Hieronymus Bosch: Il Trionfo del Peccato

Hieronymus Bosch

Possiamo oggi considerare Hieronymus Bosch (1450/1453 circa – 1516), non solo uno dei più grandi maestri della pittura fiamminga, ma addirittura uno dei più grandi artisti del panorama artistico di sempre.

Bosch è passato alla storia come il pittore dei sogni e degl’incubi, come l’artista delle visioni oniriche, del demoniaco e del grottesco moralistico, il cui linguaggio popolare e allo stesso tempo erudito è stato assimilato e interpretato superando qualsiasi barriera culturale e di linguaggio.

Nei suoi dipinti la fantasia del bizzarro e del mostruoso non ha freni e le regole della natura vengono completamente riscritte da un tumulto di innovazioni iconografiche che, nel corso del tempo, hanno ispirato artisti e imitatori.

Cenni biografici

Hieronymus Bosch è lo pseudonimo di Jeroen Anthoniszoon van Aken, famiglia di origine tedesca il cui cognome significa “di Aquisgrana”.

Egli nacque e lavorò tutta la vita a ‘s-Hertogenbosch (Bois-le-Duc o Bosco Ducale), la città che scelse per adottare il suo soprannome.

Questa cittadina delle Fiandre, oltre ad essere stata un importante centro di commercio, fu anche sede di svariate comunità religiose, conventi e monasteri. Ricchezza, benessere e corruzione agevolarono il diffondersi di eresie libertine, di correnti gnostiche e occulte.

La compresenza di tanti stimoli religiosi e un’accesa concorrenza economica, hanno sicuramente giocato un ruolo fondamentale per la vita artistica di ‘s-Hertogenbosch.

Bosch non lasciò né lettere né diari e le sue opere non sono datate. Di tutti i suoi dipinti ritenuti autografi, da quelli presenti in collezioni pubbliche a private, dai musei europei a quelli statunitensi, ad oggi non possiamo ancora essere del tutto sicuri riguardo i luoghi precisi della loro realizzazione né tanto meno riguardo le loro datazioni. Le date sono estremamente controverse e divergenti, tanto che ancora oggi ci possiamo basare solo attraverso lo stile pittorico per ricostruirne una cronologia appropriata.

Il nome Hieronymus Bosch appare per la prima volta nel 1486 nei registri della Confraternita della Nostra Signora. Questa ricca organizzazione religiosa giocò un ruolo determinante all’interno della vita culturale e religiosa della città di s’-Hertogenbosch: si prodigava infatti nella commissione di feste solenni, opere musicali e artistiche, in balli religiosi con coreografie fantasiose e bizzarre. Molti dei membri della famiglia van Aken appartenevano alla Confraternita e vi svolgevano incarichi di vario tipo.

Se conosciamo poco riguardo la vita di Bosch, sappiamo ancora meno riguardo la sua formazione artistica. Insieme ai suoi fratelli, iniziò l’apprendistato nella bottega di famiglia, dove venne indirizzato alla pittura dal padre e dai suoi zii. È probabile che il giovane Jeroen scelse il soprannome di Bosch per differenziarsi dai van Aken e per potersi quindi distinguere da tutto un ramo familiare di pittori che partiva dal nonno.

Non sappiamo se il giovane Bosch fece dei viaggi di istruzione durante il suo apprendistato. Esisteva sia una scuola pittorica piuttosto importante ad Haarlem, sia un importante centro di miniatura con sede episcopale ad Utrecht, mentre i grandi pittori fiamminghi da Jan Van Eyck a Robert Campin erano già morti da almeno trent’anni.

Se da una parte si vuole vedere nella tradizione dei manoscritti miniati, specie di scuola tedesca, gran parte dell’ispirazione di Bosch, la verità è che la sua arte non può essere assegnata a nessuna specifica scuola pittorica.

Non ci sono riscontri pittorici anteriori nel suo stile, nella sua tecnica, nel suo realismo applicato ai tratti piscologici dei suoi personaggi e volto alla rappresentazione di oggetti e mostruosità bizzarre.

La sua personale costruzione iconografica è del tutto unica: mescola forme, oggetti, uomini e mostri attraverso deformazioni anatomiche del tutto uniche, maligne ma allo stesso tempo divertenti e caricaturali.

Il Giudizio Universale di Vienna

Hieronymus Bosch

Il trittico del Giudizio Universale di Vienna, insieme al Trittico delle Delizie di Madrid, è una delle più celebri opere di Bosch.

Siamo nel 1504 e a quel tempo la fama di Bosch presso le corti europee era all’apice, tanto che il pittore fiammingo ricette questa commissione dallo stesso Filippo I d’Asburgo, detto il Bello, duca di Borgogna e re di Castiglia.

Quest’opera rappresenta l’atto finale, la fine del tempo e dell’esistenza dell’umanità sulla terra dove i morti verranno giudicati per trovare il loro posto per il resto dell’eternità.

Peccato, follia e paura apocalittica sono i grandi protagonisti questa opera maestosa, considerata da molti come una delle opere più geniali di Bosch.

Il trittico è composto da tre pannelli: nei due pannelli laterali esterni vi sono raffigurati San Giacomo maggiore e San Bavone, entrambi realizzati in tetro grigio asettico.

Giacomo è detto “maggiore” per essere distinto dal fratello, detto appunto “minore”.

Secondo la leggenda, Giacomo viaggiò per la Spagna per diffondere il Vangelo ma con scarsi risultati. Venne infatti giustiziato e in seguito i suoi discepoli ne trafugarono il cadavere affidandolo a un vascello che arrivò in Galizia. Qui venne sepolto e dopo secoli sulla sua tomba, all’inizio del IX secolo, venne eretta una chiesa che rese Santiago di Campostela uno dei più importanti santuari e luoghi di pellegrinaggio della cristianità dopo Roma e Gerusalemme.

Nel pannello, Giacomo è rappresentato con il tipico bastone del viandante, il cappello del pellegrino, una borsa con i viveri, una con i libri e un pugnale legati alla cintura.

Sullo sfondo sono rappresentati i pericoli che corre il viandante: ad esempio un brigante sta uccidendo un pellegrino disteso a terra. Si allude al pellegrinaggio della vita, dove l’uomo rischia costantemente di perdere i suoi beni, la salute e la vita stessa.

Sull’anta destra troviamo San Bavone, un nobile che decise di rinunciare ai piaceri della vita donando tutti i suoi averi. Rispetto a San Giacomo, qui il santo è rappresentato in modo fiero e nobiliare: è vestito di tunica e regge un falcone. Il santo è circondato da poveri e mendicanti, ma i loro volti arcigni stanno a rappresentare i falsi mendicanti spesso descritti nella letteratura medievale.

San Bavone è rappresentato con le fattezze di Filippo il Bello: per Filippo, il santo incarnava un nobile magnanimo, retto e giusto nel quale si voleva identificare.

Giacomo e Bavone si connettono quindi al concetto del Giudizio Universale: misericordia, buone azioni e rinuncia al peccato in virtù dell’atto finale di fronte al Signore.

Il Pannello sinistro

Hieronymus Bosch

Il primo dei tre pannelli interni invece, incomincia con le storie dei primi capitoli della Genesi e la cacciata degli angeli ribelli. È l’origine del male.

In primo piano possiamo vedere la creazione di Eva, seguita in secondo piano dalla tentazione da parte del serpente (qui rappresentato in forma antropomorfa) e la seguente cacciata dall’Eden da parte dell’Arcangelo Michele.

La caduta in disgrazia di Adamo ed Eva è qui parallela all’espulsione degli angeli ribelli dal Paradiso: l’Empireo osserva le armate celesti cacciare i ribelli, trasformati in strani mostri simili a insetti e rigettati sulla terra. La trasformazione degli angeli ribelli in mostruosità è la metafora della comparsa del male nel mondo: il buono diventa il male. Il dado è tratto.

Il significato escatologico del pannello sinistro del trittico è quindi ben chiaro: l’entrata del peccato nel mondo.

Il Pannello centrale

Nel pannello centrale entriamo nell’oscuro Giudizio Universale, rappresentato secondo il Vangelo di Matteo: un incubo panoramico domina tutta la scena, mentre in alto Cristo Giudice è seduto in trono accompagnato da Maria, Giovanni Battista e gli apostoli.

Cenere, fiamme e morte creano uno scenario incandescente, dove il paradiso non esiste. Bosch ci mostra le mura di Gerusalemme in fiamme e la Valle di Giosafat che, secondo il Libro di Gioele del Vecchio Testamento, fu per tradizione scelta come luogo del Giudizio Finale.

In primo piano i rei subiscono una varietà di tormenti fisici: i corpi nudi sono brutalmente mutilati, rosicchiati da serpenti e strane creature, arsi e carbonizzati in fornaci ardenti e seviziati in oscene macchine di tortura.

Nella parte sinistra del pannello centrale possiamo vedere un uomo cucinato lentamente in padella da un demone femminile. Ai suoi piedi ha già preparato due uova per accompagnare il pasto umano…

All’interno dell’edificio sulla sinistra, gli avari sono bolliti in un grande calderone mentre altri attendono la tortura appesi per la testa come salami.

Un grasso goloso è forzato a bere da un demone rosso, ma la fonte inesauribile del liquido è l’urina data dal deretano da una persona accovacciata nella finestra adiacente intenta a riempire continuamente il barile.

La lussuria è rappresentata dalla donna in cima al tetto con un serpente attorcigliato intorno al sesso.

Gli iracondi si trovano sulla scogliera a destra dall’altra parte del fiume: dei demoni maniscalchi gli stanno mettendo i ferri ai piedi come a dei cavalli.

Rane, vipere, draghi, donnole e pesci infernali rosicchiano, lacerano e divorano i corpi dei dannati. Assurde figure antropomorfe girano per le lande infernali rendendo ancor più bizzarro questa fauna orrorifica: una strana creatura uovo munita di gambe è conficcata da una freccia; una creatura con una cesta rivoltata avanza impugnando una scimitarra; una testa/elmo con gambe cavalca un pesce topo umanoide…

Il Pannello destro

Nell’anta destra i tormenti continuano senza sosta: in basso a sinistra una donna è costretta a cantare chissà quale malefica melodia, mentre di fronte a lei un uomo bendato viene condannato e trafitto.

Il grande muro in primo piano segna il confine dell’inferno, custodito da una nera figura con turbante verde davanti al portone delle mura.

Al di sopra di queste vi è un tendone, al cui interno vi sono ammassati una miriade di dannati.

A destra del baldacchino vi è un gigante verde intento a sputare fuoco e dietro di lui una gigantessa piena di pustole e piaghe che evidentemente allude alle varie malattie. Sopra di lei una strana creatura è intrappolata dentro un contenitore di ferro con una freccia conficcata nell’ano.

Sulla sinistra un quarto gigante è intento a divorare i dannati ammassati nel suo stomaco. L’atto di divorare, defecare e vomitare è tipico delle rappresentazioni infernali, volti a sottolineare l’impurità e la blasfemia del peccato.

Anche qui il paesaggio infernale è dominato da fiamme e gas sulfurei che divampano tra le colline e varie costruzioni.

Bosch per rappresentare i suoi diavoli usa di solito il verde, il blu e il rosso. Il verde sta a rappresentare l’inaffidabilità, il blu l’inganno e il rosso il peccato. Nero e marrone sono i protagonisti dei paesaggi infernali.

In questo dipinto tutto è spietato e i dannati sono totalmente alla mercè dei loro aguzzini: cacciati come bestie, pescati come pesci, macellati come bestiame, messi in salamoia, appesi, arrostiti e bruciati.

Questo dipinto doveva decorare la sala del tribunale di Filippo il Bello, mostrando quindi sia i suoi doveri di principe cristiano, ma servendo anche monito per la futura vita eterna.

Droghe allucinogene

Molto discussa è la teoria per la quale Bosch fece uso di sostanze stupefacenti per realizzare le sue fantasiose mostruosità.

L’ipotesi è stata avanza da Robert L. Delevoy, basandosi su degli studi compiuti da Will-Erich Peuckert nel 1959. Stando alle sue ricerche, al tempo di Bosch esisteva un unguento allucinogeno chiamato “pomata delle streghe” che lo studioso riuscì a riprodurre tramite una formula del XVI secolo.

In seguito, riuscì a sperimentarla su alcuni volontari i quali, dopo svariate ore di sonno, raccontarono le loro visioni basate su “viaggi nell’aria, scene orgiastiche con creature sataniche e ambienti infernali”.

Dare per certa questa teoria sminuirebbe il valore della sua opera? O lo renderebbe una sorta di precursore di molti artisti moderni che hanno usufruito di droghe pesanti per ampliare la loro ispirazione e immaginazione?

Quel che è certo, è che Bosch fu un artista stimato dai suoi contemporanei, le cui opere erano esposte dalle grandi cattedrali alle piccole chiese. Siano le sue opere tinte di una devota ortodossia o di un occulto demoniaco, riuscì a creare un’arte del tutto nuova ed unica.

Immagini di Pubblico dominio, fonte: wikipedia.org

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