Ippopotamo ingoia un uomo: viaggio da incubo nelle fauci del mammifero 

Un uomo sopravvive al feroce attacco di un ippopotamo. Il mammifero africano l’ha ingoiato e risputato diverse volte, provocandogli 38 ferite 

ippopotamo

Una gita in canoa e l’incontro con il feroce ippopotamo 

Ippopotamo affamato. 9 marzo 1996- Paul Templer, (all’epoca dei fatti 27 anni) era una guida safari esperta, che organizzava escursioni in kayak sul fiume Zambesi, in Zimbabwe. 

Quel fatidico giorno, un amico di Paul che avrebbe dovuto condurre il safari in canoa, aveva avuto la malaria, dunque toccò al giovane guidare il tour.

Nelle acque poco profonde del fiume nuotavano una dozzina di ippopotami e i turisti iniziarono a rivolgere delle domande sulla pericolosità degli animali.

«Si!– rispose Paul- ecco perché staremo lontani da loro».

Tre canoe erano piene di turisti, nelle altre quattro c’erano Templer e tre guide apprendista – Evans, Ben e Mike.

All’improvviso, una delle imbarcazioni fu sbalzata in aria da un grosso ippopotamo. 

Templer, indicò ai presenti un luogo dove potersi rifugiare, poi tornò indietro con il kayak per cercare di raggiungere Evans, che era finito in acqua.

Infine, il buio più totale…

Uno spiacevole viaggio tra le fauci di un ippopotamo 

Paul, impegnato a salvare la vita dell’assistente ricorda «mi avvicinai per afferrare il suo braccio, ma proprio mentre stavo per toccare le sue dita fui circondato dal buio totale. Non provai alcun senso di pericolo. Era come se improvvisamente fossi diventato sordo e cieco».

«Capivo che le mie gambe erano nell’acqua, ma il mio torso era quasi del tutto asciutto. Era come se fossi intrappolato in qualcosa di viscido. C’era un terribile odore sulfureo, come di uova marce, e una forte pressione sul mio petto. Le mie braccia erano intrappolate, ma riuscii a liberarle e sentii con il palmo i peli del muso dell’ippopotamo. Fu solo a quel punto che capii che ero sott’acqua, intrappolato fino alla vita nella sua bocca».

«Vedevo il verde e il blu e la luce del sole sulla superficie dell’acqua. E quando mi guardavo intorno, vedevo il mio sangue che mescolava l’acqua».

Un incubo, una sorta di film al rallentatore

ippopotamo

Il giovane riuscì ad afferrare le zanne e spingersi fuori dalle fauci dell’animale e rimase sott’acqua per un po’. Infine ricominciò a nuotare verso l’amico in difficoltà, ma venne nuovamente ingoiato dall’ippopotamo, per nulla intenzionato a farsi sfuggire il succulento bocconcino. Per la seconda volta, Templer riuscì a sfuggire, ma il pericoloso mammifero riprese ad attaccarlo. 

Questa volta la testa, il collo e le spalle pendevano da un lato della sua bocca, e dall’altro fuoriusciva il resto del corpo, dalla vita in giù.

L’ippopotamo inferocito scagliò il giovane per aria e mentre cadeva, lo riprese con la bocca, stringendolo talmente forte che «ho pensato che mi avrebbe tritato a metà», dichiarerà Paul.

Il ragazzo si aggrappò ancora una volta alle zanne dell’ippopotamo. «Quando mi portava sott’acqua, potevo trattenere il respiro e quando veniva in superficie, respiravo profondamente. Questo è andato avanti per un po’ e poi l’ippopotamo si è stancato e si è tuffato in acque profonde. Era una specie dil film al rallentatore».

Il coraggio di una guida salva la vita a Templer

A quel punto, Mike, una delle guide, iniziò a remare fino a raggiungere il giovane. 

Una volta portato in salvo, strappò alcune camicie e le legò strette nei punti in cui il collega aveva delle ferite profonde. Nel frattempo Ben, l’altra guida, remò per trovare Evans ma era buio, e non c’erano tracce di lui nei dintorni.

Il suo corpo fu ritrovato privo di vita due giorni dopo, ma senza graffio: era annegato.

Trentotto ferite: il “ricordo” dell’ippopotamo

Dopo otto ore di viaggio per raggiungere il primo ospedale, Templer fu operato. Aveva addosso ben 38 ferite da morso.

Le braccia e i gomiti erano ridotti in poltiglia, le zanne avevano lacerato le sue spalle, i piedi, la parte posteriore del collo, la testa, la parte superiore della colonna vertebrale, la parte anteriore del viso e le guance. Aveva inoltre un polmone forato e il tendine d’Achille strappato.

Ritorno nel luogo del delitto 

Paul tornò al fiume non molto tempo dopo essersi ripreso dall’incidente, viaggiando in canoa con una pagaia singola su misura. L’ippopotamo era ancora lì e il giovane iniziò a urlargli contro talmente forte da farlo spaventare. «Non l’ho mai più visto, disse Templer».

Da allora Paul non ha più praticato il safari a tempo pieno, è diventato un oratore motivazionale e condivide la sua miracolosa storia di sopravvivenza in tutto il mondo. 

Ha persino scritto un libro intitolato What’s Left of Me in cui narra la terribile vicenda.

Fonti: 7news.com.aubbc.com

Fonte foto: archivio InLibertà

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata

Per inserire il commento devi rispondere a questa domanda: *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.