E’ morto Gianni Borgna, politico e intellettuale, 67 anni, conosciuto ai più come assessore alla Cultura a Roma con le giunte Rutelli e Veltroni.
Lo ricordiamo anche come un giovane intellettuale, che iniziava a farsi conoscere a ai tempi di quella grande esperienza culturale, ma anche sociale, che fu ”Estate Romana” sotto l’Assessore Nicolini negli anni settanta.
Esperienza quella dell’”estate romana”, soprattutto nelle sue prime edizioni, che dopo gli anni dolorosi del terrorismo, ruppe quel muro che divideva la cultura e la società “non intellettuale”.
Una brutta notizia che ha colto il mondo politico e culturale romano di sorpresa, perché pochissimi sapevano della malattia che lo aveva colpito due anni fa. Borgna aveva studiato al Mamiani, e poi si era laureato in Filosofia. Conoscitore raffinato della cultura “pop” (sua una approfondita Storia della canzone italiana che risale a metà degli anni Ottanta).
Ha insegnato Storia e critica dei film alla Sapienza, a Tor Vergata è stato docente di sociologia della musica. Nel 2006 fu nominato presidente della Fondazione Musica per Roma, che gestisce l’Auditorium.
Una figura mite ma di grande spessore culturale, un studioso dell’arte, del cimena e della musica. Forse non un intellettuale nel senso ampio del termine, ma un uomo conoscitore approfondito dei temi della cultura ma attento all’evoluzione dei costumi e dei problemi sociali. Vedeva la cultura in modo “socialista” nel senso di comprendere come questa non fosse un conoscere di pochi, ma dovesse guardare alla contemporaneità, al mondo circostante, non accettando l’omologazione ideologica, ma guardando con attenzione anche a quella proveniente da altri concetti filosofici ed ideologici.
Come assessore alla Cultura del Comune di Roma, diede spazio anche agli avversari politici ricevendo critiche dure e ingiuste dal suo partito.
Borgna era talmente libero da essere apprezzato dagli avversari politici quasi più di quanto non lo fosse nel suo mondo di provenienza. “È stato il miglior assessore alla Cultura che Roma abbia avuto nel dopoguerra”, dicono tutti anche i suoi avversari politici.
La sua politica culturale resta un modello, centrata su curiosità, approfondimento, consapevolezza del contesto post-ideologico cui sono approdate tutte le famiglie politiche del Novecento.
Borgna amava gli irregolari, e non disdegnava le “contaminazioni”, aveva il coraggio di andare a guardare oltre la linea ideologica per presentare “la cultura” nel suo senso pieno come espressione della società.
Una cultura non chiusa negli studi polverosi, o nelle mostre asettiche, ma immersa nelle cose del mondo, nei problemi della società e della politica.
E’ stato un grande estimatore di Pasolini, anche e soprattutto quando il poeta e regista era diventato un intellettuale scomodo, all’establishment della sinistra con le sue prese di posizione contro “i figli rivoluzionari borghesi che si scontravano contro i proletari poliziotti”
La sua “Storia della canzone italiana” rimane un libro fondamentale, forse l’unico nel suo genere, divulgativo ma nello stesso tempo profondo e accurato, che riesce a raccontare in un lungo viaggio socio culturale, come la musica Pop trovi la sua linfa non solo nel cambiamento degli accordi o dei personaggi, ma proprio nel cambiamento della società, dei suoi interessi, dei problemi e delle speranze di crescita sia delle giovani generazioni, ma di ricordo e di sicurezza di quelle più grandi.
di Gianfranco Marullo
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