#iorestoacasa, Forza Italia!

Storia di un marchio pubblico

In questi giorni di forzata permanenza in casa si presta maggiore attenzione alle cose; specialmente a quelle che, nella vita “ordinaria”, avrebbero meritato maggiore considerazione e tutela, ma che – nella distrazione generale – sono state accettate e “subìte” nel corso del tempo senza particolari resistenze.

 Un spunto di riflessione viene offerto da un recente commento apparso su Facebook; si trattava di una considerazione relativa ad un programma televisivo: «Ma è proprio necessario che lo spot di Rai Sport finisca con “Forza Italia”»? L’interrogativo, che voleva essere soltanto ironico, era di un eccellente e famoso giornalista, il quale sollecitava una sorta di ‘par condicio’, auspicando una analoga versione della sigla televisiva utilizzando la denominazione “Italia Viva”.

Molti anni fa, in effetti, lo slogan più diffuso (condiviso ed universale, specialmente nel mondo sportivo) era appunto “Forza Italia”: il grido di tutti gli italiani che sostenevano le nostre squadre nelle competizioni internazionali (in particolare la nazionale di calcio); ma, da quando è stato fondato quel partito politico che ha assunto proprio questa esatta denominazione, improvvisamente si è smesso di gridare o scrivere questa “esclamazione” in modo spontaneo. Nessuno ce lo avrebbe impedito, ma … insomma, abbiamo tutti avvertito un senso di imbarazzo (o addirittura di contrarietà); oppure – più semplicemente – abbiamo preferito non correre il rischio di essere fraintesi.

Insomma, all’improvviso quello storico ed universale slogan non è stato più utilizzato, ed è scomparso dal vocabolario della tifoseria sportiva. Nulla era più come prima.

Da una rapida ricerca è emerso che il nome si ispirava allo slogan Forza Italia! utilizzato nella campagna elettorale della Democrazia Cristiana del 1987, curata dal pubblicitario e accademico Marco Mignani. Ma i responsabili del nuovo partito pensarono di registrare il marchio presso l’Ufficio Marchi e Brevetti: i primi due depositi risalgono al 24 giugno 1993, curati da una società fiduciaria di Milano; assicuravano la tutela dei marchi d’impresa per ben 13 classi di merci e servizi. Sono seguiti ulteriori 11 depositi integrativi, fino al 2008, attraverso i quali le classi merceologiche sono arrivate fino a 21.

Viene da domandarsi se la registrazione di quel marchio – con l’indicazione geografica (Italia) – poteva essere vietata ai sensi dell’art. 13 Codice Proprietà Industriale; niente da fare: non sarebbe stato possibile impedirlo, poiché tale divieto non è affatto un divieto assoluto. È infatti consentito registrare un nome geografico che, in relazione al servizio o al prodotto, non si presenti come indicazione di provenienza, ma come nome di fantasia. Quindi, sulla base di questa disposizione normativa, “Forza Italia” (con il quale il partito non intendeva indicare la provenienza geografica dei propri “prodotti”) venne considerato come denominazione di fantasia, e – in quanto tale – un marchio legittimo ed utilizzabile.

Però (si potrebbe obiettare) quelle due parole costituiscono uno “slogan” collettivo, un modo di dire, una locuzione condivisa da tutto il popolo… niente da fare un’altra volta: secondo la giurisprudenza dell’Unione Europea il ‘marchio-slogan’ è sempre registrabile, purché abbia carattere distintivo: a prescindere dal suo significato promozionale, infatti, deve avere qualcosa che permetta al pubblico di percepirlo come indicatore dell’origine commerciale dei prodotti o dei servizi che lo stesso contraddistingue. In effetti, l’articolo 4 del Regolamento sul marchio UE prevede che “Possono costituire marchi UE tutti i segni, come le parole, compresi i nomi di persone o i disegni, le lettere, le cifre, i colori, la forma dei prodotti o del loro imballaggio e i suoni”.

Quindi nulla vieta di registrare come marchio uno slogan pubblicitario o di fantasia.

Insomma, sembra proprio che la registrazione del marchio-slogan “Forza Italia” sia stata pienamente legittima, frutto di un’abile e geniale operazione giuridica con la quale, profittando del rigore formale della normativa vigente, si è trovato il modo (legittimo) per sottrarre alla collettività una frase appartenente a tutti, e attribuirla ad un partito politico per contraddistinguere i propri beni e servizi su cui poter ‘apporre’ il marchio (ripeto … per ben 21 classi merceologiche!).

Però è innegabile che quelle due parole – messe insieme – abbiano sempre costituito uno slogan collettivo, una storica esortazione popolare che – richiamando la nostra nazione – può essere ricondotta al concetto di res publicae – senza esagerare – a quello di patrimonio culturale immateriale. La questione merita un ben diverso approfondimento.

Nonostante tutto questo, è bello vedere che le persone – attraverso varie forme espressive – inizino spontaneamente a “riappropriarsi” di quella storica esortazione sportiva; c’è un ritrovato orgoglio nazionale che, facendo vincere ogni passato imbarazzo, mostra una tardiva reazione di sdegno a quella (seppur legittima) “sottrazione” del nostro grido più amato. A partire quella sigla del programma televisivo della RAI, fino al web e agli striscioni sui balconi: finalmente ricompare sempre più spesso la scritta “Forza Italia”!

A nessuno viene in mente, però, di usare la frase “Italia Viva”. In effetti, la scelta di assegnare ad un partito questa locuzione è stata molto meno astuta e del tutto ‘innocua’ per la collettività; sarà interessante verificare se la registrazione di questo marchio del nuovo partito verrà autorizzata dall’Ufficio Marchi e Brevetti (la domanda è stata depositata il 26.9.2019 ed è ancora in fase di esame).

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