Il futuro del cinema in Lombardia

Incontriamo il sottosegretario al Cinema della Regione Lombardia, Massimo Zanello, per conoscere le possibilità dell’industria cinematografica in questa regione.

In che direzione va il cinema in Lombardia?

A Milano, a differenza di Roma che vive di finanziamenti statali, c’è la volontà di fare un ragionamento industriale con tutte le aziende che si occupano di tutta la filiera cinematografica. A Milano per esempio si ha una grande capacità per produzioni in diretta come quelle sportive e per prodotti pubblicitari. Bisogna partire da quello che c’è per svilupparlo in un progetto industriale e affiancarlo a un progetto artistico, perché più professionisti ci sono e più si ha la possibilità di trovare il “genio”.  

Soprattutto per i nuovi talenti è difficile trovare una collocazione. In che modo si può puntare sui giovani?

Il modo di puntare sui giovani è quello di un mercato che cresce perché se un mercato è statico è chiaro che chi ha già un curriculum e ha già dato prova di sé, ha una posizione e non si muove. Questo è anche un settore dove non si va in pensione, è chiaro quindi che se c’è una nuova domanda si creano più posti. L’attenzione che noi vogliamo porre su tutto quello che è nuovo sia tecnologicamente che artisticamente aiuterà in questo. Quando è nata la televisione privata i nuovi registi, autori e personaggi che avevano delle qualità sono inevitabilmente emersi. Sui giovani abbiamo sempre un problema: li formiamo, ogni tanto li accompagniamo appena dopo il percorso scolastico e poi li abbandoniamo. Tra la scuola e il lavoro c’è un baratro che difficilmente è colmabile. Bisogna dare un percorso perché sono professioni che affascinano ma che poi si rivelano delle trappole. Anche sul piano universitario c’è stata una proliferazioni di lauree brevi che difficilmente portano risultati.

Quindi è con questo scenario e con questi presupposto che prende forma il Polo lombardo del Cinema?

Quello è un momento formativo importante, il CSC (Centro Sperimentale di Cinematografia) è la scuola italiana di cinema per eccellenza e l’abbiamo ospitata con un investimento notevole aspettandoci buoni risultati.  

Quando era assessore ha lavorato per realizzare il Testo Unico per lo Spettacolo, perché?

In Lombardia c’erano una serie di piccole leggi rimaneggiate negli anni che avevano perso omogeneità. Era un passo necessario per modernizzare i nostri strumenti di intervento. Ha dato molta credibilità alla Regione ed è stato apprezzato dagli addetti al lavoro.  

Tornando al cinema. Se una persona volesse proporre un progetto sul suolo lombardo che tipo di agevolazioni avrebbe?

Con la legge abbiamo costituito un fondo per le nuove produzioni. Siamo abbastanza contrari all’idea di finanziare a fondo perduto regalando soldi purché si produca qui, perché è un progetto di corto respiro. Noi vogliamo sviluppare produzioni locali, volgiamo fare anche un’azione di stimolazione del pubblico abituandolo a frequentare non solo il multisala con l’ultimo colossal americano, che va benissimo perché sono dei capolavori, ma il cinema è anche altro. Lavorando con le scuole, le cineteche, i circoli culturali miriamo a creare un pubblico interessato a una cinematografia diversa, agevolando anche la distribuzione di film che in Italia non arrivano nemmeno ora. Deve esserci richiesta da parte del pubblico perché questo è il patrimonio vero. Io credo che se offriamo una buona proposta il pubblico arriva.  

Cosa ne pensa del cinema come mezzo di promozione turistica?

Credo che la promozione del territorio debba esserci ma non può essere la priorità. Pensare di utilizzare il cinema per attirare turisti va bene, ma credo più nel percorso culturale, più che il marketing mi interessa il prodotto.  

Chiudiamo con una curiosità: c’è qualche film girato in questa regione al quale si sente più legato?

Mi viene in mente “Happy family” di Gabriele Salvatores perché è un bel film ed è stato anche un bel regalo alla città di Milano. Penso anche a “Chiedimi se sono felice” di Aldo, Giovanni e Giacomo con una partita di basket surreale ma bella sotto la Loggia dei Mercanti. Non posso dimenticare Olmi, ma nemmeno le commedie con Celentano, Pozzetto, Greggio e molti altri. Ma poi, come mi spiegava Salvatores, Milano è particolare perché ha centomila inquadrature diverse e se non sei milanese e non conosci bene la città non la riconosci e questo è un grande vantaggio.  

Sara Citterio

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