dalla presenza amabile del Signore Gesù e, mentre attende di raggiungerLo per sempre in cielo, con fiducia continui a fissare lo sguardo su di Lui, “autore e perfezionatore della fede”, via, verità e vita.

di Fra’ Frisina

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