Il misterioso tesoro di Rommel

Peter Fleig è il nome con cui un palombaro tedesco ha trovato notorietà agli occhi della storia. Durante la Seconda Guerra Mondiale ha prestato servizio a La Spezia. Dopo la guerra, raccontò di aver nascosto in una grotta sottomarina, per ordine delle SS, alcune casse sigillate appartenenti a Rommel.

Questa storia inizia in Corea, qualche anno dopo la fine della guerra. Un uomo di origini tedesche, che si presenta con il nome di Peter Fleig, racconta una storia incredibile ad un’intervistatrice locale: afferma di essere l’unico a conoscere l’ubicazione di un favoloso tesoro, ancorato in una grotta sul fondo del mare, tra l’isola d’Elba, Montecristo, Capo Corso e la foce del Golo. Di lui, però, si perdono ben presto le tracce. Seguiamo insieme il filo della sua storia nel dedalo di verità e menzogne che sempre coesistono negli accadimenti nascosti all’ombra del mistero.

Sul finire della Seconda Guerra Mondiale

Nel maggio 1943, qualche giorno prima della caduta di Tunisi, il generale Kesselring, capo di Stato Maggiore di Rommel, fa radunare un inestimabile tesoro, allontanandolo dai territori conquistati dagli Alleati: casse di pietre preziose, oro ed oggetti d’arte, tra cui un quadro di Picasso ed uno di Chagal. E’ il frutto delle razzie dell’Africa Korps. L’intento è di caricare queste ricchezze su una vedetta e farla partire il prima possibile alla volta dell’Italia, in modo che vengano custodite in uno dei presidi tedeschi prima di raggiungere il Führer.

La vedetta parte a settembre, diretta in Campania, dove il tesoro sarebbe stato conservato nel quartier generale di Rommel, ma L’Italia è in subbuglio per l’armistizio appena firmato da Badoglio. Gli alleati sono ora nemici, i nemici alleati. Nel frattempo infuriano combattimenti disperati. L’Italia è un campo di battaglia. Il panorama bellico è improvvisamente cambiato. Il tesoro non può più fermarsi in Italia; deve solo transitarvi in direzione Berlino e lì essere messo al sicuro. Il programma è il seguente: la vedetta sbarcherà a Napoli e, da lì, il tesoro, a bordo di un camion, sarà portato a Roma, che dall’11 settembre è nelle mani dei tedeschi; quindi, da un porto tirrenico nei pressi di Roma, verrà imbarcato per La Spezia; e, di lì, su un camion blindato, proseguirà per Berlino. Tra dire e fare, però …

Mentre la vedetta si avvicina alla costa italiana si erge un improvviso sbarramento. E’ il 28 settembre e Napoli è teatro di una battaglia epica, nota alla storia come Le quattro giornate. Dal Vomero e da Chiaia fino a piazza Nazionale 200.000 napoletani insorgono contro i tedeschi, i quali sono, infine, costretti alla resa. Il primo ottobre, all’arrivo della V Armata americana del generale Clark, Napoli è già liberata.

Ovviamente, la vedetta non può sbarcare in un simile contesto. Sotto il comando dal tenente colonnello Dal, pertanto, si allontana repentinamente, ma, invece di risalire il Tirreno verso La Spezia, come da programma, nel timore di venire colpita dagli aerei nemici, si spinge ad ovest e raggiunge Bastìa, nell’alta Corsica, dove il prezioso carico viene sbarcato e nascosto in un bunker, sotto la stretta sorveglianza di quattro ufficiali delle SS. Qualche giorno dopo, la vedetta riprende il mare e si reca a La Spezia.

E’ il 16 ottobre 1943. Peter Fleig, allora ventiquattrenne, è di stanza alla base navale di La Spezia. E’ molto bravo nel suo lavoro: forte, resistente; il migliore. Il tenente colonnello Dal lo imbarca, in grande segretezza, e lo porta a Bastìa.

Il giorno seguente, dopo un sonno agitato, Fleig, ancora all’oscuro di tutto, viene nuovamente imbarcato sulla vedetta e portato in un punto di mare aperto a circa due ore di navigazione. Lì gli viene spiegato che deve immergersi ed individuare sul fondo roccioso una caverna sufficientemente grande e solida da contenere alcune casse di oggetti. Inutile dire che viene invitato a mantenere il silenzio e che l’invito, considerata la provenienza, è estremamente persuasivo.

Fleig si immerge un paio di volte prima di trovare, a circa sessanta metri di profondità, la grotta ideale allo scopo. Risale a bordo e descrive il frutto della sua esplorazione subacquea. L’esito della spedizione è più che soddisfacente, per gli ufficiali. E’ tempo di rientrare a Bastìa, chiudere gli imballaggi a tenuta stagna e tornare nei pressi di quella grotta per celare il tesoro.

Fleig è, ormai, al corrente di tutto e può accedere, dunque, anche al bunker dei preziosi. Riesce a vedere il contenuto di alcune casse prima che vengano sigillate con catrame e carta bitumata. Resta esterrefatto: una quantità indescrivibile di oggetti di valore racchiusi in sei casse alte e profonde 40 cm e lunghe 80. Un bottino di guerra valutato, allora, più di 400.000.000 di marchi. Un valore assolutamente incalcolabile, oggi.

E’ il 18 ottobre quando, a bordo di un motoscafo mimetizzato, Fleig e gli ufficiali delle SS portano le casse con il tesoro di Rommel al punto X, dove, il giorno prima, era stata individuata la grotta. Fleig si immerge, ma non la ritrova. Evidentemente non hanno seguito con esattezza le coordinate precedenti. Fleig, però, trova un’altra grotta altrettanto capiente e, senza dire che non si trattava di quella già esplorata, risale sollecitando l’immersione delle casse. Il tenente colonnello Dal, con il sestante, individua e segna le coordinate, che Fleig sbircia e si imprime nella mente. Finalmente è tutto pronto per l’occultamento del tesoro. Fleig si immerge e porta le casse, una ad una, sul fondale, fissandole con dei gavitelli all’ingresso della grotta.

Perché Rommel ed i suoi ufficiali hanno voluto celare il tesoro in fondo al mare, invece di portarlo a Berlino dove Hitler lo stava aspettando? Forse un indizio può essere scorto nel carteggio segreto di Rommel, rinvenuto dal figlio Manfred, dove si critica apertamente Hitler. E’ ben possibile, dunque, che il tesoro servisse a finanziare la ribellione degli ufficiali, di cui da tempo si vociferava, cosa che giustificherebbe anche gli eventi immediatamente successivi.

L’arrivo della Gestapo

La sera stessa dell’immersione delle casse, Fleig ed i quattro ufficiali di Rommel tornano a La Spezia, ove era stata riservata loro una villa poco fuori città. Nel cuore della notte, però, il loro sonno viene interrotto bruscamente da violenti colpi all’uscio: la Gestapo irrompe ed arresta tutti. Fleig, nel corso dell’interrogatorio, afferma di non conoscere il contenuto delle casse affondate e di non essere in grado di ritrovarle, stante il fatto che non gli erano state fornite le coordinate del luogo. Versione credibile, dopo tutto. Anche la Gestapo deve pensarla così, poiché, invece di ucciderlo, si limita ad incarcerarlo per un mese. Inoltre, su Fleig non vengono praticati quei trattamenti disumani riservati ai prigionieri ritenuti colpevoli. Una volta liberato, lo si arruola nel battaglione SS diretto in Russia. Lì viene ferito e ricoverato in ospedale fino alla fine della guerra: un percorso fortunato, in fin dei conti.

Diversa sorte è riservata agli ufficiali SS arrestati nella retata di La Spezia, i quali vengono sommariamente processati e giustiziati. La rapida esecuzione di ufficiali appartenenti ad un’organizzazione militare d’elite come la Schutzstaffel (SS), non è cosa comune. L’unica spiegazione possibile, dunque, è che facessero parte di un complotto contro Hitler. Di sicuro, con loro muore anche quel che sanno del tesoro. Unico depositario di quel segreto resta Fleig.

“Il mio tesssoro”, direbbe Gollum

Nel 1948, Fleig organizza una prima spedizione alla ricerca del tesoro con il supporto delle autorità francesi che gli avevano promesso un terzo del valore recuperato. I termini dell’accordo, però, cambiano continuamente e Fleig, capendo che, alla fine, avrebbe avuto non più di qualche spicciolo, fa fallire l’impresa, conducendoli in un punto diverso. Mentre stanno tornando sulla costa, delusi dall’esito dell’operazione, Fleig sottrae loro un binocolo ed una cinepresa sottomarina. Non ha i soldi per una spedizione di recupero in proprio. Cerca di organizzarsi rubacchiando qua e là strumenti utili, ma viene imprigionato a Bastìa.

In carcere gli giunge notizia che alcuni malavitosi locali, sapendo il giorno in cui sarebbe uscito, lo avrebbero atteso fuori per obbligarlo a recuperare il tesoro a loro vantaggio. Alcuni poliziotti, egualmente interessati a spartire il bottino, stringono un accordo: protezione in cambio di una parte del tesoro:  lo fanno uscire qualche giorno prima del previsto e lo scortano, ma lo stratagemma non funziona ed il gruppo viene inseguito a colpi di arma da fuoco. Fleig, rifugiatosi in città presso un presidio di polizia, viene alloggiato sotto scorta all’hotel Grimaldi di Bastìa.

Qualche tempo dopo, conosce un certo “Dick”. Non si saprà mai altro di lui se non che lo protegge sia dalla malavita locale, sia dai poliziotti interessati al tesoro. Con la sua protezione Fleig cerca di organizzare il recupero da solo, ma occorre materiale costoso e difficile da reperire. Si rivolge ad una ditta di Amburgo, specializzata in materiale subacqueo, ed ordina uno scafandro corredato dell’attrezzatura utile a respirare in grandi profondità.

E’ rischioso, però, fare un ordine a suo nome: Fleig è sinonimo di “tesoro nascosto”. Il misterioso “Dick” suo socio, gli fa avere, dunque, documenti falsi. Da quel momento, Peter Fleig è ufficialmente scomparso. Al suo posto c’è un uomo nuovo di cui non sappiamo il nome; un uomo che ritira l’ordinativo ad Amburgo e che, forse, cerca invano il tesoro.

Dal racconto dell’intervistatrice coreana sappiamo che torna in Corsica nel 1954 per dare seguito, finalmente, alla ricerca che lo ha impegnato una vita, ma di lui si perdono le tracce.

Ha trovato il tesoro? E’ morto per mano della malavita locale che aveva gabbato illo tempore? E’ tornato in Corea? Ma, soprattutto, è mai davvero esistito il tesoro di Rommel?

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata

Per inserire il commento devi rispondere a questa domanda: *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.