In un mare di libri a Ventotene

Quando si pensa all’”ultima spiaggia” viene subito a mente quell’attimo di disperazione che porta al compimento di un atto rimediale o quantomeno legato ad un tentativo di chiusura verso qualcuno o qualcosa. E invece no. Stavolta, nel mezzo del mare aperto dell’isola pontina più lontana da terra, si apre una grande piazza dove spicca una magnifica libreria che si chiama così, ordinata come se fosse quella di casa propria, decorata con tante piccole mongolfiere appese dappertutto per evocare il rito annuale della patrona Santa Candida che si celebra da sempre per annunciare l’imminente arrivo dell’autunno.

Succedono cose importanti a Ventotene, da sempre.

Luogo di confino e di carcere duro a Santo Stefano, sofferto da eroi del Risorgimento e da perseguitati politici dell’ultima guerra, nel corso di essa ha ispirato e profetizzato, attraverso il celebre omonimo “Manifesto” di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni e Ursula Hirschmann, la nostra Europa Unita che oggi vive questa stagione così tristemente difficile.

E proprio sulla soglia della libreria Ultima Spiaggia, ti accoglie Fabio Masi che ne è il proprietario, lasciandoti ammirare subito la sapiente esposizione delle numerose opere letterarie che ruotano sui temi dell’isola, in gran parte editate dalla casa che porta lo stesso nome della sua libreria, così offrendo uno spazio per tutti davvero interessante anche dal punto di vista letterario generale, ove la selezione delle opere in vendita privilegia quelle che sono frutto del Festival Letterario “Gita al Faro”, giunto alla sua ottava edizione e concluso pochi giorni fa, a suo tempo nato da un’idea sua e di Lidia Ravera.

Gli autori si presentano agli isolani

Il “faro” di Ventotene, ben lontano da quello di Skye nelle Isole Ebridi in cui si svolge la “gita” raccontata da Virginia Wolf e il cui romanzo ha dato spunto al nome del festival, beneficia oggi della direzione artistica di Loredana Lipperini, giornalista e scrittrice, che collabora da molti anni con le pagine culturali di “la Repubblica” e “Il Venerdì” e che è fra i conduttori di Fahrenheit su Radio Tre.

Ma soprattutto Loredana è mia cugina: da sempre passiamo insieme la villeggiatura estiva nei paraggi di Plestia, antica città romana sul confine umbro dal lato della marca più sibillina di tutte, ove l’eredità delle nostre nonne native di lì si sprigiona attraverso interminabili passeggiate nei boschi a chiacchierare e a confrontarci sullo scorrere della vita; quest’anno il nostro rito ha avuto questa deliziosa anticipazione sull’isola delle lenticchie più buone del mondo.

Tra scrittori di pregio, persone attive nello staff superefficiente e lavoratori locali felici di collaborare ed offrire ospitalità, si è creato un ambiente gradevolissimo che – ogni sera e per tre giorni consecutivi – ha lasciato creare uno spontaneo anfiteatro di spettatori all’ascolto degli autori che raccontavano e leggevano a tratti le loro opere, condotti da Loredana che è sempre riuscita a creare straordinari collegamenti tra una storia e l’altra.

La stessa Veronica Raimo ha chiesto al pubblico un appaluso speciale per Loredana quando lei, introducendo il suo Miden che racconta un tratto di sofferenza umana nel percorso giustiziale del popolo per una vicenda ingiusta, svolto in un paese immaginario e immaginato come un posto tranquillo e ordinato che soddisfa tutti, è riuscita a collegare col criterio del linguaggio alcuni passaggi di Parole in gioco di Stefano Bartezzaghi che ha divertito tutti, anche col cruciverbone finale del terzo giorno, spiegando la semiotica del gioco linguistico in tutti i campi dello scibile, avendo egli ripescato combinazioni lessicali storiche di ogni stile e cultura con adattamento al dialogo contemporaneo.

Tra loro, con una storia sull’abbandono irreversibile attraverso l’amore folle di una donna non più giovane per un cane randagio col carattere difficile, che prima salva ma che poi spezza, Romana Petri racconta col – Il mio cane del Klondike – una storia molto forte in cui il tema della morte viene vissuto come “…quell’interruttore che spegne le emozioni”.

La sera precedente, grazie al duetto tra Giusi Marchetta e Laura Pugno, ove la prima racconta – col Dove sei stata – la delicata storia del giovane avvocato torinese che torna nella natìa Caserta nella propria anomala casa (che è la Reggia ove il papà fa il guardiano) per scoprire le ragioni dell’abbandono subìto dalla mamma tra il mistero e le anomalìe degli ambienti camorristici, mentre la seconda – con La metà di Bosco – narrando la vacanza in Grecia di un medico stanco e ormai solo che assiste all’ annegamento di una ragazza caduta in mare che poi si scopre essere stata uccisa con un colpo d’arma da fuoco, fa iniziare il viaggio di iniziazione al lutto nel bosco di Krev dove le persone che muoiono tornano a vivere per il breve tempo necessario per salutare i loro cari, svelare i segreti o  chiuderli per sempre, si è respirata un’aria diversa, forse surreale, quasi magica.

Formidabile in chiusura Maurizio di Giovanni con Sara al tramonto, la storia di una poliziotta in pensione con un passato difficile per aver sempre lavorato in un’unità investigativa legata ai Servizi, se pur attraverso attività non autorizzate e “molto confidenziali”.  Ambientato a Napoli, Sara è “vedova” del compagno per il quale aveva lasciato il marito e il figlio ancora piccolo e non si è mai accorta che il tempo le scivolava via mentre si occupava dei segreti altrui; il suo uomo era ai vertici della sezione investigativa e lei era diventata ossessivamente meticolosa ed analitica nel proprio lavoro. Da un passato di moglie infedele e madre inesistente, tenta adesso di restituire un senso alla propria esistenza vendicando, come giustiziera invisibile, le persone che soffrono a prescindere dalla legge, che poi si rivela sempre più spesso inutile.

E merita una menzione particolare la presenza costante del giovane Carlo “Charlie D.” Nan della Scuola Holden di Torino (Storytelling & Performing Arts), il quale, con la sua freschezza partecipativa, ha reso l’atmosfera ancora più gradevole; promessa certa della letteratura contemporanea, vale la pena di riportare un pezzo tratto dal suo romanzo La finta vita di Kolomon Moore, per la precisione l’inizio del capitolo 2: “Se la città fosse pura elettricità, io ne sarei un impulso. Sarei corrente che scorre tra i tralicci, tra queste strade; Anche il tram che corre tra gli strombazzamenti, qualche grido, i venditori ambulanti in sosta alla fermata di via Gramsci. Ho preso il 20, parte da Sampierdarena e arriva alla Foce.” 

Dopo l’ennesima cena a base di pesce appena pescato, tra il piacevole suono del pianoforte con Valerio Vigliar e un forte vento adeguato al nome dell’isola, il festival si è chiuso con la lettura dei racconti scritti estemporaneamente degli autori nel finale denominato Alla luce del faro, l’isola inventata dagli scrittori in omaggio a tutta Ventotene, all’Ultima Spiaggia e con il saluto volto all’invito della prossima edizione già fissata tra il 18 e il 24 giugno 2019.

Occasione da “non perdere” per chi non c’è mai stato, da “ritornare” per chi ha invece avuto il piacere di “saggiare”.

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