Il nostro tempo ha bisogno di uomini speranzosi e che, come i Magi, abbiano molto coraggio

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Nella ricorrenza odierna tutta la Chiesa celebra la festa della luce; Cristo, che Liturgia delle ore definisce “il sole di giustizia apparso all’orizzonte dell’umanità”, è la luce del mondo che si è resa visibile in tutto l’universo. A Natale la liturgia ci faceva pregare così: “Oggi una grande luce discende sulla terra”; in questo giorno, altrettanto luminoso, questa stessa luce si irradia anche nel firmamento e, visibile a tutti, sotto forma di misteriosa stella, squarcia ogni tenebra. È ciò che testimoniarono alcuni Magi, giunti da Oriente a Gerusalemme (Mt 2,1-2) perchè attratti fortemente da questa stella. Un’ulteriore prova questa che, come preannunciavano le divine Scritture, anche il cielo e la terra, il cosmo e la storia avrebbero annunciato la nascita del Re dei re. E quella stella, il cui senso però venne compreso solo da pochi, apparve proprio per tutti. L’evangelista Giovanni infatti, nel suo Prologo scrive: “La luce splende nelle tenebre ma le tenebre non l’hanno accolta” (Gv 1,5). In altri termini, il nostro Salvatore è nato per tutti ma non tutti lo hanno accolto. Il simbolo della luce poc’anzi accennato, in riferimento alla nascita di Cristo, esprime la speciale benedizione che Dio diede alla discendenza di Abramo, destinata ad estendersi a tutti i popoli della terra. Il racconto della visita dei Magi ci rimanda così alle nostre origini, precisamente ad Abramo. Dopo la vicenda del peccato e quindi, con la chiamata di Abramo, Dio vuol fare dell’umanità una sola famiglia perché, a differenza delle precedenti, essa rappresenti una benedizione in mezzo a tutte le genti (Gn 12,1-3). La bellezza della nostra fede sta nel fatto che tale progetto divino è tuttora in corso ed ha avuto il suo momento più alto con l’ingresso di Dio nel mondo, cioè con il mistero di Cristo. Questo disegno è ancora in atto e lo sarà finché Cristo non verrà accolto definitivamente dall’uomo e dalla sua storia, di fedeltà per ciò che riguarda Dio e, purtroppo, storia di infedeltà per ciò che riguarda gli uomini. Ecco perché la Chiesa di Dio, figura dell’antico Israele e quindi depositaria nel tempo della promessa fatta ad Abramo, vive il suo tempo storico, segnata dalla tensione tra il “già” e il “non ancora”. Tutto è già stato rivelato ma non ancora pienamente. Carissimi, cosa ci dice il mistero dell’Epifania? L’arrivo dei Magi rappresenta l’adesione di tutti i popoli della terra al messaggio di Cristo; i Magi ci parlano dell’uomo che, assetato di verità, si mette in cerca dell’acqua e che, dopo averla trovata, vuole cercarla ancora. Il mistero dell’Epifania, inoltre, richiama anche quello della Pentecoste: i Magi, infatti, sono un’icona lungimirante che annuncia il grande segno della “Chiesa poliglotta”, mistero che successivamente, viene attuato dallo Spirito Santo, cinquanta giorni dopo la Pasqua. La Chiesa lungo i secoli ha sempre annunciato, senza mai stancarsi, l’amore fedele e tenace di Dio. E questo stesso amore è quel mistero annunciato da san Paolo nelle sue Lettere, ma anche nel brano della Lettera agli Efesini, proclamato nella seconda lettura di oggi: tale mistero “gli è stato fatto conoscere per rivelazione” (Ef 3,3) e Paolo, modello di ogni cristiano, è esortato a divulgarlo. La fedeltà di Dio ha sempre rappresentato la speranza della storia e la Chiesa, che in ogni epoca vive questa storia, è a servizio di questo mistero di benedizione a favore dell’intera umanità. La Chiesa compie questa missione quando è capace di riflettere la luce di Cristo che oggi contempliamo nel mistero dell’Epifania. Fedele a questa missione, la comunità ecclesiale, nel suo piccolo, aiuta i popoli del mondo ad incamminarsi sulla via della pace e del vero progresso. Infatti, la parola di Dio, rivelata per mezzo del profeta Isaia, ci dona una speranza in più: “Le tenebre ricoprono la terra, nebbia fitta avvolge le nazioni; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te” (Is 60,2). Il profeta parla agli abitanti di Gerusalemme, ma ciò che profetizza si compie per la Chiesa di Dio: “Cammineranno i popoli alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere” (Is 60,3). Guardando allo scenario storico della nostra epoca e considerando la sua veloce evoluzione che investe ogni campo, è chiaro che c’è bisogno di questa speranza in più, e “Questa grande speranza può essere solo Dio, non un qualsiasi dio, ma quel Dio che possiede un volto umano” (Spe salvi n. 31): il Dio che si è manifestato Bambino a Betlemme e Crocifisso-Risorto a Gerusalemme. Tutti, forse almeno una volta nella vita, abbiamo sperimentato che se manca la “vera speranza”, si cerca la felicità laddove non c’è, dando sfogo per es. al piacere dell’ebbrezza, a tutto ciò che è superfluo, ad eccessi inutili, rovinando prima se stessi e poi il mondo. La moderazione e la sobrietà non sono solo una sorta di regole ascetiche; tutt’altro! Nella misura in cui esse vengono praticate possono rivelarsi efficaci vie di salvezza per se stessi e per l’umanità. Per questo il nostro tempo ha bisogno di uomini speranzosi e che, come i Magi, abbiano molto coraggio. L’esempio dei Magi, che tra mille e mille difficoltà intrapresero un lungo viaggio illuminati dalla luce di una stella, ci infonda questo coraggio. Al termine del loro viaggio seppero inginocchiarsi per adorare un Bambino e per offrirgli i loro doni preziosi: chiediamo anche noi questo coraggio e, ancorati a Cristo, che è la sola speranza per tutta l’umanità, proseguiamo il nostro pellegrinaggio terreno accompagnati da un’altra luminosissima stella, da Maria, Madre e dispensatrice di ogni speranza. Amen.  

Fra Frisina

Foto: presepeviventepolignano.it

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