Gli ultimi ruggiti di Draghi: le attese per la riunione della BCE

Ricorrono i 50 anni dalla discesa del primo uomo sulla luna e AstroLuca è di nuovo nello spazio. Il count down è quanto mai di moda.

Siamo quindi in attesa del meeting ECB di oggi nel quale potrebbero essere annunciate importanti novità di politica monetaria.  Draghi, che lascerà il suo posto a Christine Lagarde il prossimo 31 ottobre (lo stesso giorno in cui il neo Primo Ministro inglese promette la “Brexit”), potrebbe già aprire la strada ad un taglio dei tassi con il mercato che già prezza anche un ulteriore allentamento quantitativo.

Da Sintra ad oggi (quando lo spread Btp/Bund ha stretto di oltre 50bps), il mercato si è concentrato quasi esclusivamente sugli elementi tecnici trascurando invece quelli che potrebbero poi effettivamente essere gli effetti sull’economia reale. 

Nel suo discorso alla conferenza della Bce di giugno a Sintra, Mario Draghi, suscitando non celate reazioni negative da parte di Trump, aveva già promesso nuovi stimoli economici, come un ulteriore taglio dei tassi di interesse o ulteriori acquisti di titoli, se l’economia non sifosse ripresa e le aspettative di inflazione non fossero aumentate. Alla luce della debolezza economica dell’Eurozona queste misure appaiono sempre più prossime.

Vari sono i fattori che, nel periodo, incidono ormai strutturalmente su questa debole crescita economica. Le principali cause sono note: il conflitto commerciale tra Stati Uniti e Cina che, pur con alti e bassi, sta ancora causando una notevole incertezza, la mancanza di chiarezza sulla Brexit rispetto alla quale l’irruzione sulla scena di Boris Johnson e le sue dichiarazioni di inizio mandato (“Brexit entro il 31 ottobre costi quel che costi”), non contribuiscono a creare un clima disteso, l’estrema contrapposizione in EU tra sovranisti e non e tra gli stessi sovranisti tra di loro, le tensioni sui principali scenari produttivi di fonti energetiche. 

Le prospettive di crescita futura restano così contenute, poiché i problemi alla radice di questi fattori perturbativi sono tuttora aperti. Le aspettative di inflazione, così importanti per la Bce, restano vicine ai minimi storici, anche se recentemente sono leggermente aumentate.

In Italia l’inflazione è risultata pari a 0,7% a/a sull’indice nazionale e a 0,8% a/a sull’indice armonizzato a giugno, in calo di un decimo rispetto al mese precedente. Nello scorso mese i prezzi sono saliti di un decimo per entrambi gli indici. Sull’indice nazionale, come atteso, il maggior contributo al rialzo congiunturale dei prezzi viene dai trasporti (+0,8% m/m). I rincari appaiono invece di natura stagionale in quanto dovuti soprattutto ai servizi di trasporto (+2,1% m/m), nonostante il calo dei carburanti (gasolio -1,2%, benzina -1% m/m). Di natura stagionale anche gli aumenti dei prezzi dei servizi ricettivi e di ristorazione (+0,3% m/m) e del segmento “ricreazione, spettacoli e cultura” (+0,1% m/m). Al contrario, sono calati ulteriormente in misura significativa i prezzi delle comunicazioni (-1,6% m/m, -9,4% a/a). In diminuzione anche gli alimentari. Il ”carrello della spesa” ha visto pertanto  un calo su base congiunturale per via della flessione degli alimentari. Le aspettative rispetto all’inflazione sono verso il basso, anche per via della persistente debolezza del ciclo economico; in tal senso, l’inflazione italiana dovrebbe rimanere inferiore alla media dell’Eurozona. Inoltre, non ci sono segnali di significativa risalita dell’inflazione di fondo, visto che il persistente eccesso di offerta nell’economia non genera tensioni al rialzo sul costo del lavoro delle imprese.

La tendenza per l’inflazione dovrebbe essere al ribasso ancora per qualche mese, prima di una risalita nei mesi finali dell’anno 

Riduzione del tasso di interesse di riferimento con ulteriori misure di sostegno monetario e riattivazione del programma di acquisto di obbligazioni (Qe), più probabile nella seconda parte dell’anno, sono le misure sulla “rampa di lancio”. Entrambe si danno per fatte, ma, come detto, è probabile che il taglio dei tassi potrebbe essere la prima a decollare anche perché i dati in arrivo nei prossimi mesi potrebbero rendere meno appealing una nuova tornata di QE le cui dimensioni e durata sono fortemente incerte e probabilmente al di sotto delle aspettative.

Il sentiment nei confronti del nostro paese è ben rappresentato dalle dichiarazioni di esperti di Fidelity International: “Preferiamo rimanere cauti nell’invertire la nostra posizione nei confronti dell’Italia esclusivamente sulla base delle aspettative di Qe. Il principale barometro del patrimonio italiano rimane, a nostro avviso, l’atteggiamento del governo nei confronti delle finanze pubbliche, con le trattative sul bilancio che si profilano in autunno”.

Se le autorità italiane mantenessero la volontà di giungere a compromessi con la Commissione Europea, puntando a un disavanzo significativamente inferiore al 3%, ad esempio attraverso l’aumento dell’Iva e la graduale introduzione di tagli fiscali, allora vi sarebbe spazio per una stabile riduzione del debito per interessi. D’altra parte, un governo italiano più rilassato dal punto di vista fiscale che si oppone ai suoi partner europei durante i negoziati non sarà accolto favorevolmente dai mercati, anche in caso di un nuovo round di Qe 

Per gli analisti l’indebolimento del quadro fiscale dell’Italia viene attualmente sottovalutato. Le discussioni sull’imminente bilancio 2020 potrebbero reindirizzare l’attenzione degli investitori sul deterioramento dei fondamentali italiani, rimettendo in difficoltà il BTP.

La buona notizia sulla finanza pubblica non è tanto che la Commissione non abbia proposto l’apertura di una procedura di infrazione, ma che il deficit 2019 sia stato riportato al 2% e che ciò sia avvenuto in parte a causa di fattori strutturali. Il crollo dei differenziali di tasso, anche se non è tutto dovuto all’annuncio della Commissione, dimostra che la prudenza sui conti può produrre benefici aggiuntivi sul fronte della spesa per interessi. Una lezione che, si spera, sarà applicata nella definizione della manovra 2020, che rimane un grosso scoglio da superare. 

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