Il Nome di Cristo volente o nolente giunge facilmente anche fuori dai confini della chiesa

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In compagnia di Gesù e dei suoi discepoli anche noi vogliamo continuare il cammino verso Gerusalemme. Questo percorso conduce ogni uomo verso la verità degli insegnamenti di Gesù, il cui messaggio per essere accolto e vissuto adeguatamente necessita di chiarimenti.

Lo notavamo già domenica scorsa, il Vangelo lo evidenzia anche oggi: al fine di fare chiarezza circa alcune affermazioni, Gesù interviene ancora una volta con l’autorevolezza della sua parola, chiara ed incisiva. Tutto il vangelo è meraviglioso ma il brano evangelico di questa domenica (Mc 9, 38-48) è impareggiabile. Da poco, Gesù ha interrotto la discussione su chi tra i discepoli fosse il più grande, definendo risolutivamente ciò che da quel giorno regolerà ogni tipo di relazione all’interno della sua piccola comunità: “Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti” (Mc 9,35). Ed ecco che ancora una volta, attraverso la voce di Giovanni, compare sulla nostra scena l’incomprensione dei discepoli: “Maestro, abbiamo visto uno che scacciava i demoni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato, perché non ci seguiva”.

L’atteggiamento di Giovanni è quello di chi si sente in dovere di difendere la propria comunità da presunte minacce esterne. Il suo atteggiamento vuole delimitare con precisione i confini tra il recinto dei Dodici e ciò che sta fuori, credendo che i soli detentori del potere carismatico siano soltanto i suoi amici condiscepoli. Anche nell’A.T. è segnalato un episodio simile, riportato nella prima lettura di oggi (Nm 11, 25-29). Nel libro dei Numeri, infatti, leggiamo che due uomini, sotto l’azione dello Spirito, profetizzano pur senza essersi recati all’assemblea di Mosè e dei settanta anziani; Giosuè, quindi, chiede a Mosè di intervenire contro di loro, ma questi risponde: “Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore dare loro il suo Spirito!” (Nm 11,29) Allo stesso modo Gesù, che rappresenta il nuovo Mosè, rimprovera il discepolo Giovanni, dicendo: “Non glielo proibite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio Nome e subito dopo possa parlare male di me. Chi non è contro di noi è per noi”.

La reazione dei discepoli di Gesù è umanamente giustificabile se si considera che la loro profonda frustrazione nasce dal fatto che altri, non facendo parte della cerchia dei Dodici, riescono comunque a compiere prodigi. A questo punto, Gesù insegna loro che il potere del suo Nome – confessato sotto l’azione dello Spirito Santo (cf. 1Cor 12,3) – non può essere ristretto in confini troppo angusti. E lo si vede anche oggi. Il nome di Cristo, infatti, nell’era della veloce comunicazione, volente o nolente giunge facilmente anche fuori dai confini della chiesa. Ed è assurdo pensare che nonostante il Nome di Gesù esprima apertura e servizio universali, diventi sovente tra i membri della grande famiglia umana pretesto di forti contrasti e di profonda separazione.

Nessun uomo sulla terra potrà mai pretendere di avere il monopolio su Dio; il Signore non si può ridurre ad un idolo e non può diventare un’occasione di scandalo, cioè l’ostacolo per inciampare e cadere lungo il cammino della vocazione comune alla santità. È forte la Parola del Signore che nel Vangelo di oggi, a proposito, si esprime con termini alquanto severi: “Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono è meglio per lui che gli si metta una macina da asino al collo e venga gettato nel mare”. Dovremmo imparare a considerare spesso che nella chiesa vi sono tanti “piccoli”, tanti cristiani cioè, la cui fede è più facilmente soggetta a turbamenti (cf. Rm 14,1-23): “chi ferisce la loro coscienza debole, pecca contro Cristo” (cf. 1Cor 8,12). Costoro, che rappresentano le membra più umili e indifese del corpo mistico di Cristo (cf. 1Cor 12,22-27), devono ricevere una maggiore cura, perché forti della Parola del Signore, nel giorno del grande giudizio, mostreranno la loro grandezza, si riveleranno come le membra più vicine al capo, a Cristo, e chiunque in vita le abbia esposte a scandalo dovrà arrossire.

E quanti scandali si consumano oggi sotto i nostri occhi? Per queste situazioni, Gesù usa immagini molto crude: “Se la tua mano ti scandalizza, tagliala. Se il tuo piede ti scandalizza, taglialo. Se il tuo occhio ti scandalizza, cavalo: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, che essere gettato con due occhi nella Geenna”. Queste parole di Gesù, tratte dalla sapienza popolare, non intendono spaventarci ma solo ricordarci le esigenze del suo radicalismo evangelico. Occorre, infatti, rinunciare a ciò che impedisce l’ingresso nel Regno; bisogna praticare cioè, una dura lotta contro il peccato e respingere con forza le cattive inclinazioni che contraddicono l’evangelica comunione fraterna proposta da Gesù nel Vangelo e che ciascun cristiano deve sempre promuovere in virtù del suo Battesimo. Il Signore Gesù ci mette in guardia dal commettere un duplice errore: delineare confini troppo netti con ciò che sta all’esterno del recinto cristiano proprio mentre si è incapaci di mettere in pratica il Vangelo.

Carissimi, il Signore ci chiama a vigilare su noi stessi perché possiamo aprirci al dialogo sereno e costruttivo con chi non può o non vuole aderire alla grande comunità cristiana. Perciò, tutti noi, ancora una volta, siamo invitati a guardare con fiducia all’esempio di Maria SS.ma che nel suo tenero abbraccio sa unire in Cristo tutti i popoli della terra.

Fra’ Frisina

Foto: blog.libero.it/ilnazareno

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