La tremenda illusione del vitello d’oro

Difficilmente l’uomo della post-modernità, votato al progresso, al consumismo, alla tecnologia sofisticata, alla conquista di nuovi territori reali e virtuali, si pone la questione della salvezza. Le nostre preoccupazioni vertono su tutto, pretendiamo una risposta chiara a tutto, poniamo domande su ogni cosa ma la questione circa la vita eterna non sembra importare più a nessuno. Si fanno avanti, anche tra gli stessi cristiani, filosofie e religioni fai da te, modi di pensare e di agire lontani mille miglia dalla proposta evangelica. Il risultato di questa “babele” detta le seguenti conclusioni: “Siamo già salvi. Siamo tutti in Paradiso. Siamo tutti chiamati alla vita eterna, in nome della misericordia di Dio”. Davvero è proprio così? Penso proprio di no; la salvezza che Cristo ci ha acquistato non viene da noi né dai nostri meriti; ciò non vuol dire che il Signore smetta di amarci o che respinga le nostre preghiere. Il profeta Isaia, nella prima lettura, ci chiama alla speranza e ci parla dell’amore di Dio. Egli, infatti, sempre pronto a venirci incontro, è vicino al suo popolo, manifestandosi, nello splendore della sua paternità, ai vicini e ai lontani. Sì, anche ai lontani, perché il cammino che porta alla salvezza è arduo ed insieme a noi, è percorso anche da persone che non immaginiamo. “Rinfrancate le mani inerti e le ginocchia fiacche” – riprende la seconda lettura. Anche qui, carissimi, un’eco chiara di speranza che ci invita ad accogliere e a fare proprio il punto di vista di Dio che, rispetto al nostro, è oltremodo ampio e lungimirante. La nostra fede porta con sé una prospettiva che non è integralista o settaria, ma che è fondata sulla misericordia e sul perdono. Gesù che percorre le strade della Palestina infatti, annuncia ed è perfetta immagine del Dio della Misericordia e del Perdono. Ma Gesù è anche immagine di un Dio che è teneramente Padre. Quindi, in quanto tale, può e deve correggere gli errori di coloro che Egli ama. “Qual è il figlio che non viene corretto dal Padre?” – continua l’autore della lettera agli Ebrei. Colui che liberamente vuole seguire Gesù, sa che, per essere veramente suo discepolo, deve essere propenso alla correzione. Carissimi, “Gesù, passava per città e villaggi insegnando”, così esordisce il Vangelo di questa domenica. E passa anche nella nostra vita. Il viaggio di Gesù a Gerusalemme è anche icona di un altro cammino, quello del pastore che cerca in ogni luogo della terra la pecora smarrita. Non si tratta di proselitismo o di ricerca di successo. È la misericordia divina che si fa vicina ad ogni umana miseria. Accogliamo l’insegnamento di Gesù che non è cattedratico anzi, parla dritto al cuore e ci sprona alla conversione, al cambiamento di rotta della nostra vita, ci parla di emendamento e di riscatto. Ma la porta della salvezza è stretta, attraverso di essa si entra solo con il sacrificio, con l’impegno, con lo spirito di abnegazione; si entra solo con grande determinazione e volontà decisa. Il cammino verso il Cielo più che una semplice passeggiata, è invece un impegno che richiede tanto sforzo. E il cristiano in quanto tale è pienamente cosciente di questa dimensione sacrificale che lo apre alla dimensione della testimonianza e del martirio. Cristo, via, verità e vita, è anche la porta, quell’ingresso attraverso il quale Egli stesso ci introduce al cospetto del Padre. È una porta stretta da cui non passa né l’egoismo, né la presunzione, né il protagonismo, né l’autosufficienza, né la presunzione di essere giusti. Tutte queste dimensioni che l’uomo ha ereditato dal peccato e che sviliscono la persona umana, devono morire fuori da essa; inoltre, è stretta perché l’uomo non si salva da sé, non ne ha la capacità; dalle sue piaghe siamo stati guariti (1Pt), l’uomo è redento solo da Cristo. Quando verrà chiusa questa porta stretta inizierà per noi il momento del giudizio. Il tempo della salvezza invece, ha inizio qui in terra, con la nostra nascita e dura fino all’ultimo istante di essa, alle porte della nostra morte. La nostra vita terrena quindi, è il tempo della misericordia di Dio, del pentimento, della conversione, della fede al Vangelo, del cambiamento di vita, dell’abbandono delle opere morte del peccato. Guardiamo, con lo sguardo di Dio, la vita cristiana; oggi molti, forse anche noi, si credono cristiani per qualche pratica che poi non è neanche atto di amore, che non parte dal cuore, ma che è solo esteriorità. Oggi, Gesù, ci invita a guardare con sincerità alla nostra esistenza e ci esorta a fare la nostra scelta. Chiediamoci: “La nostra vita è degna di entrare per la porta stretta?” Che faremo se le nostre opere faranno pronunciare a Dio la tremenda sentenza: Non vi conosco?” Stiamo attenti, ma soprattutto vigiliamo, perché molte sono le illusioni del mondo; tra le tante forse, quella più grande, è rappresentata dalla porta larga che si apre dritta sulla perdizione. I vitelli d’oro costano poco, si comprano a buon prezzo, occupano gran parte della scena di questo mondo e sono una tremenda illusione. L’uomo illuso pensa che l’adorazione di un idolo muto sia la via sicura della salvezza. Le proprie teorie, le personali teologie, i propri modi di pensare, le credenze, i desideri malsani, i fantasmi della nostra mente, la falsa conoscenza di Dio privano Gesù della sua Parola. Egli il Verbo, la Parola, smette di parlare. No, Signore, parlaci ancora, illuminaci con la tua sapienza perché sempre insieme a Maria tua Madre, possiamo professare la nostra fede in Te, unico e sommo Dio, vivo e vero. Amen.

Fra Frisina

Nell’immagine,The Adoration of the Golden Calf”  l’opera di Nicolas Poussin

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