Giacomo Balla, il caposcuola dei futuristi e la sua casa-museo

giacomo balla

Giacomo Balla. È stato uno dei più grandi artisti italiani del ventesimo secolo. Forse il maggior esponente della pittura futuristica. Cioè il più importante movimento culturale dell’Italia del novecento. Purtroppo, come i suoi colleghi futuristi, dovette scontare l’entusiastica accoglienza accordatagli dal fascismo e dal nazionalismo di Gabriele D’Annunzio. Così, nella seconda parte del secolo, Balla fu messo da parte e praticamente dimenticato.

Fortunatamente, Giacomo Balla sta ora vivendo una clamorosa rivalutazione. L’occasione di tale “recupero” del suo grande talento artistico è dovuta all’apertura al pubblico della sua casa romana di Via Oslavia. Qui Balla visse tra il 1929 e la morte avvenuta nel 1958. Poi, le sue figlie Luce ed Elica, rimaste nubili, fecero in modo che gli ambienti rimasero intatti. Sinché la direzione del MAXXI l’ha assorbita come ala separata del museo. Sono ammessi però solo dieci visitatori alla volta. Per trovare una data utile per visitarla, infatti, il cronista ha dovuto prenotare con sei mesi di anticipo.

Giacomo Balla, dal divisionismo al futurismo

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Balla nacque a Torino il 18 luglio 1871. Rimasto orfano di padre a soli nove anni, grazie ai sacrifici della madre poté studiare e poi dedicarsi alla pittura e al disegno. A 24 anni si trasferì a Roma con la genitrice. Fu però a Parigi, in occasione dell’Expo Universale del 1900 che capì quanto “provinciale” fosse ancora la cultura italiana. Si accostò allora al “divisionismo” di Segantini e Pelizza da Volpedo.

La sua pittura dell’epoca tuttavia, a parere di chi scrive, non è immune dall’influenza giapponese, tanto cara a Van Gogh e ad altri pittori postimpressionisti. Siamo parlando di un numero cospicuo di opere che più delle altre sono finite nel dimenticatoio e andrebbero riconsiderate. Quando aderì al futurismo, infatti, Balla le mise tutte all’asta a prezzi stracciati e ora sono praticamente introvabili.

Giacomo Balla fu uno dei fondatori del movimento futurista, in particolare per quanto riguarda la pittura. La sua firma, insieme a quella di Boccioni, Carrà, Severini e Russolo è posta infatti in calce al “Manifesto dei pittori futuristi” del 1910. Nel frattempo Balla si era sposato e aveva avuto le due figlie Lucia (poi “ribattezzata” Luce) ed Elica. La luce e la velocità furono infatti i due aspetti della sua successiva pittura futurista.

Giacomo Balla chiamò le figlie in onore alla luce e al movimento

Nel periodo “luminoso” (sino al 1914), l’uso della luce è spettacolare, provenendo da fonti diverse e con differenti graduazioni. Gli oggetti e le scene raffigurate si contrappongono con estremo dinamismo. Successivamente – come tutti i futuristi – Balla è avvinto dal concetto della velocità, simbolo di progresso e di tensione verso il futuro. I personaggi delle sue opere sono ora rappresentati come una sovrapposizione di fotogrammi cinematografici. Lo scopo è quello di riprodurre sulla tela il loro movimento.

Dalla sintesi tra il concetto della luce e quello del movimento nasce il “progetto totale” di Balla. Progressivamente, la sua arte non è più soltanto pittura o scultura. Ma un caleidoscopio nel quale confluiscono falegnameria, sartoria, oggettistica e concettualità cinematografica. Di tutto ciò rimane l’arredamento e le raffigurazioni parietali della casa museo di Via Oslavia.

La casa museo e il suo incredibile arredamento

Le stanze sono arredate con sorprendenti lampadari e seggiole asimmetriche. Le pareti sono decorate con le raffigurazioni colorate dei quadri dell’artista. Componendo perciò un’opera d’arte esse stesse. Soprattutto, prevale la falegnameria che ricopre tutta la casa come un grande arazzo ligneo colorato. In particolare, è stupefacente il corridoio, coperto da pannelli che misurano 70 cm o multipli di 70. In alto sono appesi una serie di tele colorate, della stessa dimensione. Sono volutamente appese in modo da essere mosse dal vento, qualora si aprano le finestre.

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La casa si compone anche di un soggiorno doppio, che Balla aveva adibito a suo atelier. Esiste ancora una stupefacente cucina arredata dallo stesso artista e uno “studiolo in rosso”. Una seconda stanza di lavoro, invece, è oggi dedicata alla conservazione dei disegni dell’artista in appositi contenitori metallici. Infine le stanze da letto delle figlie Luce ed Elica, anch’esse pittrici ed arredatrici. Le “signorine” ci hanno lasciato opere che sono un’elaborazione delle tematiche del padre ma ognuna secondo il proprio stile.

Luce ed Elica Balla ci hanno lasciato nell’arco di soli dodici mesi, tra il 1993 e il 1994. Prima di venir meno, hanno donato una quarantina di opere del padre alla Galleria Nazionale di Arte Moderna. Tale museo, insieme alla casa di Via Oslavia, è quindi il luogo dove poter ammirare studiare le opere di questo grande artista del novecento italiano.

Autore foto: Federico Bardanzellu (per gentile concessione della direzione del Museo)

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