I primi distinguo della Commissione dei 35. Consulenti e saggi purché di parte

NADIA-URBINATI-770x43323-F è la sigla con la quale, per brevità, si identifica il tentativo di colpo di stato avvenuto in Spagna il 23 febbraio del 1981. Quel giorno il colonnello Antonio Tejero Molina sequestrò armi in pugno per alcune ore il Congresso dei deputati. I golpisti, prevalentemente provenienti dalle gerarchie militari, ritenevano che il processo democratico intrapreso dalla Spagna in quel periodo fosse inaccettabile. Fortunatamente la democrazia s’impose e a oltre trent’anni di distanza di quel sinceramente goffo, ma non meno drammatico, atto di violenza teso a imporre con la forza la supremazia di talune aree “politiche” sulle altre, rimangono solo poche immagini, alcuni libri e le riflessioni che il tempo e le circostanze hanno reso più compiute.

Non occorre certo arrivare, mai, all’uso delle armi o alla violenza, possibilmente neppure verbale, né all’intimidazione, fisica o psicologica che sia, per cercare di affermare un principio o un diritto (anche se solo preteso tale). I continui richiami ad “abbassare i toni” dovrebbero servire proprio a contenere le esasperazioni della competizione politica, elettorale e/o pre-elettorale, e ad evitare di trascendere in scontri, non di rado, anche nelle aule parlamentari, persino fisici.

Quanto sta accadendo in questi giorni a margine della decisione della Corte di Cassazione di fissare l’udienza di trattazione del caso Mediaset al prossimo trenta luglio ha assunto toni e suscitato comportamenti inquietanti.

Nessuno dotato di semplice buonsenso crede che un giudizio contrario e quindi di condanna nei confronti di Silvio Berlusconi, non ostante le sue stesse ripetute affermazioni e rassicurazioni, non avrà conseguenze negative sulla vita di questo governo e, molto probabilmente sulla legislatura stessa, eppure la strenua difesa di questa fictio alla quale credono sempre in meno, genera all’interno degli stessi schieramenti di maggioranza, scontri degni di guerre “incivili”.

Tra i danni collaterali generatisi, la pacifica enclave dei 35 “cattedratici” della Commissione scelti per lo studio delle riforme costituzionali da proporre al Parlamento, sembra essere anch’essa sull’orlo o ben oltre,  di una crisi di nervi.

Dimessasi la professoressa Carlassare, ora anche la professoressa Urbinati (nella foto) sembra sulla strada di seguirne l’esempio, non perché ritenga anch’essa inaccettabile l’intimidazione verso la Cassazione e le istituzioni manifestatasi attraverso richieste di sospensione dei lavori parlamentari, o le minacce di dimissioni di massa di parlamentari e membri del Governo o il ricorso alla piazza, bensì perché sarebbe per lei inaccettabile che il PD salvasse Berlusconi.

Contesta la scelta “contestatrice” delle colleghe l’anch’esso saggio professor D’Onofrio che lamenta che le motivazioni delle doglianze delle colleghe sagge non sono personali (“mal di testa o influenza”), bensì di ordine costituzionale. Di ciò chiederà si parli domani nel settimanale incontro tra saggi, pronto a dimettersi anche lui, ma solo se il Governo, che li ha nominati come meri consulenti, si comportasse in maniera incostituzionale.

Interviene infine, per ora, il due volte saggio professor Onida, già membro del gruppo dei dieci saggi di Napolitano (qualcuno ricorda cos’è stato delle conclusioni delle loro relazioni?) per definire “mostruose”, nel senso di anomale, sia la sospensione dei lavori parlamentari richiesta ed ottenuta a maggioranza per discutere di un processo penale per fatti non politici di un leader politico, sia la valenza politica che si vorrebbe attribuire, qualunque esse fossero, le decisioni processuali.

Solo alcuni giorni or sono, le riunioni tra saggi erano definite dagli stessi  un luogo in cui ci si ascoltava molto.

Dalle pagine del Corriere della Sera si chiedeva oggi Aldo Grasso se abbiamo veramente bisogno di saggi o piuttosto non sarebbero più utili dei pazzi visionari. Viene più semplicemente da credere, senza neppure entrare del merito del lavoro della Commissione, che gli equilibrismi delle scelte per individuare i saggi, così come quelli per comporre a tutti i costi l’attuale Governo, mostrino sempre più l’intrinseca fragilità di fondo che si temeva e i diciotto mesi di tempo per realizzare le riforme appaiono un tempo infinito.

Nel frattempo come diceva anche il “povero” colonnello golpista di F-23: “Quieto todo el mundo”. State calmi, se potete.

di Marco Bartolomei

foto: Giornalettismo

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